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Vendetta

Il giudice chiese ed ottenne silenzio,si apprestava a leggere la sentenza.
Non appena ebbe finito,prima timidamente,poi con entusiasmo,la platea si associò al suo giudizio con un applauso.
Un altro processo era finito,ci sarebbe stato l’appello,ma intanto quei delinquenti sarebbero andati in galera,una piccola soddisfazione per tutti quelli che erano stati vessati,minacciati,intimiditi,e in qualche caso rovinati da attentati alle proprie attività. Una contentezza moderata dal timore che tra qualche giorno avrebbero conosciuto qualcuno che subentrava ai primi,con la consapevolezza che quelli dopo sono sempre più cattivi. Ma per qualche giorno c’era sempre la speranza che non sarebbe successo.
Il giudice Rosi era obbligato a vivere con una scorta,suo malgrado,ma questa era la condanna per il suo impegno contro tutte le forme di delinquenza. Aveva come una seconda famiglia,formata da quei ragazzi che lo seguivano ovunque.
C’erano momenti e posti più pericolosi di altri,dove l’attenzione doveva essere estremamente rigorosa,ed altri,come in Tribunale,dove al contrario regnava,per una malintesa abitudine,una certa rilassatezza.
In ogni caso quella mattina in quel Palazzo di Giustizia era stato segnato un punto a favore della legalità. Non c’erano altri processi,per cui si stava svuotando,e anche fuori,tutti i pulmini delle televisioni stavano smobilitando.
Non c’era quasi più nessuno quando anche il giudice Rosi uscì,passò davanti alla scorta,li salutò facendo segno che sarebbe andato a prendere i giornali all’edicola di fronte. Ritirò la borsa piena di quotidiani che gli era stata preparata e tornò indietro. Non li avrebbe mai letti. Era esattamente al centro della strada quando un auto lanciata a folle velocità lo falciò lanciandolo in aria,per poi precipitare a terra,macchiando all’istante l’asfalto col suo sangue. Fu una sequenza velocissima,e stranamente silenziosa. Quando fu realizzato l’accaduto la macchina era sparita,lasciando il corpo del giudice in una posa irreale,morto. Gli uomini della scorta si divisero,due salirono in macchina per lanciarsi all’inseguimento dell’assassino,gli altri raggiunsero l’uomo che avrebbero dovuto proteggere,solo per constatare che non c’era più nulla da fare,e per vedere che qualche metro più avanti c’era un altro corpo,quello di una ragazza,anche lei vittima in quel attentato. Due morti che forse un po’ più di attenzione avrebbe evitato.
Il ritardo nel partire fu la fortuna di una piccola stazione televisiva,fu la prima ad essere sul luogo,e la prima a trasmettere un edizione speciale con la descrizione estremamente dettagliata dell’accaduto,compresa la sfortunata presenza di quella ragazza,coinvolta ed uccisa in qualcosa ancora tutto da scoprire.
“Ucciso il Giudice Rosi,dopo varie minacce,un sicario lo ha investito con l'auto,morta anche una ragazza,che passava casualmente davanti alla vittima designata”
Furono queste le prime parole del giornalista,che poi ampliò il raccontò dell’accaduto,seguito dal cameraman,che filmava ogni più piccolo e scabroso particolare,finché furono allontanati,ma oramai le immagini erano in giro,nonostante la loro crudezza.
Per i giorni seguenti questa fu la notizia che monopolizzò giornali e televisioni,poi come tutto a poco a poco fu sostituito da nuovi eventi.
In futuro sarebbe stata messa una lapide commemorativa per non dimenticare la morte di quel paladino della giustizia,e per aumentare la presenza di qualche politico sempre alla ricerca di nuovi voti,però in futuro,adesso,scemato lo sdegno dei tanti,rimaneva il dolore immenso di un padre,Enzo,il papà di Anna,l’ostacolo prima del Giudice.
Lui quel sicario lo voleva davanti,per poterlo uccidere. Lui e suo cugino Carlo lo giurarono sulla tomba di Anna,dovevano trovarlo.
- Ci deve essere un modo,chi voleva morto il Giudice lo ha trovato,può essere difficile,ma non impossibile,sarà lo scopo della mia vita Enzo,la nostra Anna sarà vendicata
Enzo abbracciò il cugino
- Si dobbiamo farlo noi,cosa può fregargliene allo Stato di mia figlia,e anche lo trovassero….- singhiozzò sulla spalla del cugino - …non voglio che esca in pochi anni,lo voglio sottoterra,come la mia bambina.
- E lì andrà quel bastardo – sentenziò Carlo – comincerò a cercarlo da stasera.
Enzo,Carlo ed Anna erano i tre soci di una piccola azienda che si occupava di commercio di metalli,piccola,ma in espansione,con un ottimo fatturato,e ottime previsioni per il futuro,per quello che poteva valere l’avvenire per Enzo.
Carlo fu di parola,si estraniò completamente dal lavoro,che rimase sulle spalle del cugino,lui ovviamente non se ne doleva. Ci vollero due mesi,ma alla fine Enzo senti le parole che attendeva più di ogni altre
- L’ho trovato,finalmente quel figlio di puttana è nostro.
I due si abbracciarono piangendo
- Ma sei sicuro? – chiese Enzo staccandosi dall’abbraccio
- Si,è lui,e già puzza di morto
Enzo si asciugò gli occhi,non si era mai posto il problema di essere pro o contro la pena di morte,però si scoprì estremamente favorevole alla vendetta,ed al diritto di poterla esercitare,e lui lo avrebbe fatto,avrebbe eliminato l’assassino di sua figlia.
- Dobbiamo incontrarlo Carlo,si deve studiare un piano
- E’ già tutto qui nella mia testa – comunicò il cugino toccandosi una tempia – ho avuto due mesi per pensarci,ora te la spiego.
E cominciò ad esporre al cugino il piano che aveva preparato
- Lo ingaggiamo,semplicemente
- Per uccidere qualcuno?
- Certo,gli offriremo un contratto,con un bel compenso,possiamo anche esagerare,tanto lo facciamo fuori prima di pagarlo
- Praticamente lo attraiamo in una trappola,mentre lui è convinto di avere un altro lavoro,lo sistemiamo. Potrebbe anche funzionare,ma chi dovrebbe essere la vittima? Non mi va di coinvolgere qualcun altro
- Non ci saranno altre persone,il bersaglio deve essere uno di noi due,ho pensato di attirarlo nei nostri uffici,lì avremo tempo per preparargli una bella sorpresa. Sarà bellissimo vedere i suoi occhi quando capirà di essere caduto in una trappola mortale.
- Voglio essere io a vederli i suoi occhi terrorizzati,come voglio essere io ad ucciderlo,e dovrà soffrire,te lo giuro Carlo.
- Certo Enzo,non potrà mai ridarci la nostra Anna,ma almeno lei sarà vendicata,e quel porco non potrà più fare male a nessuno.
- E allora cominciamo,quando pensi di contattarlo?
- Stanotte,lo farò stanotte,poi domattina ti racconto.
Si lasciarono con un abbraccio,Enzo forse quella notte avrebbe dormito un po’,
Non riusciva a farlo per più di due ore,da quando era successa la tragedia,mentre Carlo doveva dare inizio al proprio piano.
In effetti riuscì a riposare,forse sognò anche,al risveglio non li ricordò,e sicuramente era meglio così. Una volta pronto si recò in ufficio ad incontrare Carlo
- E’ per stasera – gli comunicò felice senza neanche salutarlo
- Caspita,sei stato bravo,ma come è andata?
- Veramente sono quasi due settimane che ci sono in contatto,non ti ho detto nulla per non illuderti..
- Hai fatto bene – lo confortò Enzo – l’illusione è l’ultima cosa di cui ho bisogno
- …bene,sai non è stato proprio come ordinare una pizza a domicilio,prima il trovarlo,poi concludere felicemente la trattativa,non è stato facile,ma alla fine siamo qua,è tutto pronto per la nostra vendetta,tutto si concluderà stasera.
- E come dovrebbe svolgersi? E dove?
- Proprio qui. Se la vittima devi essere tu,dove meglio che qui? Nel nostro Ufficio?
- E come mi hai presentato? Perché dovrebbe ammazzarmi?
- Non gli ho detto che siamo cugini,lui sa solo quello che deve fare,non il perché,quello a lui non interessa. Ho anche preso delle precauzioni,nel cassetto c’è una pistola,e una l’avrò io,inutile fare gli eroi,meglio sparargli subito,quelle sono persone pericolose.
- Ma io voglio vederlo soffrire – obiettò Enzo
- E se non morirà potrai farlo,ma ritengo estremamente pericoloso provare solo a giocarci prima che sia stato neutralizzato.
Enzo aprì il cassetto e vide l’arma,la impugnò,era pesante
- Hai ragione,farò come dici – si arrese,e la ripose,chiudendola dentro – ma come arriverà,e a che ora?
- Telefonerà verso mezzogiorno,per fissare un appuntamento di lavoro,risponderai tu. Lui porrà mille impegni,e questo solo per obbligarti a riceverlo la sera dopo l’orario di chiusura. Qui è stato tassativo,non vuole tanta gente in giro,e la sera in questa zona,solo industriale,non c’è mai nessuno. Quindi nessuno sentirà la tua pistola quando sparerà,ma questo il coglione ancora non lo sa.
Quella non fu una giornata di lavoro come le altre,fu solo una lunga e snervante attesa,prima della telefonata,che arrivò puntuale,per fissare l’appuntamento alle nove di sera
-…mi raccomando la puntualità,non amo aspettare – pretese l’assassino
- Non si preoccupi,non mi muoverò di qui – concesse Enzo
Aveva la voce dolce il bastardo,senza inflessioni,e decisa,come doveva esserlo quella di un uomo simile.
Poi l’ansia di aspettare le nove,senza avere voglia di fare altro se non pensare ad Anna e al tempo,che sembrava non passare mai.
Sembrava non passasse mai,ma alla fine arrivarono le otto,mancava solo un’ora,e in giro non c’era più nessuno.
Enzo era seduto alla sua scrivania,e Carlo nel suo ufficio,con la porta socchiusa.
Accadde tutto in poche frazioni di secondo,tempo insufficiente a reagire per chi non è abituato a situazioni improvvise. La porta fu spalancata da un calcio e davanti ad Enzo si presentò un uomo con un coltello in una mano e una pistola nell’altra
- Fermo lì – intimò ad Enzo
Poi avvicinatosi rapidamente alla porta dell’ufficio di Carlo scalciò anche quella,ed alzata la mano armata di pistola esplose due colpi,dopodiché si girò per dedicarsi ad Enzo
Erano veramente passati solo secondi,nonostante le cose accadute,ma Enzo,motivato dalla sua voglia di vendetta riuscì a rimanere freddo e ad armarsi. Ora aveva la pistola in mano col braccio alzato,puntato verso quel maledetto,che dopo Anna aveva anche ammazzato Enzo,due colpi da quello lì non potevano avergli lasciato scampo.
- Vuoi spararmi?- la voce di quell'essere adesso era fredda,aveva una pistola puntata,e neanche il più piccolo tremore,era di ghiaccio – allora fallo,e subito perché ora vengo li e ti ficco questo coltello nel cuore,è così che devo ucciderti,sono pagato per farlo così.
Cominciò ad avvicinarsi,ed Enzo sparò,uno,due,tre colpi,ma non successe nulla,semplicemente la pistola non esplose nessun colpo,Enzo la osservò sconsolato prima di gettarla a terra.
Poi guardò l’assassino avvicinarsi e alzò il braccio per bloccarlo
- Fermati – gli intimò con voce decisa – non muoverti,prima che mi ammazzi devo parlarti
E l’altro si fermò veramente
- Però,hai fegato,cosa vuoi?
- Voglio pagarti – gli disse guardandolo negli occhi – voglio che chi ti ha ingaggiato per ammazzare il Giudice Rosi muoia – mise con lentezza una mano in tasca,ne uscì con una chiave,che lanciò all’uomo – alla Stazione,cassetta 23,prendi tutto,ti basteranno,ma devi essere di parola ed ammazzarlo.
L’altro afferrò la chiave al volo,ed esclamò sorpreso
- Il Giudice? Ma quello è stato un errore,il vero obiettivo era la ragazza,quello era dietro e non sono riuscito ad evitarlo.
In quel momento entrò Carlo,vivo e sorridente
- Mi spiace Enzo,ma donne e gioco sono compagni di vita troppo costosi,e cosi mi serve tutta la ditta,prima Anna,ora tu. Perdonami,ma non ho avuto un'idea migliore – poi intimò al sicario – sbrigati,e deve sembrare un suicidio.
Il sicario si rivolse ad Enzo.
- Stazione,cassetta 23,è sempre valido l'invito?
- Più che mai – rispose lui sorridendo
- Di cosa parlate? – domandò Carlo – ti vuoi muovere?
Furono le sue ultime parole,prima che una pallottola gli trapassasse la testa entrando dall'occhio destro.
- Ok,e ora tocca a me? - Enzo lo chiese guardandolo negli occhi
- Dovrebbe,ma il mio errore ti ha già portato troppo dolore,non me la sento di ammazzarti
- Ma sai che io ti cercherò,vero?
- Vuol dire che lo farò quando mi troverai,ammazzarti dico.
Enzo lo vide avvicinarsi,con calma tirò fuori delle manette e lo bloccò ad un termosifone.
- Se nella cassetta 23 c'è quello che mi hai detto,avviserò qualcuno per liberarti,e,lo dico sul serio,spero di non incontrarti mai più.
Lo vide allontanarsi e uscire chiudendo la porta dietro di se.



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Opera scritta il 13/12/2015 - 12:16
Da Ivano Migliorucci
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