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Butterfly - L'effetto farfalla

Che quel giorno sarebbe andato tutto storto Thomas Anderson lo capì fin dal mattino. Vestito di tutto punto nel suo completo migliore, il contenuto della tazzina non aveva trovato di meglio che riversarsi sulla sua giacca color azzurro cielo, presagendo con un tono pastello sinistro quello che sarebbe stato l’esito della riunione che lo attendeva da lì a un’ora. Nonostante tutto la signora Anderson non si perse di coraggio e rifilò al marito una vecchia giacca con un intreccio fantasia che Thomas non indossava più da molto tempo. “Tieni, mettiti questa, forse sembrando un poveraccio, riuscirai ad ottenere questo tanto atteso aumento”. L’uomo si armò di coraggio e uscì di casa salutando sua figlia Emily di 8 anni. “Papà, questa volta me lo porti un regalino?”. Il signor Anderson non era avvezzo a portare regali in casa ma se avesse ottenuto quello che si aspettava dalla riunione, stavolta non avrebbe deluso sua figlia.


A circa dieci chilometri di distanza, seduto in un autogrill, Mich Delacroix stava consumando il suo terzo panino con porchetta, funghi e maionese. Si rivolse al barista con uno sguardo di sufficienza e sputacchiando sul tavolo ordinò la quarta birra del giorno. “Non è giusto” pensò. Non era proprio giusto. Io sono grande e grosso e non posso morire per colpa di uno stupido cancro ai polmoni… e come aveva detto il dottore?! Ah, si. Un tumore a piccole cellule. Ma ci pensate, c’è da diventar pazzi. Io devo crepare per delle piccole cellule che sono impazzite. No, non me ne andrò così, morirò in un altro modo. L’arrivo della birra lo destò dai suoi pensieri ma non dalla sua determinazione. Non aveva nulla da perdere. Faceva il camionista da quando aveva vent’anni, ora ne erano passati altri venti, un matrimonio fallito alle spalle e nessun figlio a cui pensare. In fondo la sua era stata proprio un’esistenza di merda. La gente intorno a lui era felice, per lo meno sembrava felice, lui non faceva neanche finta di esserlo. Ogni giorno “monta e smonta” carichi sul camion con viaggi che durano anche quindici ore. Poi la notizia del tumore appena tre giorni prima. Basta. Tutti noi siamo come delle piccole cellule, il Padreterno ha deciso che io sono il cancro e quindi mi comporterò come una cellula impazzita, ucciderò le altre sane, oh si se lo farò… La risata malefica fù interrotta da un eccesso di tosse che fece girare le persone sedute accanto a lui nel bancone. Si asciugò la saliva con il braccio e con noncuranza tornò a mangiare il panino.


Thomas Anderson ebbe il tempo in macchina di pensare a sua figlia Amanda, la primogenita. Lo faceva quasi sempre ogni mattina, ormai erano circa cinque anni che non si vedevano più, da quel maledetto giorno in cui la buttò fuori di casa. Era successo tutto nel giro di pochi mesi. Ai tempi sua figlia aveva appena sedici anni e aveva detto ai suoi genitori di voler andare a vivere con un ragazzo che aveva il doppio dei suoi anni. Thomas distrusse quasi mezza casa durante la discussione e alla fine pronunciò la classica frase: “Se esci da questa casa non ci metterai più piede, per me sei morta”. Amanda fece le valigie e partì. Non lo salutò nemmeno (quel giorno lui era a lavoro) e quando il signor Anderson tornò a casa trovò la moglie in lacrime che accudiva la figlia più piccola. Non ebbe bisogno neanche di chiedere per capire cosa fosse accaduto. I primi giorni aspettarono ansiosi una telefonata, poi smisero di sperarci. Il bello è che Thomas non ricordava neanche il nome del ragazzo e, anche ammesso che fosse riuscito a farselo venire in mente, il cognome sarebbe rimasto ignoto. Si rivolsero alla polizia ma senza successo, dopotutto sua figlia era andata via di casa volontariamente e dopo un litigio per di più. L’unica speranza per loro era che lei si facesse viva spontaneamente.


Mich Delacroix montò sul camion e sganciò una delle sue micidiali scoregge, dopo essersi compiaciuto della sua fragranza, decise di abbassare il finestrino e di accendersi la proverbiale sigaretta. Questa sarebbe stata l’ultima pensò, così il medico sarebbe stato contento. Proruppe in un’altra sgradevole risata interrotta dal solito eccesso di tosse. Sputò fuori dal finestrino e mise in moto il camion.


La macchina del signor Anderson e il camion di Delacroix non viaggiavano in direzione opposta, tutt’altro. Però le loro strade erano destinate ad incrociarsi e non solo metaforicamente. Così come una vena ed una arteria viaggiano parallele nella retina di un occhio umano, c’è un momento in cui l’arteria passa sopra la vena e le strade su cui viaggiavano i due mezzi si prospettavano allo stesso modo. Se qualcuno avesse potuto vedere la scena dall’alto avrebbe detto che quelle macchine si muovevano con lo stesso spirito dei globuli rossi dentro i vasi, ignari della fatalità che li stava attendendo.


Thomas Anderson si sentiva pizzicare proprio sotto l’ascella, lo sapeva che questa giacca era scomoda ma la mattina non aveva voluto fare storie con la moglie, adesso il suo unico pensiero era la riunione e doveva arrivarci in tempo.


Mich Delacroix decise che quel ponte di fronte a lui sarebbe stato perfetto per un bel volo nella strada sottostante. Il suo ultimo pensiero lo rivolse a quella baldracca di sua moglie, probabilmente da questa storia lei ci avrebbe guadagnato pure un bel gruzzoletto, in fondo non s’erano mai separati legalmente, non sapeva neanche dove fosse adesso ma la notizia l’avrebbe raggiunta certamente. Pigiò di più sull’acceleratore e sterzò bruscamente alla sua destra. L’ultima rumore che sentì fu il guard rail che si spezzava. Poi il volo e più nulla.



“… siamo in grado di mostrarvi le prime immagini dell’incidente, un TIR di ventidue tonnellate è precipitato dal ponte, ecco, lo vedete proprio di fronte a voi … nell’impatto, con la strada sottostante, sono rimaste coinvolte sei macchine … come vi dicevo, è stato uno scontro tremendo, pensate che alcuni pezzi di lamiera, ruote e vetro sono stati ritrovati a circa trecento metri di distanza … non si sanno ancora le cause che hanno portato al disastro, secondo un primo riscontro si pensa ad un malore del conducente, il numero delle vittime è salito a dodici fra cui un bambino ma i vigili del fuoco stanno ancora estraendo dei corpi dalle lamiere … vi terremo aggiornati sulle ultime novità, intanto vi restituisco la linea …”



La signora Anderson entrò in cucina con il pentolone pieno di minestra e guardando la figlia esclamò: << Spegni la televisione e vai a lavarti le mani, la cena è pronta. >> Poi guardò l’orologio, erano dodici ore che suo marito mancava da casa, per quanto tempo lo avrebbero ancora trattenuto… Poi improvvisamente bussarono alla porta, la signora Anderson si affrettò ad aprire ma si trovò di fronte due poliziotti dall’aria cupa, uno dei due parlò con aria sommessa: << Lo abbiamo accompagnato noi a casa, è molto scosso ma è stato utile nella ricostruzione dell’accaduto, lo lasci riposare, è stata una giornata tremenda, per tutti…>>


Thomas Anderson varcò la soglia di casa ed abbracciò la moglie, subito la figlioletta si aggiunse alla ricostruzione del quadro familiare. Il signor Anderson era quello che potrebbe definirsi un uomo distrutto, pallido in viso, camicia sudata, cravatta slacciata, si accasciò sul divano ed…evitò di guardare la moglie negli occhi. Alla signora Anderson non sfuggì lo strano atteggiamento del marito e incalzò: << Non ti preoccupare per il lavoro, Thomas. Vivremo in maniera decente, anche senza quel dannato aumento. >>


Thomas decise d’essere diretto, come la lama fredda d’un samurai che affetta un’anguria: << So dov’è Amanda. >>


La signora Anderson rimase immobile di fronte a lui. Per un attimo intorno a loro scomparvero i suoni e le luci. Restarono solo i loro occhi a fissarsi. Poi Thomas aggiunse: << E…e mi ha salvato la vita stamattina. Cristo, potevo esserci io dentro una di quelle macchine accartocciate…>> Due lacrime cominciarono a solcare il viso del signor Anderson, fece una breve risata amara, poi continuò: << Anche tu hai contribuito, anzi, direi quasi che sei stata determinante. Quell’orribile giacca che non mettevo da anni, anzi, per la precisione da cinque anni, da quando Amanda se n’è andata di casa. Nel taschino interno c’era una biglietto scritto proprio da lei. Mi sentivo pizzicare sotto l’ascella e così ho accostato. Puoi immaginare la sorpresa quando ho letto il contenuto. Un attimo dopo ho sentito il botto tremendo. Sulla mia macchina ha cominciato a piovere di tutto, pezzi di vetro, di lamiera, poi le macchine hanno preso fuoco, è…è stato orribile. Poi sono arrivate le ambulanze, l’elicottero, non credo si sia salvato qualcuno, vedevo solo persone intorno che urlavano in modo disperato e che si portavano le mani ai capelli… Ho chiamato subito te per tranquillizzarti e sono andato dalla polizia per testimoniare, non me la sono sentita di dirtelo per telefono. Scusami… >>


Il signor Anderson prese il biglietto e lo passò alla moglie.


“Caro papà, mi dispiace molto per quello che è successo l’altro giorno. Non abbiamo mai litigato nella nostra vita e l’unica volta che l’abbiamo fatto mi hai buttata fuori di casa. Non voglio fare soffrire te e la mamma per causa mia ma vi chiedo di lasciarmi vivere la mia vita, amo Julyan e credo che sia un bravo ragazzo, anche se ha il doppio dei miei anni. E’ molto preso dal suo lavoro di veterinario ma mi tratta bene, mi fa sentire una regina, vi chiedo di non giudicarlo senza conoscerlo. Sto andando a vivere con lui nella sua casa in campagna dove ha una fattoria. Questo è l’indirizzo: Weld County Rd 49. Spero che possiate venire a trovarci presto. Con immenso affetto, vostra figlia Amanda.”


La signora Anderson senza rendersene conto era diventata una maschera di lacrime. Con mano tremante andò a prendere l’elenco telefonico e lo passò al marito. Dopo una breve ricerca, Thomas Anderson si accomodò nella poltrona accanto al telefono, attese solamente il tempo di tre squilli, poi rispose una voce acuta e nervosa, classica di chi è stata interrotta nel momento clou della preparazione di una torta o di un arrosto:


<< Pronto? ... Chi parla? … Allora?! >>


Dall’altra parte della cornetta arrivò solo un sospiro ma fu sufficiente…


<< Papà … sei tu?! >>




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Opera scritta il 29/01/2016 - 21:06
Da Seby Flavio Gulisano
Letta n.1094 volte.
Voto:
su 6 votanti


Commenti


Grazie, Professore.

Seby Flavio Gulisano 31/01/2016 - 12:40

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Bel racconto a intreccio, con una buona caratterizzazione di personaggi e ambiente.
Tutta la prima parte, se fosse stato un film, sarebbe stata espressa con un bel montaggio alternato, pieno di drammatica aspettativa.

Giuseppe Novellino 31/01/2016 - 12:21

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Grazie Salvo, troppo buono. Devo confessarti che anch'io ho girato ad amici e parenti alcuni dei tuoi racconti. Ho visto che ne hai scritto tantissimi, toccando molti generi letterari, con calma li leggerò tutti. A presto! Viva la nostra terra!

Seby Flavio Gulisano 30/01/2016 - 16:02

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Ho letto con molta attenzione questo bel racconto, anzi, ad onor le vero, l'ho copiato e archiviato tra i miei preferiti.
Trovo straordinaria la tua capacità di creare personaggi e ambientazioni, dando loro la giusta caratterizzazione e collocazione, in un intreccio di storie quotidiane ben congegnate. Ho anche apprezzato la metafora dei vasi sanguigni e la trovata della giacca che punge. Complimenti...da un siciliano come te. 5*

salvo bonafè 30/01/2016 - 15:25

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Grazie Nadia! Interessanti le spiegazioni aggiunte. A rileggersi!

Seby Flavio Gulisano 30/01/2016 - 11:11

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Bel racconto, originale il finale dolce, a sorpresa. Il Microcitoma è proprio un brutto tumore ha ragione a preoccuparsi il personaggio...l'atteggiamento di rabbia come ben descrivi, fa parte della prima fase delle reazioni di un paziente che sa di avere un tumore e poi nel camionista si sposa alla perfezione.Che dire altro...Bravo!
Nadia
5*

Nadia Sonzini 30/01/2016 - 11:01

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Grazie per la segnalazione, Gennarino. Provvederò a correggere. E grazie naturalmente per i complimenti! Un caro saluto a te e alla tua splendida Napoli!

Seby Flavio Gulisano 30/01/2016 - 09:25

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Molto bello, emozionnte ed avvicente...bellissimo il modo di narrare diversamente i due protagonisti, l'autista e il padre di Amanda. massimo dei voti naturalmente, ma visto che stiamo facendo un gruppo come si deve ti segnalo una svista...A circa dieci chilometri di distanza, seduto in un autogrill, Mich Delacroix, stava consumando il suo terzo panino con porchetta...la virgola dopo il soggetto va assolutamente tolta e credo che sia davvero una svista perché la tua punteggiatura, e non solo, è impeccabile sempre...olè, bravo Seby, bell'acquisto per il sito. *****

Gennarino Ammore 30/01/2016 - 09:20

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Grazie, Glauco. Il paragone con Duel mi lusinga. A presto!

Seby Flavio Gulisano 30/01/2016 - 08:49

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Molto bello, emozionante. All'inizio mi ha ricordato "Duel" il primo film di Spielberg. Un'auto e un camion, un appuntamento con la morte che aspetta solo te, poi la sorpresa e il finale.
Davvero un bel soggetto anche per un film...

Glauco Ballantini 30/01/2016 - 08:38

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