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Orca Assassina

«Fra cinquant’anni diremo che è una barbarie». E’ una delle frasi conclusive di “Blackfish”, forse il modo migliore per riassumere il documentario, diretto dalla regista Gabriela Couperthwaite, che denuncia i maltrattamenti alle orche nei parchi acquatici. Ho visto il film documentario in Tv a “Focus”, che racconta la storia di Tilikum, un’orca che ha trascorso più di trent’anni in cattività. Il film documentario accompagna le emozioni degli spettatori attraverso il racconto degli ex addestratori della Sea World di Orlando. All’inizio molti di loro ricordano l’entusiasmo nel fare questo lavoro: persone affascinate dagli spettacoli dei parchi acquatici che si ritrovano in vasca a giocare e addestrare questi giganteschi mammiferi senza avere un’adeguata preparazione. Ma questo non è un gioco, che non c’è nulla da sorridere. Molti di loro cambiano idea, così come il pubblico nel constatare i retroscena e non lasciarsi abbagliare dallo spettacolo acquatico, oppure quando il cacciatore John Crove racconta il momento della cattura di un cucciolo di orca. Capelli e lunga barba bianca, il braccio ricoperto dai tatuaggi da vecchio lupo di mare. Sembra un duro, ma la sua voce singhiozza quando ricorda la reazione delle madri orche imprigionate insieme ai loro piccoli in un’area delimitata dalle reti. Per poter scegliere i cuccioli, i cacciatori le liberarono tenendo solo i più piccoli perché più facili da portar via. Le madri avrebbero potuto scappare, invece rimasero lì vicino a emettere suoni strazianti per comunicare con i loro piccoli. Gli stessi suoni che durante il film tolgono il respiro quando una delle orche nate in cattività viene separata dalla madre, per essere trasferita in un altro parco acquatico. Quest’ultima arriva a produrre un suono diverso, un segnale di una frequenza tale da farlo arrivare il più lontano possibile. E come se non bastasse, nelle varie operazioni alcune orche adulte vennero uccise e per non farlo sapere, perché era vietato, aprirono loro lo stomaco e le riempirono di pietre per farle andare a fondo. «Per me era solo un lavoro: “catturare le orche”, racconta John Crowe mentre vengono mostrate le immagini delle imbarcazioni all’inseguimento degli animali e aggiunge: ma presto ci siamo resi conto di aver fatto una delle peggiori cose della nostra vita». I cacciatori, infatti, avevano una licenza per catturare le orche, ma ucciderle nelle acque territoriali statunitensi era vietato. Quando vennero scoperti, vennero radiati. Anche per questo molti di loro si spostarono in Islanda e incominciarono a fare la stessa attività per fornire cuccioli ai parchi acquatici negli Usa. Il film non è solo una storia, ma soprattutto un documentario dove la componente scientifica aiuta a capire il dramma di questi animali: dagli studi fatti sulle orche emerge che queste hanno una parte del cervello che nell’uomo non si è evoluta. Una terza parte completamente dedicata alla loro vita emotiva: questi cetacei non sono animali solitari, ma per loro la componente sociale è molto importante. Inserire nella stessa vasca animali catturati in gruppi diversi comporta tensioni perché il loro modo di comunicare è diverso. A pagarne le conseguenze sono gli animali detenuti in cattività. Dopo la cattura in Islanda, Tilikum, vero protagonista del film, venne portato in un parco acquatico canadese insieme a due femmine. La struttura sociale delle orche è molto matriarcale e il neo arrivato ne paga le conseguenze con profonde ferite inflitte dalle due femmine. Di notte poi gli esemplari vengono rinchiusi in una vasca lunga sei metri e profonda nove. Tilikum, sebbene molto giovane, era già lungo 4,5 metri. «Al mattino vedevamo i segni del loro nervosismo e spesso c’era molto sangue, racconta uno degli addestratori pentiti . Anche in natura possono esserci momenti di tensione fra le orche, ma lì hanno miglia e miglia per tenersi a distanza». All’inizio Tilikum mostrava grandi capacità di apprendimento e grande disponibilità. Ma in questi 32 anni di vita, di cui 30 passati in cattività, ha già ucciso tre persone. Nel 1991 l’addestratrice Keltie Byrne, caduta nella vasca dove c’erano tre orche. Nel 1999 il 27enne Daniel P. Dukes, entrato di nascosto nella vasca e trovato nudo e morto sulla dorso del mammifero. Nel 2010, durante uno spettacolo, l’addestratrice Dawn Brancheau a cui strappò e inghiottì un braccio, la donna stava illustrando agli spettatori lo show cui avrebbero assistito, che per tragica ironia si intitolava «Cena con l'orca», quando il cetaceo è fuoriuscito dalla piscina afferrandola tra le fauci. L'orca ha quindi trascinato la donna prima sul fondo e poi per tutta la piscina in una sorta di macabra danza della morte. A quel punto, riferiscono testimoni citati dal Los Angeles Times, sono suonate le sirene e tutti gli spettatori sono stati fatti allontanare. L'orca chiamata Tilikum, e ribattezzata con il nomigliolo di Tilly in occasione degli spettacoli, era a SeaWorld dal 1992 ma sei mesi prima del suo arrivo era stata coinvolta nella morte di un altro addestratore in un parco della British Columbia, in Canada. Ma tutte le volte i responsabili dei parchi acquatici hanno attribuito l’accaduto alla fatalità o a errori degli addestratori, mai all’aggressività dell’animale. «Quando un animale dimostra un atteggiamento così aggressivo, normalmente non viene fatto riprodurre» spiega Samantha Berg, ex addestratrice della Sea World. Ma per il business questo non è importante: è un esemplare perfetto per la riproduzione e molte delle orche presenti nei parchi acquatici statunitensi sono nate grazie al suo seme. Anche per questo, sebbene malato per i danni della cattività, viene tenuto in vita e non viene liberato da questo destino. Oltre all’uccisione di tre persone Tilikum ha ferito parecchi addestratori e in una delle registrazioni dello spettacolo acquatico, Tilikum ha preso per un piede l’addestratore e l’ha trascinato ripetutamente sul fondo della piscina, il malcapitato esperto sub è riuscito a mantenere la calma e quando l’orca ha mollato la presa, con forti bracciate e riuscito a guadagnarsi la piattaforma, riportando lievi ferite ai piedi. È stata una scena raccapricciante. Anche per questo, quando partono i titoli di coda, rimango in silenzio. Il pensiero, nello sguardo di tutti gli addestratori, negli occhi lucidi di molti, va alla fine dove alcune Orche vengono liberate e Tilikum rinchiuso in quella prigione senza alternativa, per il suo seme importantissimo. Tilikum non è stato l’unico a causare la morte di un addestratore, altre Orche hanno causate morte, che le aggressioni di questi grossi cetacei sono sempre fatte passare per incidenti o imperizia degli addestratori, come nel caso della Brancheau, si era colpevolizzata i capelli a coda di cavallo della addestratrice, quando poi dal filmato si evince, che l’orca la trascina sott’acqua per un braccio. C’è chi asserisce che da mesi l’orca soffriva di una infezione batterica ai polmoni che i veterinari non sono riusciti a debellare e questo la rendeva di cattivo umore.



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Opera scritta il 16/08/2018 - 11:16
Da Savino Spina
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Commenti


...è una delle tante orribili storie su ciò che l'uomo riesce a fare agli animali...
Da rabbrividire

Grazia Giuliani 16/08/2018 - 18:54

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