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AVERE O ESSERE

Aveva una folta barba candida, ben curata, che gli incorniciava il viso e un turbante che gli fasciava la testa; il tutto rendeva ancor più penetrante il suo sguardo.
L’avevo incontrato qualche giorno prima durante la mia passeggiata quotidiana sull’argine del grande canale che lambisce il paese del mantovano dove risiedono i parenti di mia moglie ai quali facciamo visita di tanto in tanto.
Subito non aveva attirato la mia attenzione, solo un intenso scambio di sguardi, ma in seguito mentre camminavo, avevo realizzato di aver incontrato una persona interessante. Era infatti diverso dagli altri indiani, dediti ai lavori agricoli, che popolano il luogo e si sono da tempo integrati negli usi e costumi.
Quando dopo qualche giorno ci siamo rivisti mi ha sorriso ed avevamo scambiato un cenno di saluto con il capo. Più tardi, tornando verso casa, l’avevo trovato seduto sopra la parte piana di una struttura in legno, di fianco al canale, un piccolo anfiteatro coperto, che costituisce luogo d’incontro per gli abitanti del paese e di sosta per chi va a passeggiare.
Teneva le gambe incrociate sotto il suo corpo in una posizione tipica degli orientali; era rivolto verso il sole, le mani lievemente sospese da terra con i pollici e gli indici uniti e, immobile, fissava un punto lontano; sembrava che per lui niente e nessuno esistesse.
Mi ero seduto a riposare ma non capivo se avesse avvertito la mia presenza; una parte di me voleva andarsene per non arrecargli disturbo ma qualcosa mi costrinse a rimanere. Era il pomeriggio di una calda giornata, il posto era tranquillo; appoggiai la testa ad uno dei legni che sostenevano la tettoia della struttura e lentamente mi abbandonai alla pace del luogo entrando in una specie di dormiveglia.
Tornando in me avvertii una presenza più mentale che fisica, alzai gli occhi e me lo vidi vicino che mi fissava; mi sorprese parlandomi nella nostra lingua. Dopo avermi salutato ed essersi presentato mi raccontò che era stato tra i primi orientali ad arrivare in paese dove lavorava da anni ad accudire il bestiame in una grande stalla. Era nato vicino a Bombay da genitori non ricchi ma benestanti e ciò gli aveva permesso di trascorrere dieci anni della sua giovinezza con un Guru perché era intenzionato ad elevarsi nella scala spirituale e sociale.
Aveva trovato poi la compagna della sua vita che gli aveva donato un figlio ed una figlia ma aveva perso tutto e tutti in uno dei tanti violenti disordini scoppiati tra la sua etnia ed i mussulmani che costituiscono tuttora la parte preponderante della popolazione.
Mentre parlava mi comunicava i suoi stati d’animo con gli occhi nei quali, di volta in volta, riuscivo a vedere la gioia, la fierezza, il dolore, l’accettazione ma non l’odio.
Aggiunse: “Ho lasciato il mio paese affrontando l’ignoto per sfuggire ai mussulmani ed ora mi ritrovo in condizioni peggiori; dopo di me sono arrivati non solo indiani credenti in Allah ma anche mussulmani pakistani che sono ancora peggio perché, come saprà, tra indiani e pakistani non corre buon sangue. Ora mi trovo qui, unico indù , reietto da tutti come un paria; riesco di tanto in tanto a comunicare con gli italiani che scelgo con cura, come ho scelto lei”.
Quando gli obbiettai che nulla sapeva di me che confortasse la sua scelta mi disse: “Io uso gli occhi non solo per guardare ma per vedere dentro me e dentro gli altri e in lei ho trovato energia positiva ed assenza di pregiudizi, due cose che per noi induisti sono altamente importanti, anzi stanno alla base dello sviluppo della nostra crescita interiore”.
A questo punto approfittai per chiedere: “Quando sono arrivato stava pregando”? La risposta fu “Non so quando sia arrivato perché stavo parlando con quella che voi chiamate anima; noi induisti non preghiamo in quanto, pur avendo dei riferimenti divini, il nostro credo ci spinge a confrontarci con noi stessi per riflettere sui nostri comportamenti; il nostro impegno è rivolto a tendere al miglioramento della nostra persona per arrivare all’Essere perfetto. In questo senso siamo vicini all’ideale cristiano che invita alla comunione con il prossimo, all’accettazione delle idee altrui sino ad arrivare al perdono di ogni torto. Comprenderà quindi che per un indù sarebbe inaccettabile seguire una fede che invita a farsi esplodere per raggiungere il Giardino nell’Eden tramite l’uccisione di un altro essere vivente. Io ho perdonato chi mi ha privato di tutto ma non sono ancora buono e puro perché non riesco ad avvicinare un mussulmano; ho paura che possa contaminare la mia mente”.
Lo guardavo affascinato pensando che, pur avendo l’aspetto di una persona semplice, riusciva a trasmettere concetti elevati in modo chiaro e dimostrava di aver approfondito molti aspetti del rapporto tra l’umano ed il divino e lui mi disse: “Lei ora sta pensando bene e male di me perché dubita che io possa capire o cercare queste cose ma deve pensare che noi non abbiamo la speranza o la presunzione di ritornare a risorgere nel nostro essere. Il nostro obbiettivo è quello di tornare ad incarnare un altro vivente migliore, più nobile di quello che noi siamo stati; la nostra punizione o inferno, come voi dite, è la regressione nei valori dell’universo”.
Confesso di essermi sentito a disagio anche perché, in precedenza, non avevo mai avuto modo di approfondire più di tanto aspetti connessi ad altre dottrine di fede e quindi cercai di riportare il discorso su di me dicendo: “Ha visto al mio interno aspetti positivi ma io so e riconosco di avere moltissimi limiti e difetti, forse la sua analisi non è corretta e io non sono quello che sembro”.
Mi rispose: “La verità ha molteplici facce, certamente lei si vede così perché usa un metro di valutazione basato sui lati esteriori dell’esistenza anziché su quelli interiori. E’ tipico della cultura occidentale che spesso giudica superficialmente e fonda i comportamenti e valori sull’avere e non sull’essere. Questo porta ad agire e a vivere orientati all’illusione della possibilità di avere tutto dimenticando il vero senso dell’uomo e di essere noi stessi. E’ da questo abbandono della vostra interiorità che nascono cattivi giudizi, invidie, insoddisfazioni, ansie e paure. Spogliatevi di ciò che avete e scrutate ciò che siete, troverete in voi tesori infiniti”.
Il sole stava lentamente volgendo al tramonto, restammo per lunghi momenti in silenzio guardandoci negli occhi; non so se riuscisse a leggere il mio smarrimento ma io riuscii a capire dai suoi che dentro di se stava sorridendo.



NOTA DELL’ AUTORE: il luogo, l’incontro ed i contenuti del racconto sono reali;solo le modalità di espressione sono state riportate in modo più chiaro.




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Opera scritta il 17/05/2016 - 22:00
Da Gaetano Antonioli
Letta n.1364 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


A volte se non ci sono preclusioni anche un incontro fortuito ci puo` aprire un mondo.
I pregiudizi non ci arricchiscono mai!

Giorgio Tria 13/05/2023 - 22:53

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Caro Gesuino, grazie per le lodi e il tuo giudizio. Hai visto giusto, tengo in considerazione i commenti ma nello scrivere non ho specificatamente obbiettivi di classifica. L'incipit della scrittura creativa del mese mi ha dato spunto per il racconto perché il personaggio da me incontrato era molto somigliante alla descrizione. Buona giornata

Gaetano Antonioli 18/05/2016 - 12:18

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Caro Salvo, grazie per lo splendido commento. Come forse traspare dal racconto anch'io, dopo il colloquio, ho avuto modo di riflettere molto. Buona giornata.

Gaetano Antonioli 18/05/2016 - 12:10

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Buongiorno,
leggendo questo splendido racconto non ho potuto esimermi dal guardarmi dentro. Mi sono visto dire " Perbacco, ma dov'è la tua spiritualità?". Ho anche sentito una voce che mi diceva "Capito come si fa a scrivere coinvolgendo il lettore con la mente di un esegeta?". Sono rientrato nel reale e, guardandomi allo specchio, mi sono vergognato. A rileggerla Maestro. 5*

salvo bonafè 18/05/2016 - 08:25

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Molto bello il racconto, ben scritto e assai comunicativo...il personaggio è davvero notevole e la sua filosofia di vita( più che religione la definirei filosofia esistenziale) interessante e condivisibile. Non credo abbia a che vedere col tema della scrittura creativa...peccato perché in questo modo non sarà in classifica nè nei racconti e nemmeno nelle scritture, ma credo non le importi gran che...giusto? un saluto e 5 stelle meritate.

Gesuino Faedda 18/05/2016 - 07:11

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