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I SETTE VIZI CAPITALI (LA GOLA) PARTE UNO

-1 LIBRO 7 VIZI CAPITALI 112


Crozio era un uomo vecchio e malato, stanco della vita e di tutto ciò che si accompagna ad essa. Le ricche e opulente stanze della reggia non suscitavano più nel suo animo la consueta sensazione di potere e i pensieri che anni prima erano nitidi e ben delineati nella sua mente ora apparivano ogni giorno più sfocati, come se l'età, come spesso avviene, avesse quasi cancellato le sue capacità cognitive, simile ad un tarlo che dopo aver rotto lo strato più duro del legno incomincia ad assaggiare la dolce polpa di resina, per consumarla lentamente, fino a lasciarla in forma di polvere senza vita. Seduto sul suo trono d'ebano, attendeva fin dalle prime ore del giorno l'arrivo, a mezzodì, e i suoi consiglieri fidati, che erano tenuti ad informarlo, giornata per giornata, delle notizie che circolavano nel suo piccolo regno. Crozio, però, non era un uomo solo. Lo circondava una famiglia, unità q lui nell'amore e nel rispetto profondo di una persona sempre ligia al suo dovere di sovrani, mai avventata o irosa, sempre guidata dalla ragione e dallo spirito pratico. Mentre il Re guardava fuori dalle grande vetrate della sala del Trini, si spalancò il possente portone principale e varcarono la soglia della stanza due uomini distinti, vestiti di stoffe pregiate, accompagnati dalle guardie del Re, ondeggianti nelle loro armature. Questi giunsero fino ai tre gradini che separavano l'ampio salone del Re e si inginocchiarono contro voglia di fronte a quella che consideravano l'ombra del grande uomo di tanti anni addietro. Non appena si rialzarono il Re disse : " Notizie confortanti oggi, spero, Alastor." L'uomo alla sua destra rispose guardando i piedi del re : "Non esattamente Maestà." "Perché dici ciò, avanti, parla prima che io mi adiri." "Signore, le scorte di cibo del regno si stanno esaurendo e sono stati avvistati dei drappelli di soldati che portavano una bandiera rossa davanti la loro schiera." "Ancora gli uomini di Fodio, vero ?" "Si Maestà. Prima di diffondere la notizia ho voluto attendere le sue saggie disposizioni." Dopo aver pronunciato queste parole guardò il collega alla sua destra e si scambiarono uno sguardo pieno di derisione e malizia. Il Re, troppo preoccupato e anziani per accorgersi di questi dettagli, rispose dopo aver valutato la situazione " Dichiarerò lo stato di guerra, ogni soldato venga allertato e si presenti al mio cospetto entro due tramonti, pena l'esilio perpetuo"
"Sarà fatto signore, mentre tornerò alla mia dimora allerterò il Ministro di corte, così che venga scritta è pronunciata la volontà reale." disse prontamente Alastor. Il Re volse poi lo sguardo verso il più giovane dei due, Mener "notizie invece di mia figlia Nessa? Fra quanto potrò rivedere la mia bambina ?" Mener rispose" Signore, la principessa è partita ieri dalla vostra residenza in collina, entro due giorni sarà al vostro cospetto. Maestà, mi dispiace ricordarvelo, ma sua figlia ha ormai 17 anni, non è forse giunta l'ora di trovare un compagno che possa garantire a lei e al regno ciò che necessitano?" aggiunse poi con una voce piuttosto piccata. Il sovrano posò la testa sulla mano poggiata sul bracciolo e disse prima di congedare entrambi : "Queste valutazioni spettano esclusivamente al sovrano, lascerò decidere a Nessa il compagno per la sua vita, come mio padre fece scegliere a me. E ora andate e lasciatemi solo." "Alastor,ti ordino di rendermi conto di qualunque notizia giunga alle tue orecchie" aggiunse quando si trovavano già a metà della sala. "Sarò felice di ubbidirle Signore" replicò l'ambasciatore, prima di voltarsi nuovamente e di maledire il Re, che mai lo aveva stimato e valorizzato particolarmente.
Quando fu di nuovo solo, Crozio poté di nuovo guardare fuori dalle vetrate e vide la sua città profondamente cambiata dall'ultima volta che si era soffermato a guardarla. Le strade erano diventate le accoglienti dimore di centinaia di topi e la carestia aveva ridotto in povertà grande parte delle famiglie, che però non si ribellarono contro il Re nè organizzarono manifestazioni di dissenso, poiché avendo un' enorme stima del loro Sovrano, ritenevano che egli, come era in verità, non fosse il responsabile della fame che urlava nei vicoli della Capitale. Il Re, che non usciva dalla reggia da anni ormai, prese un sacchetto di monete d'oro e dopo aver salutato la sua regina dandole un bacio sull'anello nuziale si incamminò scortato da due soli soldati per la lunga discesa che separava il palazzo dall'agglomerato di case e negozi. Non appena una contadina scorse il Re, una moltitudine di persone riempì le strade come un fiume in piena e il nome di Crozio risuonava per chilometri e chilometri, fino ai fitti boschi sulle montagne. Non appena si ripristinò il silenzio, il Re dette l'ordine di attendere a proclamare lo stato di guerra ad un soldato affianco a sè ed invitato ad entrare in una locanda, fece venire con sé altri 50 uomini scelti casualmente dalla sua guardia, per offrire loro un lauto pasto ed un'abbondante bevuta. "Cosa posso portarle Maestà? Per me è un onore averla qui nella mia umile locanda" disse il proprietario nel suo grembiule unto pulendosi le mani con uno straccio consumato. Crozio rispose "Portaci le carni migliori che hai e in abbondanza, e non preoccuparti perché é il tuo Re ad offrire il pranzo a questi brav'uomini. E portaci anche 10 botti del vino migliore che hai, perché è il tuo Re che te lo chiede." L'oste rispose "Con piacere, Maestà. Ogni suo desiderio è un ordine." Sulla tavola venne servita la carne più tenera e succosa del Regno, sì buona che anche il Re non ne aveva mai consumata una migliore. Dopo che l'ultimo osso fu ripulito e che le botti vuote furono accatastate per formare un'alta piramide, Crozio disse all'oste "Ecco, questo è il tuo compenso" e posò sul tavolo il sacchetto di monete. Aggiunse poi "Sarebbe per me cosa gradita se tu, oste, rimpiazzassi il mio cuoco. Farai contento il tuo Re?" disse con sguardo fermo. "Ma certo Maestà, per me è il più grande onore che qualcuno potesse concedermi.Dalla giornata di oggi sarò suo umile servitore" rispose l'oste piangendo per l'emozione. Il Re allora dopo essersi congedato dalla folla e dai 50 uomini totalmente ubriachi che aveva invitato a pranzo, salì sulla una delle sue carrozze che aveva a disposizione in città e tornò al palazzo. Seduti nervosamente su delle sedie che circondavano un lungo tavolo di pietra i due tesorieri aspettavano preoccupati il ritorno del loro Signore. Quando udirono il rumore dei suoi passi nel corridoio antecedente alla sala, ricominciarono a pensare al modo migliore per dare la notizia al Re. Quando egli si sedette sul trono e fece loro segno di avvicinarsi, con ginocchia tremanti si mossero piano, temendo la reazione del sovrano, reso incontrollabile dall'alcool. "Signore, il popolo non ho nulla da mangiare, dovremo attingere risorse dai nostri magazzini, o centinaia di uomini moriranno di stenti." disse il più grande dei due.
"Grano, grano, grano, questi poveracci, parassiti, luridi cani scabbiosi non fanno altro che oziare nelle loro capanne di fango ed ora, da sporchi randagi quali sono, vengono davanti alla porta a mendicare non semplici torsoli, ma succosi frutti. Io un'ora fa ero tra di loro e tutti esaltavano il mio nome e le mie gesta e ben 50 uomini ho invitato nella locanda, pagando con i miei averi per la loro animalesca bramosia di cibo. Perché non si sono rivolti direttamente a me, il loro sovrano, invece di rimanere in silenzio e acclamarmi? Ciò mi fa pensare che potresti essere tu colui che mente di non la folla, che tu, sporco servitore indegno di questa casa, voglia approfittarti della mia vecchiaia e della mia ebbrezza per spillarmi ogni moneta che tu riesca ad arraffare con quelle mani intrise di melma. Prima di oggi mai ho avuto dubbi sul tuo operato e riguardo u tuoi consigli, ma ora sono costretto a farti rinchiudere nelle mie prigioni, e solo la stima che mi legava al tuo saggio padre, che fu l'unica goccia di nobiltà che tu abbia mai avuto, mi rende meno incline a farti processare per tradimento. Guardie, prendete questa feccia e sbattetela in galera." Poi volgendo lo sguardo al secondo tesoriere, con occhi di gioco chiese " Quali notizie porti invece, Mussicoro, al tuo Re ?" "Nessuna nuova, mio signore" disse, mentendo per preservare la vita di fronte a tanta rabbia. Prima di congedarsi dal Re, di inchinò e si prostrò ai suoi piedi, e solo dopo questo saluti, Crozio gli intimò di allontanarsi. Dopo pochi minuti il Re fu preso da una grande fame, cosa insolita per un uomo anziano come lui, e scese nelle cucine reali per parlare con il suo nuovo cuoco e ordinare la pietanza di cui aveva più voglia in quel momento,
del pesce arrosto. Scendendo i gradini che portavano alla grande cucina, sentì odore di cedro e quercia e un gradevole profumo di arrosto. Varcando la porta rimase piacevolmente colpito dal fatto che il cuoco aveva letto nei suoi pensieri, cucinando il suo desiderato pasto. Quando l'oste si accorse della presenza del sovrano, con modi e toni melliflui gli si paró davanti, reggendo un grande vassoio di argento, su cui era posta una gigantesca orata, abbrustolita e aromatizzata con ceppi di cedro e quercia bianca. "Mio signore, per il mio primo piatto nelle cucine reali mi sono fatto portare da un mio carissimo fornitore il pezzo migliore del suo pescato e quando questa regina del mare giunse qui nella cucina, ancora sbatteva la coda in cerca di acqua in cui tornare a nuotare. Mi auguro che lei apprezzerà i miei sforzi." "Mio caro cuoco, anche se ci incontrammo solo oggi, sento che tu mi conosci più dei miei cari e della mia dolce moglie. Questo piatto è il migliore che queste mura antiche abbiano visto da quando sono io il regnante e non appena i miei servi avranno apparecchiato il mio tavolo, potrò confermare con la bocca ciò che il mio odorato mi ha consigliato.""Mio signore, non si preoccupi dei servi e se così desidera vada pure alla sua mensa, poiché la troverà già imbandita come si conviene ad un sovrano così magnanimo e amante dei bei sapori."
Crozio, piacevolmente stupito dalla gentilezza e dalla grande educazione del cuoco, si recò verso la sua tavola, non prima di aver lasciato sulla scrivania del l'oste una manciata di monete d'oro. Prese dal piatto un pezzo di quel pesce ben cucinato e lo offrì alla moglie, che lo aveva aspettato dopo che egli aveva passato la mattinata in città. "Dove sei stato oggi, mio re ?" disse la regina con occhi affettuosi e la voce colma d'amore, che neanche la vecchiaia aveva potuto indebolire. Il re ignorò queste parole e per sé prese un grande pezzo di orata, che incomincio a divorare con spasmodico desiderio, con gli occhi spalancati sul ricco pasto. "Tesoro, perché non rispondi ? Sei forse preoccupato per la carestia che affligge il popolo ? Vedrai che troverai una soluzione su Mussicoro." disse lei, evitando volontariamente di menzionare l'altro tesoriere, che ora era imprigionato nelle segrete. "Donna, non sono certo tornato per ascoltare le tue dannate sciocchezze. Taci e lascia che io mangi senza disturbo. Da oggi in poi la tua presenza a tavola non sarà più reputata necessaria, ordino che venga apparecchiata la tua mensa nelle tue stanze e che nessuno mi importuni mentre mangio." "Ma Crozio, cosa ti ho fatto ?" "Sta zitta e vai via, Felina, prima che faccia rinchiudere anche te nelle segrete."
Senza alzare gli occhi dal piatto urlò poi ad un servo:" portami del vino e altro pesce, lurido plebeo, e porta qui il mio cuoco, perché voglio conferire con lui".
Il cuoco entrò nella stanza e dopo un ampio inchino stette alla destra del re. "Cuoco, per la prima volta da quando seggo su questo trono, voglio congratularmi con un mio servitore. La tua bravura mi stupisce e quasi mi lascia interdetto. Chi ti insegnò con tanta maestria la tua arte ?" "Mio re-disse inginocchiandosi- nessuno mi insegnò, poiché crebbi solo con i miei fratelli ed essendo il maggiore mi occupai di loro come padre e madre premurosi. Nella mia vita mai vi fu abbondanza, se non di dolore, e il calore del fuoco fu l'unica cosa che riscaldò il mio animo abbandonato. Mio signore di poche gioie godette il mio cuore fino ad oggi, finché voi apprezzaste il mio cibo, riempiendomi d'orgoglio il petto. Dedicherò la mia vita a servirvi e volevo umilmente chiedere le vostre preferenze per la cena. Segue un'alimentazione prevista dal dottore di corte ?" "Mio caro, per un uomo vecchio come me, la tavola più del talamo è il luogo del piacere. Di conseguenza non curatevi di particolari restrizioni senili e cucinate per me ciò che il vostro estro vi suggerisce. Fate che io debba ogni giorno complimentarmi con voi, esattamente come oggi." "Ogni suo desiderio è un ordine, mio Re" rispose."le auguro un buon pomeriggio. Io sarò in cucina per preparare il piatto migliore mai servito in tutte le provincie di tutti i regni." Crozio uscì dalla stanza e percorse con passo lo stretto corridoio, lasciando l'oste nella cucina, a cucinare per lui. Salì le scale che conducevano alla sua stanza più intima, la biblioteca privata reale, e scorse tra una pila di libri quello che desiderava leggere, un trattato sul buon governo scritto secoli prima da un famoso artista, passato alla storia come Casene, e riprese a leggere dove aveva smesso anni addietro, come testimoniava la polvere accumulata tra le pagine del testo.
Poco dopo l'aver iniziato a leggere sentì l'inesplicabile necessità di mangiare. Egli stesso cercò di arginare il suo desiderio, ben sapendo che alla sua età non era molto salutare mangiare così spesso, ma dopo il secondo crampo all'intestino, vinto dal dolore ed infondo non molto riluttante, scese veloce il piano di scale che lo separava dalla cucina e bussò forte alla porta. "Aprite! È il vostro Re!" Senza lasciar passare neanche due secondi urlò "Muovetevi, servi, altrimenti vi caccerò tutti!" In quell'istante una serva, la più giovane, aprì la porta e vide gli occhi del suo Re iniettati di sangue, rossi e gonfi. "Mio signore sieda qui, le chiamo il cuoco" non fece in tempo a voltarsi che già l'oste era alle sue spalle e subito si inchinò difronte al Re. "Mio signore cosa la porta ancora qui ? Desidera forse qualcos'altro ? Cosa posso fare per voi ?" Crozio rivolgendosi alla serva disse : "Tu, miserabile, non sei neanche capace di rivolgerti al tuo Re come si conviene. Sono anni che vivi nella mia reggia e ancora non sai come salutare alla mia presenza. Guarda come il nostro nuovo cuoco dopo solo poche ore già conosce il protocollo. Ora vattene, lasciami sola con l'unico che qui sia in grado di parlare con un Re." La serva, trattenendo le lacrime, fece un piccolo inchino e con passo veloce sparì dietro le grandi tende che separavano la stanzetta in cui si riposavano i servi dalla cucina vera e propria. Il cuoco si sedette e fece cenno al Re di fare altrettanto. Questo gesto lasciò perplesso il sovrano ma decise di non rimproverarlo, poiché se il resto della contea era suo dominio, la cucina aveva come padrone solo il Cuoco.
"Qual è il tuo nome ? Cosa cucinerai per il tuo re ora ?" "Mio signore, per me è molto più facile rispondere alla seconda richiesta che alla prima. Non ho un vero nome, mia madre mi chiamò Elam, ma da quando sono cresciuto tutti mi chiamano Anatas. Per me non fa differenza, qualunque nome vi piacerà di più, quello sarà il mio. In questo momento sul fuoco bolle una grande pentola, stavo cucinando per voi una zuppa con i molluschi più rari di tutti i mari. Questa non sarà pronta prima di un'ora ma se preferisce incominciare a mangiare ora, le porterò qualcosa che per certo apprezzerà. Ovviamente per acquistare queste primizie ho attinto alle casse reali, così com'è di consuetudine, e purtroppo mi è stato riferito che il denaro da utilizzare non è molto. Sicuramente deve esserci stato un errore, una mancata comunicazione tra il Tesoriere e il suo operaio. Comunque mio signore, come lei ben sa, il buon cibo ha un prezzo ed è proprio quel prezzo che rende il suo sapore ancora più succulento." "Anatas, non appena avrò cenato, approfondirò la questione che mi hai posto. Per certo il mio Denaro coprirà tutte le spese della cucina." Rispose mentendo Crozio, che ben conosceva le finanze dissestate del regno. "Ora portami un piatto di formaggi, della carne essiccata e un buon vino, attenderò qui che la cena sia pronta, nessuno in questa reggia sembra capirmi come tu, che da così poco lavori qui, riesci." "Certamente mio signore. Vede, anche se è solo da poche ore mi trovo in questo meraviglioso palazzo, è come se io conosca i suoi pensieri, come se io e lei avessimo una partitura comune e le nostre menti fossero legate da un medesimo filo." Rispose Atanas, con voce melliflua e con occhi quasi disumani. Crozio, sempre più colpito per il linguaggio e la profondità del pensiero del cuoco, tacque, osservando come avesse colto perfettamente nel segno. Quando incrociò lo sguardo dell'uomo fu preso da un grande desiderio di cibo, una irresistibile voglia di mangiare. Ormai gli accadeva ogni qualvolta parlasse con il cuoco, ma ciò non era per lui una sensazione negativa, semplicemente gli offuscava la mente ancor più della sua età anziana. Il silenzio fu interrotto da un servitore che aveva fatto irruzione nella cucina. "Mio signore, mio signore, le porto notizie terribili. Sua figlia stava tornando verso la reggia dalla residenza in collina e fra un giorno avrebbe potuto riabbracciarla, ma oggi la carrozza e la scorta armata sono state attaccate dai soldati di Fodio. Ora la principessa, Nessa, è tenuta come ostaggio nelle segrete del suo maniero, e quel diavolo vuole che lei, mio signore, paghi un grande riscatto per riavere sua figlia." disse l'uomo piangendo per il terrore. I suoi abiti logori e sporchi davano alla sua già miserabile figura, un aspetto ancor più penoso. "Servo, non hai altro da dirmi ??" rispose Crozio con voce alterata, piena di preoccupazione. "No mio signore, solo che ambasciator non porta pena." Rispose in ginocchio il servitore. "Stupido di un servo, so bene che la colpa del misfatto non è tua, non sapresti neanche capace di brandire una spada, figuriamoci di ordire trame contro la mia figliola. Ora porta quegli stracci che chiami vesti e che indossi di fronte al tuo re fuori di qui, ti manderò a chiamare quando sarà il momento. Va'." Disse il Re, sbattendo il pugno sul pesante tavolo della cucina. Una volta che il servo fu fuori dalla stanza, Crozio chiamò vicino a sé Atanas, sentendo che fosse l'unico che sapesse cosa fare. "Io non dispongo per certo del denaro necessario per riscattare mia figlia, cosa devo fare ? I miei averi non sono più sufficienti, la carestia ha distrutto le ricchezze di queste terre. Cosa farò ?" disse e due lacrime, una per guancia, scesero lentamente dai suoi occhi. "Mio signore, Crozio, mi sento di consigliarti questo: se non disponi quel denaro, l'unica soluzione è non pagare. Come faresti infatti a raccogliere quei soldi ? Può forse un Re, un uomo che nacque nel lusso di questa reggia, che sempre ebbe ai suoi piedi tutti gli uomini della terra, chiedere del denaro in prestito ? Così non condannerebbe solo il suo nome per l'eternità, ma infangherà anche la sua famiglia, la propria sposa, i gloriosi antenati. Secoli di governo oculato, memorabili vittorie, battaglie condotte valorosamente, tutto cancellato con un sol gesto. Per cosa poi ? Per lasciare in libertà una fanciulla senza la più esile volontà di dare continuità alla stirpe del padre ? Una figlia amorosa accudisce il padre, porta conforto all'età della vecchiaia, non si isola nella dimora del padre in collina ignorando la salute dei suoi genitori. Se in fondo quella avesse tenuto davvero a lei, non la avrebbe abbandonata al suo destino, non le avrebbe arrecato la sofferenza di trascorrere gli ultimi giorni della sua vita senza nipoti, senza le parole di gioia che portano gli infanti, senza la speranza della continuità della stirpe." disse perentoriamente il cuoco. Aggiunse poi una menzogna.con voce falsamente addolorata. "Crozio, io devo dirlo, ormai la mia coscienza mi impone di rivelartelo. Nella mia vecchia osteria, veniva spesso gente di altri regni, di altre città. Molti fra essi, raccontavano che la principessa, aveva un amante e che frequentemente gli incontri amorosi avvenivano nella dimora in collina. Ma non è tutto, ahimè." "cosa può esserci di peggiore di questo ,Anatas, amico mio ?" Chiese il Re, con le mani che coprivano il volto sofferente. "Crozio, prepara il tuo cuore ad affrontare una così terribile rivelazione. L'amante, l'uomo con cui la tua giovane fanciulla giaceva e giace nella dimora in collina, nel tuo talamo, è Fodio." "No. Questo no. Quella traditrice divideva il letto con l'uomo che più odio su questa terra, con colui che ha portato solo morte e distruzione nel nostro regno, e non paga di avermi tradito e disonorato, ora cerca di derubarmi dei miei ultimi averi inscenando un finto rapimento. Nessa, o Nessa, quando ti accorgerai che quell'uomo è superiore ad una bestia rognosa solo per astuzia, sarà troppo tardi, perché sarai avvolta dalla sua tela di menzogne e di inganni. Non pagherò mai per essere preso in giro !" "Chiamate il tesoriere." Urló a squarcia gola il Re. Anatas guardò con sguardo distaccato la reazione del Re, ed avendola prevista esattamente così come essa si era manifestata, pensò che ormai era giunta l'ora di prendersi l'anima di Crozio. Il tesoriere, nella sua lunga veste verde scuro, entrò cercando di mantenere la calma nella stanza. "Mio signore-disse inginocchiandosi- volevate parlarmi ?" "Si, cercavo proprio te. Quanto è rimasto nelle casse reali ? "




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Opera scritta il 03/01/2015 - 22:14
Da Federico Maria Di Vizio
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