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Il naufragar

Esistere.
Essere gettati in un mondo
ch'io chiamerei ignorante
dove l'io scompare e con esso mi vedo annegare
una mano
raccogli la mia essenza
che sale a galla e agli altri pare
parvenza
e tu,
tu falla tua
e se quell'io
ha conosciuto e detto padre ad
un oblio
non spaventarti, O amata
dell'inconsistenza mia
non ero quel mio corpo
" no quello non er'io! "
assapora quel che di me
resta
che se agli altri è invisibile
rende la tua via funesta.
Un incontro
chi dice capriccio e chi inutile ingombro
quell'io con il tu
che tanto s'attesero
e insieme dispersero
in quell'infinito orizzonte
E i pezzi d'un
noi
che finalmente
slegati sciolti
liberi
uomo donna bambino o forse vecchio
e la decisione.
Tu che mi raccogli
e s'io fui morto ammazzato
da quest'acque del mondo
annegato,
m'hai dato la salvezza
raccogliendomi con
la tua rezza.
Non tocco la tua mano
cerco di guardarti e invano accetto
la prigionia d'un essenza
d'un uomo che fu,
dell'ultimo suo pezzo
che dalla rezza fu retto.



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Opera scritta il 14/06/2017 - 12:01
Da Ludovica Gabbiani
Letta n.1295 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Comincio a leggerti adesso è questa è a tua prima poesia che leggo. mi piace come scrivi ed apprezzo la tua poesia. Complimenti.

Ken Hutchinson 14/06/2017 - 15:18

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Davvero notevole quel mettere a nudo l'io dolente, e cercare di sviscearne le mancanze che pesano come macigni. Ma autoanalizzarsi fa bene, i fa conoscee nell'intimo. Complimenti. Un saluto!

Grazia Denaro 14/06/2017 - 14:02

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encomiabile poesia bella chiusa *****

enio2 orsuni 14/06/2017 - 13:39

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molto bella brava

GIANCARLO "LUPO" POETA DELL 14/06/2017 - 12:40

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