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Una chitarra a freccia

UNA CHITARRA A FRECCIA



Novembre 1966. Una triste serata d’autunno.
Pioveva a dirotto.
Giuseppe udì sbattere la porta d’ingresso: uno di quei rumori domestici, fastidiosi, che tra l’altro avevano il potere di ridurre la già scarsa concentrazione nello studio.
Emerse dalla sua versione di latino e si lasciò andare contro lo schienale della sedia, sbuffando.
- Insomma, Lorenzo! – rimproverava in quel momento la mamma, intenta a preparare la cena. – Devi sempre essere scambiato per un plotone di bersaglieri, quando entri?
Fece seguito un urlo, come quello di Tarzan quando si lancia appeso a una liana.
Giuseppe balzò in piedi. Questo era troppo, non si poteva stare tranquilli in quella benedetta casa. Nel momento che usciva dall’angusta cameretta, urtò contro il fratello.
Lorenzo era eccitatissimo.
- Ma che diavolo…- fece Giuseppe, al colmo dell’irritazione.
- Ce l’ho fatta, Giuse. Vieni a vedere che roba! - Lo trascinò come se fosse un pesante sacco di patate.
Nell’atrio c’era una rigida custodia per chitarra.
Giuseppe sgranò tanto d’occhi. – Non dirmi…
- Sì, sì, sì! È proprio lei, la “Eko Rokes”!
Fammi vedere, disse il fratello, eccitato.
I due suonavano nello stesso complesso, gli Evasi. Solo che, a differenza di Lorenzo e degli altri due compagni musicisti, Giuseppe era un fan dell’Equipe 84. I primi tre, invece, impazzivano per i Rokes. Comunque ne veniva fuori un bell’impasto di sfumature musicali. I loro risultati erano discreti, soprattutto quando si cimentavano nelle canzoni del famoso quartetto italiano, che però eseguivano con evidente spirito “rokesiano”. Lorenzo e il bassista Francesco, infatti, riuscivano ad armonizzare le loro voci, al punto di assomigliare ai coretti dei Rokes.
Lorenzo estrasse lo strumento e lo tenne sollevato in aria.
Rimasero in silenzio.
Una meraviglia.
Poi se lo mise a tracolla, allargò le gambe e accennò un gesto arioso, come quello dei suoi mitici Rokes.
- Allora hai concluso lo scambio – disse Giuseppe, dopo un bel momento.
- Sì.
- Il motorino… - Era di Lorenzo, ma veniva poco utilizzato. Entrambi si servivano della vecchia Lambretta che era stata di papà.
- Aveva le gomme lisce… e poi faceva un po’ difetto nella carburazione.
- Pensi di averci guadagnato? – domandò Giuseppe.
- Credo di sì, Ferruccio non ha voluto altro. Scambio perfetto. – Il nuovo proprietario del ciclomotore era un ragazzino di quindici anni e da un po’ di tempo gli faceva la corte.
- Forse eri tu che dovevi chiedergli qualcosa, in aggiunta.
- Ma che… scherzi? Una “chitarra Rokes”! Ci ho guadagnato io nel cambio.
Giuseppe scosse la testa. - È pur sempre un prodotto della Eko, non di una grande marca. Aveva però capito l’entusiasmo del fratello. Con quello strumento in mano, adesso si sentiva come uno dei quattro celebri musicisti di origine inglese. Valore affettivo, dunque. Giuseppe era in grado di comprendere, ma non di condividere.
In quel momento apparve il padre, con gli occhiali riportati sopra la fronte e il giornale aperto.
- Che cosa è tutto ‘sto chiasso? Non si può leggere in santa pace, dopo una giornata di lavoro.
- Papà, ti piace? – fece Lorenzo, esibendo la chitarra.
- Ma che è? – disse il padre, strizzando gli occhi, come se fosse infastidito da una forte fonte luminosa.
- Non lo vedi? – disse Lorenzo.
- Una freccia…
- Ma suona.
- E c’è bisogno di farla in quella forma, una chitarra?
- Ma sai che colpo farò sulle ragazze?
- Ho capito – commentò il padre. – Roba da capelloni. Una volta si incantavano le ragazze con le note musicali, non con la forma delle chitarre.
- Sei un matusa, papà! – esclamarono in coro i due ragazzi.
Mentre fuori diluviava e la mamma finiva di preparare la cena, Lorenzo e Giuseppe inserirono la “Eko Rokes” nel piccolo amplificatore e cantarono insieme: “Ho in mente te”.




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Opera scritta il 14/03/2016 - 19:20
Da Giuseppe Novellino
Letta n.1004 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Che bel racconto,una storia d'amore per la musica e per la chitarra, strumento che amo moltissimo.Scrivi benissimo e leggere i tuoi racconti è sempre una gioia...sempre !!!!

Gabriella De Gennaro 16/03/2016 - 18:51

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Sento molta dolcezza in questo racconto e soprattutto hai scritto in un modo tale da consentire al lettore di dare vita mentalmente alla scena. in poche righe sei riuscito a delineare anche se superficialmente le due personalità dei fratelli :) bravo!

Chiara Bongiorni 15/03/2016 - 23:48

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Grazie per i vostri commenti. Molto graditi.

Giuseppe Novellino 15/03/2016 - 20:56

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Racconto molto ben scritto, dove il lettore è spettatore interno della scena.
Per quanto riguarda il cambio...penso che di fronte ad un'ambizione si sia disposti se non a tutto, a tanto. Ecco perché li abbiamo lasciati che suonano insieme, appassionatamente.
Buona giornata.

Millina Spina 15/03/2016 - 12:33

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Al cambio non sembra un grande affare. Un episodio probabilmente autobiografico raccontato con la solita bravura in una forma direi perfetta. Storie brevi messe insieme costruiscono la nostra pur breve esistenza. Forse il suono di quella EKO ROKES viaggia ancora tra le onde del tempo e le curve dello spazio per approdare chissà dove.

salvo bonafè 14/03/2016 - 22:35

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