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Occhi neri

Lisa è sola, seduta su una panchina dell'unico parco del paese.
Un po' di quiete, il verde del parco, il sole caldo dell'estate. Attorno a lei, una decina di bambini giocano rumorosamente. Li osserva tenendo fra i denti una cannuccia di plastica. A tratti gioca nervosamente con una ciocca di capelli.
-" Ehi, così non vale!", grida una bambina alla sua compagna di giochi.
Poi un pianto improvviso, acuto.
Diviene paonazza in viso, il naso le si riempie di muco e gli occhi sono gonfi e arrossati. Tutte le madri, impegnate nel solito cicaleccio, tacciono. Solo una donna si volta verso lo scivolo riconoscendo il pianto della propria bambina e le corre incontro.
La bambina ha un'escoriazione sul ginocchio destro ed indica alla madre la compagna di giochi "colpevole" dell' accaduto.
La madre si avvicina a Lisa: " Scusa, hai un fazzoletto da darmi?". Lisa è la più vicina fra tutte o forse è l'unica fra le altre che le avrebbe dato un fazzoletto senza offrirsi di accompagnarle la figlia in ospedale.
Lo sguardo di Lisa incrocia quello sofferente della bambina . Appena un altro istante per ricordarsi del fazzoletto, per cercarlo in borsa e porgerlo alla madre.
-" Grazie, signorina!", esclama la donna.
-" Di nulla...", risponde Lisa tra i denti.
Lisa si è irrigidita.
" Oh mio Dio, le palpitazioni!", pensa tra sé e sé. Chiude gli occhi. Il battito del suo cuore, ora bradicardico, ora accelerato, sembra stia per perforarle il petto. È tachicardia. Ginocchia al seno, una mano al petto e una sulla coscia a sorreggerle la testa.
"Oh mio Dio, la gola!". La gola sembra restringersi, Lisa spalanca la bocca. Respiri lunghi, accelerati, il cuore sta per esplodere. Le gambe tremano appena e uno sgradevole formicolio attraversa mani e piedi.
"Oh mio Dio, non so cosa fare!". Attorno a lei troppi volti, troppe voci: "Signorina, si sente male?", " Signorina, cosa le succede?", " Signorina, vuole che chiamiamo aiuto?", " Dobbiamo darle acqua e zucchero, veloci!"etc....
Mani e piedi sono gelidi, completamente anestetizzati. Lisa prende la pelle del collo fra le dita e fa come per tirarsela via. Si lascia scivolare a terra, con la schiena poggiata alla panchina, distende una gamba e sull'altra abbassa la fronte. Le braccia ciondoloni, il respiro sempre più affannoso.
"Non so più cosa fare! Aiuto, qualcuno mi aiuti!", grida. Vergogna, impotenza, ansia, disperazione e adrenalina sono una cosa sola.
In una parola: panico.
Poi un pianto improvviso, acuto.
Diviene paonazza in viso, il naso le si riempe di muco e il trucco le cola lungo le guance. Gli occhi sono neri e arrossati, sempre più gonfi e meno truccati.
Il silenzio.
Tutti che le offrono acqua, bustine di zucchero della gelateria di fronte; tutti che le chiedono se vuole andare in ospedale o chiamare qualcuno.
E lei ringrazia:
"Grazie per l'acqua", "Grazie per lo zucchero ", "Grazie , ma ora chiamo il mio compagno, non si preoccupi".
Ringrazia e si lascia sfuggire dei sorrisi né tristi né euforici, di quelli che esprimono il senso di stupidità proprio di chi non ha mai visto per lungo tempo la verità beffarda appena sotto gli occhi.
Dopo circa dieci minuti, Luca è lì con lei.
Rassegnato, le chiede cosa sia successo.
Forse è deluso; di sicuro non se lo aspettava.
"Non è successo niente", pensa Lisa " Forse sono libera". Abbozza una risposta :
" Niente di che... Sono scoppiata a piangere. Ed è stato bellissimo".



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Racconto scritto il 25/08/2015 - 04:45
Da Lucia Trucca
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