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Tre corse in tram

Tre corse in tram


Prima corsa


Proprio oggi doveva rompersi quella dannata macchina! Qua dentro si crepa dal caldo… ma i tram, non ce l’hanno il climatizzatore?
Ma dico io: se devi guastarti, fallo fuori di casa, dammi la possibilità di prendere l’altra macchina. No, mi porta fino in città e sul più bello mi pianta a mezza via. Brutta stronza!
E poi, se proprio lo dovevi fare, se hai deciso di lasciarmi a piedi in periferia, proprio il giorno dello sciopero dei tassisti dovevi scegliere?
E no, questo non si può chiamare: caso. Questa è una vendetta bella e buona. Ma cosa avrò mai fatto a quel dannato turbodiesel?
Ancora tre fermate poi lascerò questo carnaio. Non avrei mai pensato che dentro un tram ci potesse stare così tanta gente… in quanti saremo qui dentro pressati come sardine… cinquanta, cento… mah, vallo a sapere.
Vediamo se scende qualcuno a questa fermata.
Beh, non male, il tram si è mezzo svuotato; ma quegli stronzi hanno lasciato qui i loro cattivi odori… Va beh, pazientiamo, ancora due fermate e l’incubo sarà finito.
Eccola lì, la solita zingarella che sale a far la questua, ti allunga la mano in attesa dell’obolo e con l’altra cerca di fregarti il portafoglio.
Troppi ce ne sono di questi stramaledetti zingari in giro, sono parassiti, zecche schifose da estirpare dal tessuto sociale! Fosse per me li metterei in fila e li accompagnerei dritti alla frontiera con il foglio di via in mano, e pedalare!
Guarda come insiste con quel povero diavolo… meglio preparare qualche euro in tasca, come arriva, glieli allungo e via andare.
Però?! Ha due occhi neri e lunghi che rapiscono lo sguardo… e che dire dell’ovale del volto incorniciato da lunghi nerissimi cappelli.
Sotto quella maglietta lercia deve nascondere un seno da urlo; non grande, ma sicuramente bello sodo.
E sotto l’ampia gonna, deve celare due gambe lunghe e snelle. Scommetto che non indossa nemmeno le mutande, non le portano mai; rammento che l’anno scorso vidi una vecchia zingara ferma in mezzo alla strada fare i suoi bisogni in piedi con una naturalezza che mi lasciò di stucco: se non avessi visto un rigo di urina bagnare l’asfalto, non me ne sarei neanche accorto.
Lavata e vestita come Dio comanda, questa darebbe dei punti a molte gran signore e signorine delle notti meneghine.
Eccola che arriva: «Tieni». Sono dieci euro, chissà se li ha mai visti tutti assieme.
«Grazie signore, tu sei molto buono.»
O molto coglione. Ma come si fa a restare indifferente davanti a due occhi come i tuoi: «E tu sei molto bella».
«Sei buono e anche galante, posso ricambiare?»
Che voce sensuale, che splendido sorriso; denti bianchissimi, stupendi: «Ricambiare… con che cosa?»
«Con un bacio.»
Un bacio… sì che mi piacerebbe sfiorare quelle labbra carnose, ma non lo posso fare: «Lascia stare, consideralo accettato».
«Non vuoi… ti faccio schifo?!»
Che fa, alza la voce, si arrabbia pure; la gente comincia a guardare, meglio tagliar corto: «Non è mio costume accettare effusioni da chi non conosco».
«Mi chiamo Marika, ora mi conosci… e tu, come ti chiami?»
Cazzo, non riesco a togliermela dalle palle… là in fondo c’è la prossima fermata, speriamo che scenda lì.
«Allora? Sbrigati che devo scendere, dimmi il tuo nome!»
Insiste, cosa le posso dire… proviamo a procrastinare: «Te lo dirò domani». Ci sta pensando, speriamo che funzioni.
«Ok… allora a domani, io scendo qui… ciao, mio bel signore.»
«Ciao.» Meno male che scende qua.
Eccola là sulla banchina… Ma che fa? Rincorre il tram, agita le braccia, mi manda un bacio… dice qualcosa, mi sembra: ti amo, a domani.
Questa è tutta matta, continua a rincorrere il tram, aspetta una risposta… meglio che gli faccia cenno di sì, prima che finisca sotto le ruote di qualche automobile.
Eccola, si è fermata… sorride; sei bellissima, se ci fossimo incontrati in un altro contesto avremmo potuto amarci, ma apparteniamo a due mondi agli antipodi. Domani io salirò sulla mia lussuosa fuoriserie per recarmi in ufficio, tu salirai sul tram a raccattare il quotidiano obolo…non c’incontreremo mai più, mia bella zingarella.


Seconda corsa.


Non ci ho dormito tutta notte, e ora eccomi qua; ho parcheggiato la macchina nel silos, e sono corso alla fermata… eccolo che arriva.
La solita aria irrespirabile, il solito carnaio; alla prossima fermata una buona metà dovrebbe scendere… e arriverà lei.
Devo essere impazzito: può un uomo nella mia posizione, perdere la testa per una zingarella incontrata per caso una sola volta sul tram?
Sì che può, se ancora oggi sono qui che fremo come un ragazzino al primo appuntamento, significa che ci si può innamorare a prima vista di una ragazza dagli occhi neri, vestita di stracci, che emana odor di fumo misto ad aglio.
No, non può essere amore; è solo la voglia di provare qualcosa di diverso, di portarmela a casa, lavarla, profumarla e poi farci del sesso sfrenato; a questo pensavo stanotte, un desiderio che con l’amore c’entra poco o niente.
Ecco la fermata… Avanti, sbrigatevi a scendere… finito, ora tocca a chi deve salire.
Una signora con la borsa della spesa… un pensionato claudicante… mah, che fa, chiude le porte? Aspetta, c’è ancora qualcuno che deve salire!
Sta partendo, la fermata è deserta, non è venuta; mi ha preso per il culo, la stronza!
Meglio così, era una storia che non stava in piedi.
Ho perso un’ora buona, per inseguire il nulla; rischiando di arrivare in ritardo in tribunale… Eccola lì la fermata, devo correre, salire i gradini a quattro a quattro; il mio cliente mi aspetta in aula, se non arrivo in tempo il giudice rinvia l’udienza, allora sì sarebbe un guaio, slitterebbe alle calende greche, la sentenza.


Terza corsa


Oggi niente corse, posso prendermela comoda, devo solo consegnare delle carte in cancelleria.
Questo vorrei dire al vecchio seduto sempre allo stesso posto, che guarda la mia ventiquattrore e si chiede che cosa ci faccio ancora sul suo tram.
Ma poi, perché dovrei inventarmi una scusa, potrei dire la verità, oppure affrontarlo a muso duro dicendogli: cos’hai da guardare, non hai mai visto un avvocato andare in tram? Come ci puoi andare tu, ci posso stare anch’io. Il tram non è né tuo né mio, il tram è democratico, è di tutti, anche di quella zingarella che l’altro giorno scacciasti in malo modo; e che, forse, per colpa tua ha cambiato corsa.
Ti ucciderei per questo… oppure ti bacerei, mi hai salvato sull’orlo del precipizio.
Anche oggi è andata buca, non c’è il due senza il tre, mi son detto stamattina, il tre è uscito, lei no!
Devo scordarmi in fretta di questa folle storia, togliermi dalla testa la pazza idea di portarmi a letto la zingarella. Per fortuna domani parto, una settimana alle Maldive in buona compagnia mi farà rinsavire.
Ecco la fermata, andiamo a consegnare ste’ quattro scartoffie, e poi via andare, a fare le valige.
Eccolo lì, a far la fila davanti alla cancelleria, il ragazzo di bottega: «Ciao Antonio».
«Buona giornata dottore. Ha portato la documentazione?»
«Eccola. Che numero hai?»
«Il sessantuno.»
«Beh, dovresti cavartela in un paio d’ore. Ti saluto, ci vedremo fra sette giorni. Chiamami solo per le urgenze.»
«Non si preoccupi. Buone vacanza dottore!»
Sette giorni senza calpestare i marmi di questi corridoi, dove la legge “dovrebbe” essere uguale per tutti, non potrà che farmi bene. Sentivo proprio il bisogno di un periodo di catarsi lontano dalla sporcizia che aleggia sotto questi altissimi soffitti.
Mah, quella seduta in fondo al corridoio in manette, in mezzo a due guardie carcerarie è lei; che cosa avrà combinato? Uno dei due lo conosco, vado a chiederglielo.
«Buongiorno avvocato!»
«Buongiorno Anselmo… Che ci fa qui?»
«Ho accompagnato quella. L’hanno arrestata l’altro giorno, ha aggredito un vigile urbano chiamato dal conducente del tram perché non aveva pagato la corsa e non voleva scendere. Una belva scatenata, così la descrivono i testimoni; le ha quasi scarnificato il volto con le unghie: quindici giorni di prognosi salvo complicazioni. L’ha ridotto davvero male il pover’uomo.»
«E’ colpa sua! Io mi sono solo difesa! Mi ha preso per i cappelli e trascinato lungo il corridoio del tram, voleva buttarmi fuori il bastardo!»
«Torna a sederti e non urlare! Non sei mica in mezzo a un campo! Vuoi beccarti un’altra denuncia?»
«Lasci stare, Anselmo, ora si calma, ci penso io. Torna a sederti e lasciami parlare con l’agente!» Mamma mia che occhi fiammeggianti, quando si arrabbia i lineamenti dello sguardo assumono le fattezze di quello di una belva… quanto mi arrapa questo suo essere selvaggia.
Ecco si sta calmando, torna a sedersi: «Ok, ora non dire niente, lascia parlare me».
«Processo per direttissima?»
«Esatto, l’udienza dovrebbe iniziare fra poco.»
«Ha già l’avvocato?»
«No, gliene assegneranno uno d’ufficio.»
«Assumerò io la difesa.»
“Lei?! Avvocato, ma questa non ha neanche gli occhi per piangere, non può permettersi nemmeno un avvocaticchio alle prime armi, come farà a pagare la parcella a un principe del foro? A meno che non voglia difenderla gratis.»
«Per principio non fornisco mai prestazioni gratis. Troverà il modo di saldare la parcella. Devo chiederle se accetta che assuma la difesa.»
«Faccia pure, avvocato… contento lei…»
«Allora? Tocca a te decidere?»
… Che fa’, ci pensa?
«Sarei venuta, non è stata colpa mia… mi spiace.»
Ora lo so, avremo tempo di riparlarne dopo l’udienza, lontano da orecchie indiscrete. Ora non posso espormi, questi due potrebbero riportare i nostri dialoghi, diventerei lo zimbello del palazzo di giustizia. Ho una reputazione da difendere, cerca di capirlo leggendomi lo sguardo, piccola mia:
«Della linea di difesa, parleremo in aula… ora devi solamente dirmi se accetti il mio patrocinio».
«Sì! Sì! Sì! Accetto!»
Ok, ok. Con calma, troppo entusiasmo potrebbe insospettire: «Aspetta qui con loro, vado a notificare la difesa e torno».
«Fai presto… ho paura.»
«Non ne devi avere; sei in una botte di ferro: l’avvocato Pini è uno dei migliori sulla piazza.»
«La ringrazio, Anselmo, l’affido a lei, tratti bene la mia cliente.»
«Non si preoccupi, dottore.»
«Molto bene, ti sei calmata?»
«Sì, ti aspetto, fai presto.»
«Farò il prima possibile.»
Bene, questa è fatta. Ora non mi rimane che tirarla fuori da qui e portarla a casa mia, devo capire quanto m’intriga stare con lei… Per ora l’unica certezza è che mi sono giocato una settimana alle Maldive; speriamo almeno che ne sia valsa la pena… Ma questo, come diceva la canzone: lo scopriremo solo vivendo.
Già, vedremo se tre corse in tram, saranno in grado di cancellare certezze sedimentate da tempo immemore sullo stile di vita… oggi mi sento particolarmente magnanimo nel giudicare, diciamo: inurbano degli zingari.


FINE




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Racconto scritto il 12/09/2018 - 18:50
Da vecchio scarpone
Letta n.841 volte.
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Commenti


è un racconto d'amore in tre atti.
Ti ringrazio.
Ciao Antonio.
Giancarlo

vecchio scarpone 14/09/2018 - 13:05

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Racconto molto bello.

Antonio Girardi 14/09/2018 - 11:51

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tre giornate che iniziano su un tram (chiamato desiderio?), e che alla fine del trittico potrebbero concludersi felicemente... oppure no... Ti ringrazio.
Ciao Glauco.
Giancarlo

vecchio scarpone 13/09/2018 - 15:47

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Molto carino questo racconto, quasi una scansione cinematografica...

Glauco Ballantini 13/09/2018 - 08:37

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