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Non leggo Racconti

Dialogo immaginario tra lettori-scrittori, che intercettano ciò che è puro e comunicativo, a più livelli, messaggi lanciati privi di bottiglia e lo si leggono come si vuole.
– Non leggo racconti.
– E perché?
– Sono troppo corti.
– Beh è come se, entrando in una pasticceria, tu decidessi di passare oltre il banco dei mignon perché sono troppo piccoli, oppure visitando le città in miniatura d’Italia a Rimini, affermassi di non essere abbastanza entusiasta delle bellezze ammirate, perché i luoghi sono troppo minuscoli!
– Non è la stessa cosa. Diciamo che è un genere che non mi piace.
– Ma non è genere, è una forma, caro mio Signor No; il racconto breve dipende dal contenuto e, ti assicuro, che ce n’è davvero per tutti i gusti: erotici, fantastici, assurdi, romantici, realistici, del terrore, insomma, basta scegliere. Pensa ai racconti del vecchio Charles Bukowski, taccuini pieni di sesso e alcol senza veli, oppure, a quelli come “Il naso” di Gogol, dove un naso se ne va a spasso in giro per la città, indisturbato, e al lettore sembra normale. E poi, solo leggendo racconti potresti imbatterti in una ‘mancuspia’ di Cortázar o ritrovarti all’improvviso in una cantina di Buenos Aires a guardare tutto l’universo da un unico punto, l’Aleph di Borges!
– È che non faccio in tempo a calarmi nella storia, che è già finita!
Ma questo è un pregio, caro Signor contrario, non un difetto! Che per me è fondamentale sovvertire e spaccare la forma romanzo; solo un racconto può farti provare la vertigine di un’estasi momentanea, quasi mistica, l’intensità dell’attimo fuggente o della «fugacità in una permanenza», come diceva Julio.
– Iglesias?
– Ma no, Cortázar, non fare lo stupido!
– Spiegati meglio.
– Posso raccontare storie, certamente, riutilizzare lo stile delle storie a cui certi lettori si sono abituati; vedi un buon racconto crea tensione; una delle mie scrittrici (di racconti) preferite, la O’Connor, diceva che: «è il significato ciò che impedisce a un racconto di essere breve, pure nella sua brevità». In effetti, l’effetto collaterale di un buon racconto è proprio che non finisce dopo aver letto l’ultima riga, ma diventa come una goccia che scava nella roccia, comincia a scavare dentro di te, diventerà indimenticabile e ti terrà compagnia per il resto della tua vita. È quello che Borges chiama l’al di là del racconto.
– Esagerato!
– Io ho scritto e scrivo con il massimo dell’onestà, in una forma che sorgiva farei germogliare in altro modo, rendendomi impubblicabile. Ti dico che leggere racconti aiuta a rimanere un pò bambini, a mantenere quello sguardo stupito e attento che solo in tenera età ci viene spontaneo, perché si sa subito come va a finire, che di solito è la cosa che interessa di più al bimbo che ascolta la storia, ma ti offre anche la possibilità di immaginare, per conto tuo, come continua la trama, giocando all’infinito con quella voglia irrefrenabile di sapere cosa succede dopo, ancora dopo, e dopo ancora, che si ha da piccoli. L’al di là del racconto, appunto.
– Mah io dico che la vita è troppo breve e che, forse, è meglio leggere prima i grandi autori, i grandi classici, i famosi cento libri imprescindibili.
– Certo, che poi cento non sono mai ma diventano migliaia e ti piglia lo sconforto, ahimè! In verità, quasi tutti i grandi autori si sono misurati con la forma del racconto, lasciando delle vere perle ai posteri che sono altrettanti classici imperdibili. Proprio perché la vita è breve, cosa c’è di meglio della brevità di un racconto? Ti faccio un esempio: La narrazione dei racconti di Bukowski riguarda prevalentemente la sua stessa vita, caratterizzata dall'abbinamento di scrittura, sesso, alcol, scommesse e massacranti lavori manuali. Ne sono nella fattispecie: Svastica, Stirkoff , La più bella donna della città, Ritorno a casa e Una birra al bar all'angolo, solo per citarne alcuni, che spesso l’hanno associato al movimento della "Beat generation" dato il suo anticonformismo verso la letteratura!
– Ah, ah, ah. Ma davvero?
– E già, i racconti vanno dritto al punto, senza perdite di tempo né descrizioni infinite o narrazioni complicate, ma non svelano mai tutto quel che ci sarebbe da svelare. Sono le cose scritte da me che mi soddisfano a pieno, perché mi hanno consentito un lavoro di inabissamento e incanto. I racconti sono votati alla comunicazione di determinate informazioni, alla scrittura che spacca e permettere finestre sull’oscurità che non si sa: a me interessano quelle finestre.
– Non so, rimango dell’idea che leggendo racconti non si riesca mai ad affezionarsi ad un personaggio, non ne hai il tempo.
– Lo pensi davvero? Prova a leggerne qualcuno nei mie libri: “Racconti e Racconti 2, ne troverai di tutti i tipi e poi ne riparliamo. Un buon racconto riesce a far diventare te un personaggio della trama e quindi ti ci affezionerai per forza.
– Ma vuoi mettere la compagnia che ti tiene un romanzo a confronto con quella di un racconto?
– È vero, un tempo anch’io la pensavo come te, preferivo romanzi possibilmente lunghi, mi sembrava che mi facessero maggiore compagnia e mi hanno trasportato a Macondo con Garcia Marquez, oppure a San Pietroburgo con Dostoevskij e a Bahia con Amado, ho vissuto nel Medioevo con la Undset, nell’Ottocento con la Austen e le sorelle Brontë, nel Tempo perduto e poi ritrovato di Proust, ma così come ci sono dei momenti in cui posso solo fare brevi passeggiate nel bosco e non lunghi viaggi oltreoceano, perché ho poco tempo a disposizione, mi piace sapere che in quel poco tempo posso anche leggere una storia breve, senza doverla interrompere a metà, e che questo avrà un effetto balsamico su di me. Io dico che un racconto al giorno è anche più terapeutico della famosa mela.
– Non so se mi hai convinto ma ci rifletterò.
– È proprio questo quello che speravo, che tu dessi una possibilità alle storie brevi, magari di voci nuove; il mio scopo e come quasi tutti gli autori di racconti, non è quello di convincere a tutti i costi o di reclutare adepti alla mia scuola di pensiero, ma frutto di attenta considerazione al ragionamento. Ah, dimenticavo, la prossima volta parleremo di qualche tuo racconto indimenticabile!



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Opera scritta il 19/02/2018 - 12:09
Da Savino Spina
Letta n.1338 volte.
Voto:
su 6 votanti


Commenti


Rispetto alla struttura di un romanzo, il racconto è più semplice e meno articolato, proprio perché nella brevità del testo non c’è spazio per sviluppare molti personaggi o situazioni. Un racconto infatti è un testo che comprende tutti gli elementi di una narrazione più lunga, ma condensati; proprio per questo, non è sempre facile scrivere racconti o storie brevi. Credo che il punto forte dei racconti e delle storie brevi, invece, è proprio quello di lasciare all’immaginazione del lettore il compito di completare e arricchire le ambientazioni con dettagli o di intuire i pensieri e i sentimenti dei personaggi dai pochi tratti; quindi concordo appieno su quanto dici.

Pica Giulia 21/02/2018 - 14:45

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Leggere racconti a me piace tantissimo, naturalmente avvincenti...difficile a volte farlo nel web per difficoltà, a volte di praticità... ma, sono d'accordo con il commento di Corrado ci sono Maestri come Moravia e Hemingway che abbiamo letto con passione e trasporto...e il racconto lascia traccia dentro noi, non meno di un romanzo o un saggio. Il tuo dialogo è avvincente.

Margherita Pisano 19/02/2018 - 19:42

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Sono d'accordo con te. Anche i racconti lasciano traccia della loro lettura, tutto sta nel saperli scrivere. Tu sei bravo a farlo. Complimenti vivissimi anche per questo dialogo, che senz'altro sarà convincente.

Teresa Peluso 19/02/2018 - 18:46

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Dialogo interessante!

Grazia Giuliani 19/02/2018 - 15:38

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Dialogo interessante!

Grazia Giuliani 19/02/2018 - 15:38

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Non potevo citarne tutti! Il paradosso dei racconti: piacciono a scrittori, lettori ed editori, ma vengono considerati letteratura di serie B. La letteratura, quella vera, è faticosa. Come lo sono i racconti. E lo è per tutti. Sia per gli scrittori, che devono avere fantasia e tecnica per saperli scrivere; sia per gli editori, che li devono pubblicare. Racconti e Racconti 2 sono miei.

Savino Spina 19/02/2018 - 15:38

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Il tema è interessante, e non privo di una certa logica. Ci sarebbero alcune cose da dire: primo che l'eventuale dialogo scrittore-lettore non è certamente rivolto ai siti di scrittura web, anche perché per quelli vale esattamente l'opposto: vengono letto quasi soltanto racconti brevissimi, il così detto taglio-web.
Però mi trovi molto d'accordo sull'al di là del racconto, e sul segno che lascia nel lettore. Io avrei aggiunto un grande maestro del settore, Dino Buzzati...ma anche Moravia ha scritto 60 racconti romani che sono favolosi...ma poi chi non ha letto i 49 racconti di Hemingway?
Tornando al brano, direi che è stato scritto bene ed i ragionamenti ben articolati e convincenti. Una curiosità: quei due libri chi li ha pubblicati?

Corrado B. 19/02/2018 - 14:48

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