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UNA SERA COL CAPO

Era arrivata da pochi giorni, ma già sentiva una forte nostalgia di casa. Era possibile? Stava per realizzare il suo sogno, il sogno per cui aveva faticosamente lavorato, studiando come una matta, negli ultimi anni, eppure, era quasi tentata di buttare tutto all'aria. Perché? Sospirò non conosceva affatto la risposta a quella domanda.
Si affacciò alla finestra. La sua camera, era un buco, e aveva bisogno di un poco d'aria, sebbene tutto in quella città frenetica, le era estraneo. Rabbrividì, quando una folata di vento le sferzò il viso. Era gelido. Si affrettò a richiudere il vetro. Non era abituata a tutto quel freddo, e non si era neanche a dicembre. Ma non era solo il clima, a darle fastidio. Il suo cellulare squillò. Rabbrividì ancora. Già sapeva, chi era, e sapeva che doveva rispondere. Ma non voleva. Quello era il suo primo pomeriggio libero, e il suo capo non aveva diritto di interferire. Si allontanò dalla finestra. Aveva voglia di un bagno caldo, ma, purtroppo si sarebbe dovuta accontentare della doccia, si disse con una scrollata di spalle, mentre lasciava cadere, la maglietta sul letto.


La doccia, l'aveva aiutata a rilassarsi. Uscì dal bagno con un sorriso. Era ancora malinconica, ma aveva ritrovato un po' di coraggio. Si avvolse nell'accappatoio e si sedette sul bordo del letto. Aveva affittato una camera in un albergo, perché il suo lavoro non le permetteva altro, ma sapeva di essere stata fin troppo fortunata. Sospirò.
Un colpo deciso alla porta, la distolse dai suoi ragionamenti. Sobbalzò, mentre uno strano pensiero, le passò per la mente. Il colpo si ripeté ancora. E ancora. Esasperata andò ad aprire.
Il suo capo, era lì davanti, riempiva il vano della porta con la sua presenza. Era alto, incredibilmente alto, e indossava solo dei pantaloni neri, attillati e un maglione, grigio, che però non sminuiva il suo fisico. Era la prima volta, che lo vedeva in abiti informali, ma nulla, nel suo atteggiamento sminuiva l'aura di potere ed arrogante sicurezza, che lo avvolgeva sempre. E ora, si disse appariva ancora più grosso e minaccioso, ed infinitamente più pericoloso, che in abiti formali. Aveva i capelli arruffati, e gli occhi di ghiaccio. Perché era li?
<<Mi fa entrare?>> Era scocciato. Ammutolita si fece da parte, perché diavolo non aveva risposto? E per quale diavolo di motivo aveva spento il cellulare. Dannazione.
<<Cosa vuole?>> Chiese, cercando di mantenere un tono colloquiale, e gentile. Non era il caso di farsi licenziare prima ancora di essere stata assunta, definitivamente, dal momento che era in prova.
<<Si prenderà Una polmonite.>> Lui la guardava, serio, e lei arrossì. Nello shock del momento, si era dimenticata, di avere addosso solo l'accappatoio. Deglutì.
<<Be'...ecco...cosa mi doveva dire?>>
<<Ho bisogno di un favore.>> Lei lo guardò stupita. L'avvocato, che chiedeva un favore a lei? E che razza di favore?
<<Mi dica.>> Cercò, disperatamente di sembrare professionale e non terrorizzata, come in realtà era.
<<C'è una cena di lavoro. Ho bisogno che mi accompagni.>> Lei lo guardò.
<<Perché?>> Lui sospirò.
<<Ho bisogno di una presenza femminile, per alleggerire la serata.>> Lei lo guardò, allibita, gli occhi, spalancati.
<<Cosa!?!>> Aveva capito male?
<<Ha capito. E poi ho bisogno di un interprete. >>
<<Un interprete?>>
<<Sì. Ho un appuntamento, per conto di un cliente. Diciamo che devo scoprire il punto debole di un suo rivale, in una transazione e trovare un accordo.>> Sorrise, un sorriso assassino, pensò lei.<< E dal momento che le persone che incontrerò sono italiane...be' pensavo che magari avrebbe potuto chiarirmi alcuni commenti.>> Concluse. Bene.
<<Non può chiedere a qualcun...>> Lui scosse la tesa. <<...va bene.>> Accettò.
<<Grazie. E mi raccomando, non si raffreddi.>>Sorrise. Il suo volto era vicino, troppo vicino. E uno strano brivido la percorse. Una sensazione, strana, non era paura, sebbene le somigliasse, ma qualcosa di più insidioso.
Il minuto dopo il suo capo era scomparso. Scosse la testa.
Era ancora sconvolta, e faceva fatica a capire cosa era successo. In primis. Cosa ci faceva lì il suo capo? Certo, sapeva che anche lui viveva in un albergo, aveva una suite, dal momento che per il suo lavoro si spostava spesso, e poi si diceva che era un tipo che odiava i legami. Ma possibile, che la sua atavica sfortuna avesse tramato fino al punto, di farle affittare una stanza nello stesso albergo, del suo capo? Probabile, anzi, certo, se ci rifletteva. Rabbrividì.


Il ristorante, era uno dei più esclusivi della città. E lei si sentiva a disagio. Il suo capo, invece aveva un aspetto formidabile, e lei, ancora avvertì quella sensazione che la faceva rabbrividire. Il loro tavolo, godeva di un'ottima vista sulla baia, un panorama, di una bellezza indiscutibile.
La cena, invece era un vero e proprio supplizio. Cercava di sorridere, e fare quello che lui le aveva chiesto, ma con la sua camicetta bianca, e il pantalone di taglio elegante, ma di sicuro, non di moda, si sentiva incredibilmente inadeguata. E non osava guardare il suo capo. Aveva circa dieci anni in più di lei, e sebbene avesse un numero considerevole di clienti, stava ancora cercando di affermarsi. Era un giovane uomo in carriera, con una reputazione da squalo. Lavorava sette giorni su sette, come stava constatando di persona, ed era un osso duro. Ma prima di quella sera, non aveva mai sperimentato, quanto fosse determinato, e quando duro, cinico, quasi, sapesse essere. Eppure era così bello...e come l'era venuto quel pensiero? Si concentrò sul cibo. E con tutta se stessa sperò che la cena finisse presto.


Era una serata fresca. Rabbrividì. La cena si era conclusa, ma ancora sentiva un tormento interiore che non riusciva a comprendere. Con il suo aiuto il suo capo, aveva ottenuto ciò che voleva, eppure...lei si sentiva strana. Avrebbe voluto rifugiarsi nella sua stanza, ma nello stesso tempo, avrebbe voluto qualcosa di diverso. Qualcosa che non osava definire.
<<Vieni.>> Lui la prese per mano. Stupita non trovò nulla di meglio che seguirlo. Il cuore le era finito in gola, ma non sapeva neanche perché. Ma lui, ora era diverso.
<<Dove andiamo?>> Chiese.
<<A fare un giro. Scommetto che non hai mai visto la città, di notte.>> Lei scosse la testa.
<<Non sono qui per fare la turista.>>
<<Immaginavo, l'avresti detto. Consideralo un modo di scusarmi per averti mandato a monte il tuo programma.>> Senza quasi avvedersene, si ritrovò a sorridere.
<<Non era poi un gran programma.>>


Era incredibile. La città brulicava di vita, e c'erano mille cose da vedere o fare. Nulla a che spartire con il luogo dove era nata e cresciuta. E lui era eccezionale.
Incredibile. Si disse ancora. Gli sorrise. Era così diverso dal serioso avvocato che aveva imparato a conoscere, e anche dall'uomo freddo e arrogante, che era riuscito a intrappolare l'uomo d'affari con cui erano andati a cena, strappandogli un accordo soddisfacente per il proprio cliente. Scosse la testa. Ora che si era rilassato, appariva più giovane, e più simpatico. Una compagnia decisamente piacevole.
Adorava parlargli e starlo ad ascoltare, ma ancora di più quando le sorrideva, o gli scappava una risata. Era arguto e spiritoso. E bello. Cercò di allontanare da sé questo pensiero, ma ogni tanto le balenava in mente. E poi ciò che è bello è bello, cercò di dirsi.
Ma la cosa che l'aveva colpita di più era scoprire le cose che avevano in comune come l'interesse per il teatro e la poesia.
Erano arrivati fino al porto. E ormai la luna era alta nel cielo. Ma la temperatura era scesa ancora. Lo vide togliersi la giacca e quando gliela posò sulle spalle, sentì le sue mani sfiorarla. Tremò, ma non tanto per la temperatura, quanto per il lieve contatto.
Più il tempo passava, e più si sentiva in sintonia, con lui. E la serata sembrava magica.
Sempre senza dire una parola, tornarono indietro, verso il ristorante, e poi salirono in macchina per tornare in albergo. Il silenzio tra loro però non era pesante, anzi più che altro era...complice. E la mente le si riempì di sogni e dolci fantasie. Era strano, ma si sentiva bene, e al sicuro in sua compagnia, e leggeva la stessa emozione, negli occhi di lui.
L'accompagnò fino alla sua stanza, intanto avevano ripreso a parlare e a ridere. E tutta l'aria, si era caricata di una strana elettricità. Era meraviglioso passare del tempo insieme a lui. E sperava con tutta se stessa, che anche lui la pensasse così.
Si lasciarono scambiandosi un lungo dolcissimo bacio e la promessa di rivedersi il giorno dopo.
Sola, nel buio della sua stanza, pregò con tutta l'anima che quel piccolo germoglio d'amore, nato in quella sera, potesse crescere e consolidarsi.




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Opera scritta il 30/09/2017 - 20:53
Da Marirosa Tomaselli
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Commenti


sicuramente un "minimo" dentro di lui c'è.
Marirosa se non scriverai un sequel, questo è ciò che immagino e prevedo.
Bravissima Marirosa, scusami per la papella e per essere andato forse oltre il dovuto, ma come ben sai ciò che espongo in fase commenti è sempre sincero. Aldilà del "Mi immagino..." mi è molto piaciuto
Un caro abbraccio e al prossimo racconto.

Giuseppe Scilipoti 04/10/2017 - 10:42

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Secondo me no, nonostante sono un romantico per la vita, ci sono note "oscure" nel protagonista che possono inquinare in futuro una loro possibile relazione, d'accordo che in determinati lavori bisogna essere freddi e implacabili ma ho riscontrato nell'uomo alcune note non dico uno squalo, ma una tigre si, e come ben sappiamo la tigre può graffiare senza pietà e senza guardare in faccia a nessuno.
L'uomo non mi è apparso particolarmente sentimentale, anche se...

Giuseppe Scilipoti 04/10/2017 - 10:37

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con una sorta di lieto fine che ho apprezzato, sottolineo "sorta" per via che la storia tra i due è ancora in fase di germoglio, per cui il "vissero felici e contenti" lo accompagno da un punto interrogativo.
Credo sia giusto, ogni tanto, lasciare i racconti sospesi in modo tale che il finale possa essere o un modo per scrivere un sequel oppure per terminarli secondo i gusti e le interpretazioni personali del lettore.
C' un futuro tra i due?

Giuseppe Scilipoti 04/10/2017 - 10:34

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Meravigliso racconto Romance dalla R maiscuscola, un racconto che ha "carattere" in tutti i sensi, hai implementato delle scelte narrativi che reputo giuste rendendo la storia credibile senza essere scontatao rovinandola, una storia pienamente riuscita anche nel periodare.
D'altro canto, come ci insegna il cinema, la letteratura e ovviamente la realtà, molti amori sono nati dopo la cena col capo.
Gli aspetti psicologici dei due protagonisti sono pure ben delineati e marcati...

Giuseppe Scilipoti 04/10/2017 - 10:32

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