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Un Tuffo nel Passato

Una chiamata dal mio vecchio cellulare, che avevo regalato a mia moglie compresa della sim della tre e che mia moglie mi passa; non prima di aver fatto il terzo grado ad un nome archiviato nella memoria. 35 anni fa. No, aspetta. Sono almeno 39. Eravamo a scuola insieme, abbiamo condiviso professori geniali e insegnanti nevrotici, interrogazioni e compiti a fiume. E poi, dopo il diploma, ciascuno per la sua strada. Alla fine i vecchi compagni di scuola, anche quelli più vicini, finiscono per perdersi di vista. Alla sua voce mi si apre il cuore: sono Giuseppe e facevo parte della mitica V D dell’itis F. Giordani, sto rintracciando tutti gli ex allievi della nostra classe, e con alcuni di loro abbiamo creato il gruppo su WhatsApp e ci divertiamo da matti. Gli rispondo che sono restio su WhatsApp; perché ho una certa idiosincrasia per il cellulare, ma che mi sarei attivato per la creazione del gruppo V D su fb. Il gruppo comincia a popolarsi di persone e di messaggi che sembra arrivino direttamente da un altro tempo. E qui, nasce la proposta sul ristorante dove prenotare e la contrattazione infinita sulla data del ritrovo, cominciano i dubbi e anche la paura. Se non mi riconoscono perché sono troppo invecchiato? A chi pensa che è l’unico uomo separato della rimpatriata. Chi , cosa diranno sul fatto che è precario, anche se ormai sull’orlo dei 59 anni? C’è chi teme di incespicare sui nomi, tentando di far coincidere l’immagine del ricordo con un viso reale che non gli assomiglia più. Una chiamata del genere che arriva dal passato, poi, costringe anche a compilare un bilancio della propria vita. Tutto bene per chi ha avuto successo e ha realizzato i propri progetti. Si può anche esibire la classica famiglia felice, accanto agli obiettivi professionali raggiunti. C’è anche chi finge di non esistere, di non avere un profilo Facebook e non conoscere nemmeno l’uso e l’esistenza di WhatsApp. Ma Giuseppe non molla e con garbo riesce a scovare anche i più refrattari e nel mio caso è prevalso la curiosità e soprattutto la voglia di rivedere dei miei compagni di viaggio del passato al di là di qualsiasi scotto da pagare. Chissà che fine ha fatto il tale, così bravo a scuola, oppure il tal altro, che invece era per tutti un asino patentato? Chissà se verrà anche la compagna di banco a cui ho affidato per anni i miei pensieri più segreti? E quella così antipatica che sparlava alle spalle di tutti? Insomma; ho gettato il cuore oltre l’ostacolo, ho spostato tutti gli impegni pur di esserci a quel raduno. Giuseppe mi ha raccontato degli eterni in bilico, quelli che solo all’ultimo minuto decidono se fare la loro comparsa e all’inizio su WhatsApp mandano al gruppo messaggi entusiasti: «Un’idea meravigliosa. Ci sarò senza dubbio». Poi, però, torturati dalla paura dell’impatto con il passato e del confronto (in perdita) tra chi erano e chi sono, si fanno prendere dal panico e fingono malanni. Salutati con rammarico da tutto il gruppo che digita partecipe: «Poverino, rimettiti, sarà per la prossima volta». E in realtà tutti pensano: «Anche tu, mio caro, hai una fifa matta». Avevamo concordato alla pizzeria Concettina ai tre santi nella Sanità a Napoli, con visita al Giordani, come sorta di peregrinazione della nostra psiche di ex alunni. Due giorni prima del fatidico rendez vous, Giuseppe mi avverte del cambiamento di programma, invece di Napoli al Cocco Pazzo di S. Nicola la strada (CE ), per non privarci della piacevole compagnia di Mariano, che a causa delle sue critiche condizioni di salute, non poteva affrontare spostamenti; quindi si è optato sotto casa sua. Alla fine arriva il momento atteso: difficile riconoscere tutti questi signori di mezza età. A volte è solo lo sguardo che aiuta, altre volte è la voce che è rimasta la stessa. La parte femminile, in genere, se la cava meglio. Merito delle maggiori cure che le donne, di norma, dedicano al proprio aspetto. Per alcune il tempo sembra proprio non essere passato: solo qualche piccola ruga intorno agli occhi, quando sorridono, denunciano che 39 anni se ne sono già andati dall’ultima volta che ci eravamo visti. Consapevoli di piacere al prossimo e persino vantare una linea più che apprezzabile; quelle tre ore circa, trascorrono via veloce tra gli aneddoti del passato raccontati a più voci, i ricordi condivisi, le gite di classe a mare ad Acqua morta al Monte di Procida o di quella volta in piscina nei pressi di Baia, il professore più amato, le storie d’amore tra compagni naufragate o, magari, sfociate in un matrimonio. Le cattive notizie della morte di Armando e Silvana, le precarie condizioni di salute di Mariano, Paola e la fugace apparizione di Pasquale, mi hanno privato di godere appieno di quelle fantastiche ore. Nonostante un impegno inderogabile, a cui non poteva esimersi; Pasquale ha avuto la carineria di venirci a salutare, anche se materialmente, quelle tre ore non le ha trascorse con noi; è come se ci fosse stato. Mi hanno messo a corrente del suo gesto di generosità e di quanto si è prodigato per far rimuovere il glioblastoma, che ha intaccato il sistema nervoso del nostro simpaticissimo compagno di scuola. L’interessamento dell’iter burocratico, affinché gli vengano riconosciuti i diritti del caso, oltre che prestare il suo conforto di amico fraterno. Tra gli altri compagni di scuola si è aperta una gara di solidarietà, che ha contribuito in parte ad alcune spese e prestazioni sanitarie. Ad attutire questa mia vena malinconica e di pathos, ci ha pensato la singolarità di Pina, che ha portato il suo vecchio camice di laboratorio, incise le nostre dediche e firme nell’ultimo giorno di scuola, prima che ci apprestassimo all’esame di stato. La esposto come reliquia e da lì abbiamo appurato di quanto fossimo balordi. Addirittura c’era un nostro compagno, aveva appuntato tre brevi scritti del tutto osè, un altro che lasciava trasparire il suo amore stilnovistico, c’è stato pure qualcuno che ha scritto qualcosa di poco elegante, che va al di là di una pacata freddura o battuta qualsivoglia. Dulcis in fundo del timidone, che non riesce ad esprimere il suo amore platonico e scrive qualcosa di indecifrabile e incomprensibile. Voglio esprimere la mia gratitudine a Giuseppe, Mariano,Pasquale, Luciano, Pina, Ornella, Franco, Cosimo, Gennaro, Diana, Russo, Cutillo, Nardiello, al nostro centravanti e bomber della squadra di calcio VD, per il bel salto nel passato che mi hanno regalato. Inoltre un pensiero rivolto ai compagni di scuola non intervenuti, con la speranza di incontrarli un giorno ad una prossima rimpatriata. Mi sono chiesto: quali sono le motivazioni che hanno spinto un gruppo eterogeneo come il nostro, alle soglie dei 60 anni, sparse su e giù per l’Italia, a ritrovarsi dopo tanto tempo? Forse sarebbe meglio conservare i ricordi della giovinezza così come sono, incastonati nel passato ideale. E poi perché sottoporsi allo stress di venire giudicati, soppesati per l’aspetto, per la riuscita professionale e personale, quando sarebbe così facile lasciare le cose come stanno. Ma qualcosa che resta, al di là delle chiacchiere e dei ricordi tra vecchi compagni di scuola, c’è. È l’emozione di guardarsi indietro e, con un senso di vertigine, scoprire quanta strada abbiamo fatto e la direzione che abbiamo preso. È la certezza di venire proprio da lì, di avere delle radici e delle motivazioni in comune con quelli che, a prima vista, sono solo un gruppo di signori di mezza età un po’ attempati. E invece sono proprio loro: i tuoi compagni di scuola, per vivere un momento della vita unico e irripetibile! Un tuffo nel passato, riemergere nel presente per proiettarsi nel futuro.



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Opera scritta il 01/04/2018 - 17:58
Da Savino Spina
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