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Eredità mefitica

Quando Alessandro, un ragazzo di quindici anni, vide il fratello maggiore di diciotto, malmenare un suo coetaneo, solo perché quest'ultimo lo aveva guardato e gli aveva sorriso, si gettò tra i due per separarli; ricavandone quasi un occhio nero da parte di un pugno del fratello.
"Levati di mezzo, poppante!" gridò il maggiore.
"Lascialo stare, non ti ha fatto niente."
"E tu che ne sai? Non hai visto come mi guardava questa checca."
La vittima dell'aggressione si pulì il sangue dalla bocca, e disse: "Sei solo un animale. Non stavo sorridendo a te" per poi mollargli anche lui un pugno in pieno viso.
Essendo inaspettato, il colpo fece cadere il bullo. A quel punto, Alessandro guardò la vittima, e gli consigliò di scappare. Il giovane non se lo fece ripetere due volte, e corse via. Una volta in piedi, il fratello maggiore di Alessandro, Diego, se la prese con lui. Lo strattonò per la maglietta e gli gridò:
"Mettiti di nuovo in mezzo, e la prossima volta mi scorderò di avere un fratello!"
"Non puoi trattare così le persone. Chi ti credi di essere?"
"Fatti gli affari tuoi. E ricordati che se oggi torni a casa è perché sei mio fratello." gli disse mollando la presa.
Tutt'intorno si formò una cerchia d'impiccioni, tutti ragazzi dai quattordici ai diciotto anni, visto che il tutto si svolse fuori l'edificio della scuola superiore che frequentavano i due fratelli.
"Che cosa avete da guardare, voi, Eh?" chiese in tono minaccioso, Diego, rivolto agli spettatori indiscreti. Nessuno rispose.
Mentre tornava a casa, Alessandro sentì una voce da dietro la siepe che contornava il cortile sotto casa sua.
"Alessandro, avvicinati."
Il giovane riconobbe il gracile Andrea, la vittima del pestaggio di suo fratello.
"Ciao, bello, come va?"
"Bene, grazie a te."
"Non ringraziarmi, anzi, ti chiedo scusa per quel cogl... per mio fratello."
"Grazie. Posso chiederti perché l'hai fatto?"
"Perché è giusto. Non aveva motivo di picchiarti in quel modo."
Andrea abbassò lo sguardo, quasi come se si sentisse imbarazzato di quel che stava per dire.
"Voglio essere onesto con te, Alessandro."
"Che significa?"
"Che il fatto che lo stavo guardando è vero, ma non gli ho sorriso"
Alessandro cambiò espressione dopo quella risposta, ed Andrea se ne rese conto, a tal punto da scusarsi, per poi ringraziarlo e andare via. Fu trattenuto però.
"Ehi! Non devi scusarti di niente. Solo che vorrei chiederti una cosa. Tu sei ..."
"No, mi piacciono le donne. Solo che io non piaccio a loro. Però a me piace come sono, non voglio cambiare. Ecco perché oggi guardavo tuo fratello. Lui è il tipo di ragazzo che cercano le ragazze della nostra età e sinceramente, non capisco cosa ci trovino in lui."
"E' vecchia come il mondo questa storia. Mio fratello è un gallo circondato da galline. Tutto qui. Spero solo che si calmerà prima o poi, ma ci credo poco visto che ..."
"Che?" chiese Andrea,
"Niente, lascia stare. Ora ti saluto. Ci vediamo allora." gli disse, allungandogli la mano.
"Ok, grazie ancora." gli disse il ragazzo magrolino, mentre gli stringeva la mano con la sua debole presa.
Quando tornò a casa, posò lo zaino in camera sua, e si diresse in sala da pranzo, dove il fratello e la madre stavano mangiando seduti al tavolo coperto da una tovaglia rossa.
"Che cosa hai fatto sul viso, Alessandro?"
"Perché non lo chiedi al tuo prediletto?"
La madre si rivolse con sguardo austero verso il figlio maggiore, e disse:
"Cosa significa?"
Diego le raccontò tutta la vicenda, senza omettere dettagli o falsificare gli eventi.
Dentro di sé, Alessandro ebbe un barlume di speranza per una possibile redarguita da parte della mamma, che scosse la testa tutto il tempo come per dire: non si fa. Pura illusione di un ragazzo di quindici anni che forse guardava il mondo ad occhi aperti, non lasciando ad una finta coltre di nebbia, di prendersi la colpa della sua melliflua cecità.
Ebbene, la signora disse questo, rivolgendosi a suo figlio minore:
"Alessandro, prendi le difese di un estraneo che attacca tuo fratello. Sono senza parole."
Il ragazzo sospirò e disse:
"Lo sono anch'io ..."
Il giorno dopo, al portone d'entrata della scuola, i ragazzi attendevano il suono della campanella, mentre fumavano e si raccontavano le vicende della loro vita. Tutti quanti però, aspettavano di vedere il pezzo forte della giornata. Alessandro si sentì osservato e sapeva il perché. Alcuni suoi amici lo raggiunsero, chiedendo spiegazioni. Lui raccontò la vicenda, ma con la mente stava da un'altra parte. Guardandosi intorno, si chiese dove fosse Andrea. Neanche suo fratello era presente. Cominciò a fare brutti pensieri. E se Diego avesse aspettato il povero ragazzo sotto casa, per vendicarsi dell'accaduto del giorno prima? Doveva accertarsene. La campanella suonò, e la maggior parte degli alunni entrò, altri invece preferirono andare chissà dove. Alessandro si diresse verso casa di Andrea. Prese due autobus per arrivarci. Quando scese dal mezzo, vide una folla di persone accalcata per guardare qualcuno. Corse verso di loro con il cuore in gola, preoccupato per la sorte dell'amico. Quello che vide invece, un po’ lo fece sorridere. Per terra c'era il fratello, bloccato al braccio da una mossa di arti marziali da parte di un suo coetaneo.
"Se ti avvicini di nuovo a casa di mio cugino, il braccio te lo spezzo. Non sto scherzando."
"Ok, ok, adesso però lasciami. Ahi! Mi fai male."
Il gracile Andrea si accorse di Alessandro, e gli si avvicinò.
"Tranquillo. Non gli farà troppo male, spero solo che capisca la lezione."
"Il problema, amico mio, è che finché qualcuno ti difende sempre, non rimarrai mai solo per capire il tuo errore."
Mentre osservava la scena, Alessandro provò compassione per il fratello, perché in fondo la colpa del suo comportamento non era solo sua. Si dice che a diciotto anni sei abbastanza maturo per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma se hai passato una vita intera a prendere per giusto lo sbagliato e viceversa, allora diventa tutto più difficile.
Alessandro chiese all'amico di far smettere suo cugino, lui lo fece. I soliti spettatori indiscreti tornarono alle loro vite, il fratello cominciò ad imprecare senza interruzioni e prese lo scooter per tornare a casa, minacciando il cugino di Andrea di un suo possibile ritorno, quando era già ben lontano sulla strada; se la prese anche con suo fratello minore, inconsapevole che se non fosse stato per lui, avrebbe sofferto qualche minuto in più.
Tornò a casa, questa volta trovò tutti e due i genitori, intenti a parlare con il loro primogenito. Dopo che lui gli raccontò la vicenda, loro si rivolsero al figlio minore.
Il padre applaudì con una faccia schifata e disse:
"Bravo. Che bel fratello che sei."
La madre invece gli disse:
"Ma perché fai così? Dovreste proteggervi ed invece tu sorridi mentre tuo fratello è in difficoltà."
"Quello è un cane, non è mio fratello, non lo è più. Tanto aspetta che vi becco insieme, a te, ed al tuo amichetto. Poi riderò io. Il cugino pure dovrà guardarsi le spalle."
"Basta, Diego, forse adesso stai un po’ esagerando. Hai tutte le ragioni per essere alterato, però devi calmarti. Non dargli soddisfazione .Tuo fratello ha capito il suo errore, vero?" chiese la madre con tono austero. Alessandro, sospirò profondamente, rassegnato, stanco, e disse:
"Si. Ho capito, e tu? E Voi l'avete capito il vostro?" domandò rivolgendosi ad entrambi i genitori. Senza attendere una risposta, tornò nella sua camera, ringraziando se stesso per essere diverso da loro. Sbuffò ripensando a tutto, poi si mise le cuffiette ed ascoltò una piacevole musica rilassante.
(Amarezza)



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Opera scritta il 02/07/2016 - 23:17
Da Ivan Bianchi
Letta n.1278 volte.
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Commenti


Disfunzioni dl sito? Questo tema è già stato premiato e non è più in agenda... mah, qualche cosa non va a livello di Redazione... peccato perché ormai non vale più questo tema.

Quattro Stagioni 03/07/2016 - 13:20

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