Un pomeriggio di novembre di qualche anno fa, sono stata invitata a casa di un ragazzo.
Dopo aver parcheggiato la macchina, inizio a percorrere la strada indicata, cercando il numero della via.
Non ero mai stata prima a trovarlo.
Davanti a me, una folta vegetazione con alberi enormi, mi faceva proprio pensare d' essere finita in un bosco.
C' era pure la nebbia, assieme allo scricchiolio delle foglie sotto i miei piedi.
Camminavo leggera come una piuma,  finché sento una voce dirmi: <<non avere paura, sono qui>>
All' improvviso mi trovo davanti a una villa enorme del medioevo.
Forse sono ritornata in gita, chissà!
Mi avvicino al ragazzo chiedendogli se abita in un castello.
Tra poco apparirà il mio principe, speriamo non una rana.
Lui mi dice che è casa sua, la villa era di un conte,  poi l' ha comprata suo nonno.
Conte Federico ottavo di Udine, scherzo.
Ah però, figo te e la casa inquietante!
Lo seguo ed entro facendo Scherlok holmes con la borsetta panna, sosp... (continua)

L'obnubilamento serotino postprandiale causato dai dibattiti politici socio - culturali,
storico- sanitari e tardo rinascimentali di Porta a Porta, porta appunto, ad uno scardinamento progressivo degli incontri per l'apericena del sabato sera con gli amici del quartierino stremati da una settimana interminabile di scontri televisivi vax e no-vax... e basta! Mettetevi il cuore in pax e non rompete più il cax!!
Quindi, lo straniamento piriforme dello status quo(ma anche qui e qua) di tipo equinoziale del fattore K, si ripercuote ossessivamente nella vendita in nero(ma anche in grigio, giallo e verde)
delle infradito cinesi nei mercatini abusivi di Porta Portese e tutto ciò porta ad un ridimensionamento ortostatico cuneiforme antigravitazionale nella cottura del pane di Altamura tarocco senza lievito madre, padre, figlio e 'soreta e senza solfati, solfiti e solfeggi vari.
A questo punto, prendete appunti, per uscire da questo ginepraio e distrarsi è meglio dedicarsi allo studio de... (continua)

«Hai i secondi contati!» gridò con aria spavalda il cavaliere corazzato, brandendo un'ascia bipenne contro la bestia squamosa di colore verde che torreggiava sopra di lui. 
«Sono William Knight di Black Rock, il miglior cacciatore di mostri! Tra breve, nel mio castello, appenderò la tua testa schifosa sopra il camino del salone!» seguitò a dire, sempre più spaccone.
Il drago fumante, sbuffò spazientito, innalzando i piccoli occhi rossi al cielo. Dopo aver ticchettato gli artigli sul terreno per decine e decine di minuti, decise di passare all'azione.
«Sono Dragan dettò Dragà!» esclamò l'alata creatura, ondeggiando la coda e dispiegando le ali come se fossero due ventagli. Senza troppi complimenti sputò un'enorme fiammata, tramutando l'inconcludente cavaliere in ferro incandescente, fumo e arrosto, per poi mangiarselo con gusto. Infine, si avviò verso l'antro di una caverna, collocata in una montagna inaccessibile per una pennichella.
«Ah, dimenticavo: divoratore di smargiassi e d... (continua)

Orfana. Sarebbe stata una parola travolta dalle onde. Finalmente lontana dai suoi occhi spesso increduli, screziati di verde come il fondo di quel mare burrascoso.
Eva raggiunse il molo negando a se stessa qualsiasi colpa, guardandosi i polsi ancora bendati, desiderosa di sciogliere quelle ferite silenziose.
Ripensò agli anni dell’orfanotrofio, a quanto fosse difficile fare colazione e decifrare speranze.
L’attesa per una famiglia che potesse amarla, il suono di un campanello verso cui tendere la mano: avevano rappresentato porzioni di un sogno che Eva aveva occupato con tutta se stessa, spazi immacolati della sua mente che l’avevano protetta dalle notti buie delle camerate.

«È ora, è ora!» si sentì ripetere, da quell’onda che pulsava ansiosamente, a intervalli sempre meno frequenti, mentre una rete da pesca defluiva lungo gli argini della marea.
Aveva al collo una catenina con il suo nome inciso, EVA, l’unico indizio della sua vita precedente, perché una madre aveva voluto fort... (continua)

Quel mattino il sole si era svegliato
presto come sempre insieme all'amica Aurora per regalare luce ed calore a tutta la Natura in attesa di rinascere.
Spaziando con il sguardo si accorse
che uno dei suoi fiori preferiti,
quella mattina non si era svegliato.
Gigì era un giovane girasole che
per sua scelta aveva deciso di non
imitare i suoi fratelli, tutti pronti
a seguire la strada del sole aprendo
al massimo i loro bellissimi petali gialli, col fusto dritto e la testa alta.
Il sole usando uno dei sui raggi:
‘’Toc…toc…ehi!!! Gigì… svegliati è tardi,
manchi solo tu… e dai… non farti pregare’’.
Dopo un po’ di resistenza Gigì alzò
piano piano uno dei suoi petali e
tutto infastidito, con una voce un po’ alterata rispose:
’’Ma insomma!!! E’ possibile che non
mi lasci mai in pace? Sappi che da oggi ho deciso di non seguire più i miei fratelli, preferisco finire i miei giorni così, considerando che non potrò mai conoscere il mondo che mi circonda,
non voglio essere cos... (continua)

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