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L'AMORE DELLA PORTA ACCANTO

Premessa: Questo racconto è un po' particolare, perché nasce da un giochino che mi sono inventata su Facebook, chiedo a chi legge di lasciare una parola, e poi con quelle parole creo il racconto. Questa volta le parole erano: luna,binario,ciao,ombra,volare,nuovi mondi,gioia,amore, sole, cuore.( Nel racconto le ho scritte in grande.)


L'AMORE DELLA PORTA ACCANTO.
Era stata una giornata, pesante. E per di più stava salendo a piedi, perché l'ascensore era bloccato. Si sentiva esausta, e tutto quello che voleva, era andare a casa, farsi una doccia, e buttarsi sul letto. I capelli, dovevano essere un disastro, dal momento che erano sfuggiti all'elastico, e continuavano a ricaderle davanti agli occhi. Tutti i tentativi di rimetterli indietro sembravano inutili.
Quando, raggiunse il pianerottolo, rimase interdetta, per qualche istante. Un uomo, altissimo, dallo sguardo freddo, e i capelli neri, stava entrando nell'appartamento di fronte al suo. Cercò, di non pensare, al suo aspetto, e gli passò accanto ad occhi bassi. Lui la salutò e quel saluto, la bloccò per qualche istante. La voce di lui era bassa e profonda. Rispose frettolosamente, ed entrò nel suo appartamento. Era sciocco, ma non poteva non chiedersi chi fosse, quello sconosciuto, e tanto meno, riusciva a togliersi la sua voce dalla testa. Era stupita dal suo stesso comportamento, non era tipo da farsi incantare così, eppure era bastato una sola parola, un semplice <<CIAO>> per incuriosirla, non pensava che una parola, così piccola, potesse assumere una sfumatura così particolare, come quella che aveva percepito nella voce di quell'uomo. Scosse la testa, e andò a farsi una doccia. Aveva altro a cui pensare, e di gran lunga più importante.


Uscita dalla doccia si sentiva decisamente meglio. Il giorno ormai stava finendo, anche se le ore di luce cominciavano ad aumentare. Ma ancora non riusciva a togliersi lo sconosciuto dalla testa. E questo era un fatto insolito, che non riusciva a spiegarsi. Scosse la testa, era meglio occuparsi di faccende pratiche, e più urgenti, come i documenti che si era portata, dal lavoro, e che doveva controllare, oppure la casa, che come sempre, a metà settimana, aveva l'aspetto di un campo di battaglia.
Andò in camera da letto, s'infilò una tuta comoda, e cominciò a rassettare in giro. I documenti, li avrebbe visti poi. La sua mente era troppo stanca, e non sarebbe riuscita a combinare molto.
Allentò la tensione alle spalle. Ormai la sera era giunta del tutto e fuori, era buio. Si avvicinò al balcone per tirare le tende, e la LUNA attrasse la sua attenzione. Era enorme, e nel cielo scuro sembrava d'argento. Seguendo un impulso, aprì il balcone ed uscì fuori. Non faceva molto freddo. Anzi, era una serata fin troppo mite per il periodo. Si affacciò alla ringhiera, concedendosi il lusso di non pensare a nulla. Era così assorta, che neanche si accorse di non essere sola, come pensava.
<<È una bella serata vero?>> Lei trasalì, e si voltò di scatto nella direzione da dove le era giunta la voce.
<<S...sì>> Disse con la voce un po' strozzata. Lo sconosciuto se ne stava appoggiato, al balcone accanto al suo, con la camicia, un po' aperta sul collo e i capelli arruffati. Cosa doveva fare? Rientrare, o aspettare? Era la prima volta che si trovava a corto di parole.
<<C'è una bella vista da qui.>> Lui aveva ripreso a parlare. Cosa doveva fare?
<<Sì...è venuto a trovare il signor Rossi?>> Chiese, dandogli del lei, istintivamente voleva mettere le distanze. Forse spirito di conservazione, forse per autodifesa, visto lo strano effetto che le faceva.
<<Veramente, mi sono trasferito, due giorni fa.>> La notizia, fu come una doccia fredda, ma spiegava i rumori che aveva sentito.
<<Capisco.>> Disse a bassa voce, così d'ora in poi l'avrebbe incontrato ancora.
<<Sei un tipo di poche parole.>> Lui sfacciatamente le dava del tu, e questo un po' la irritava. Quella sera, inspiegabilmente era irritata da tutto. I balconi, troppo vicini tra loro, l'aria della notte, così silenziosa e complice, il suo aspetto, che era disastroso, e per finire il fatto che non capiva cosa volesse, un tipo come lui, da una come lei.
<<Oggi sono un po' stanca.>> Buttò lì, non voleva fare conversazione, non in quel momento, con mille pensieri, in testa, e una strana e fastidiosa sensazione nel CUORE. Ma neanche era sicura di non volerlo.
<<Ok, ricevuto. Ci vediamo, buona notte.>> Detto questo sparì in casa, lasciandola lì, impalata, e basita. Chi diavolo si credeva di essere? Rientrò a sua volta, chiudendo le imposte con forza. Doveva essersi ammattita, se rimaneva male per un tipo come quello. Arrogante, e presuntuoso. Tornò ad occuparsi, delle ultime faccende, che le erano rimaste, e poi raccolse i documenti che doveva controllare. Gli avrebbe scorsi a letto. Era tardi, ma sapeva che non avrebbe dormito, tanto facilmente, era troppo agitata, anche se non sapeva perché.
Dopo un'ora, era esausta. Ma almeno il lavoro non l'aveva fatta pensare troppo. Mise i fogli, sul comodino. Fece un respiro e spense la luce.
Dopo poco, piombò in un sonno agitato, popolato da strani sogni, nei quali, spiccavano due grandi e freddi occhi verdi.


Quella mattina, si svegliò con la gola secca, un gran mal di testa e di pessimo umore. Malgrado questo, fuori c'era il SOLE. Si sentiva uno zombie. Andò in cucina, aveva bisogno di un caffè, forte, e di...non lo sapeva di cosa esattamente, avesse bisogno, per raddrizzare quella giornata, cominciata, così male, e neanche voleva saperlo. Si sarebbe fatta bastare il caffè. Si disse decisa.
Dopo la colazione, se così si poteva definire, il caffè e il mezzo biscotto che aveva addentato, si legò i capelli, ed uscì di corsa.


E anche quella giornata era finita. Finalmente. Come al solito, per tornare a casa, aveva preso il treno. In genere le piaceva, le dava il tempo per leggere un libro o per riflettere. Ma quel giorno avrebbe fatto meglio a scegliere un altro mezzo. O a farsi dare un passaggio da una collega. Aveva i pensieri tutti ingarbugliati, e non era riuscita a rilassarsi per nessun motivo. E ora, mentre camminava per le strade, ancora mezzo deserte, continuava a porsi mille interrogativi. Che la perseguitavano da quando, era salita sul treno. Ed era ancora così che si sentiva. Le sembrava che la sua vita fosse finita su un BINARIO morto, e che non ci fosse modo di rimetterla in carreggiata.
Sospirando, entrò nel portone, che qualcuno aveva lasciato aperto, come al solito, e chiamò l'ascensore.


Era stanca. La sera era calata in fretta. E fino a quel momento le era riuscito di non pensare, si era dedicata alle faccende, al lavoro arretrato, e a qualsiasi altra cosa, le fosse capitata a tiro, ma ora non aveva più nulla da fare. Senza un vero motivo, uscì sul balcone. Un gesto insensato, dettato da chissà quale impulso, ma non aveva voglia di chiedersi quale. Lui era lì. Cercò di non farsi notare, per quel che le era possibile, e si affacciò alla balaustra, fingendo di non averlo visto.
<< Com'è andata la tua giornata?>> La voce le giunse chiara, e nitida nel silenzio della notte. E la domanda la sorprese.
<<Bene.>> Mentì. <<La tua?>>
<<Bene.>> Le sorrise. Poco dopo stavano parlando fitto fitto, come se si conoscessero da sempre. E mentre il vento scompigliava i loro capelli, presero a scherzare tra di loro, e tra una battuta e una risata, lei sentiva una strana sensazione, molto simile alla GIOIA affiorarle nell'animo. Possibile che bastasse così poco? Eppure cominciava a piacerle parlare col suo nuovo vicino. E più parlavano, e più scopriva che non era affatto freddo e scostante, come l'aveva giudicato. Ma cosa le stava succedendo? Non era da lei comportarsi in quel modo, eppure in quel momento si scopriva quasi felice. E non avrebbe voluto perdere quella sensazione che provava, anche se forse era solo un'illusione.


I giorni, erano passati in fretta, erano volati e così i mesi, ma non le importava. Quello che le importava, e che ogni giorno si sentiva più felice. Da quella prima sera, parlare con lui, nell'OMBRA della notte era diventata una dolce abitudine. E ben presto il loro rapporto era cambiato. Non più vicini, ma amici. Un'amicizia, intima, sincera, che era sfociata in AMORE. Ormai, era quasi un anno che si era trasferito accanto a lei, quasi un anno che quell'amore impetuoso e dolcissimo, era sbocciato crescendo giorno dopo giorno. Insieme facevano di tutto, andavano al cinema, in giro per i musei, e ogni cosa accanto a lui le sembrava diversa, migliore. Se era con lui le sembrava di VOLARE, partire per NUOVI MONDI, pur facendo le cose più semplici. Mai avrebbe pensato che fosse possibile, innamorarsi così, ed essere ricambiati. Se gliel'avessero detto un anno prima, non ci avrebbe mai creduto.




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Opera scritta il 07/04/2019 - 11:36
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.800 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Brava Marirosa, sì accattivante e scorrevole il tuo racconto...

Grazia Giuliani 09/04/2019 - 22:32

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Bello e originale, sapientemente fluido, accattivante complimenti. 5*

donato mineccia 08/04/2019 - 17:21

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Interessante tu così giovane scrittrice!

Ernesto D'Onise 08/04/2019 - 14:27

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Interessante il modo di scrivere

Ernesto D'Onise 08/04/2019 - 14:26

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Interessante il giochino

Ernesto D'Onise 08/04/2019 - 14:26

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