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“Trenta – quaranta” Disse l'arbitro con voce estentorea sottolineando il fatto che poteva essere l'ultimo punto da giocare.
“Adriano... Adriano...” si era messo a gridare il catino intorno al campo in terra rossa per dare maggiore forza al servizio ed incitarlo alla resistenza.
Adriano sudava e si apprestava a servire con sofferenza. Non era più il suo mestiere, il tennis, non aveva l'atletismo dei tempi migliori. Durante le partite si trovava subito appiccicosamente sudato, con poche energie nelle gambe e quella terra rossa, che un tempo gli era alleata, ora gli si attaccava addosso rendendolo ancora più pesante.
Il servizio! Gli rimaneva quello di un certo pregio. Bello, elegante, dritto. Si appoggiava a lui per rimanere in partita. Solitamente seguiva la prima palla cercando di accorciare subito lo scambio perchè dopo due o tre colpi le gambe lo lasciavano al suo destino.
“Adriano... Adriano...”
Si preparava palleggiando qualche volta in più per mettere pressione all'avversario, lo guardava con l'aria di chi prende la mira, strizzava leggermente un occhio e scostava con un colpo del capo il ciuffo che gli cadeva sugli occhi.
Gamba sinistra che si tende e la destra che flette per far scattare il dardo sferico. Lancio alto e scatto verso la palla. Colpita con potenza la “pelosa” corse veloce all'incrocio delle righe mentre lui volava per inerzia verso la rete.
La respinta dell'avversario fu veloce, ma lui era lì pronto ad affondare il colpo in sicurezza.
L'avversario corse più di quando Adriano si aspettasse ma riuscì a colpire la palla effettuando solo un lento pallonetto.
Eccolo il suo momento! Si lasciò superare dalla palla e staccò come faceva Nureyev in un balletto, spalle alla rete intercettò la palla in alto sulla sua sinistra e con un colpo di polso, dopo la piroetta, la depose al di là della rete, con una traettoria incrociata, dove il suo avversario non provò neanche ad arrivare.


Il Foro Italico era in piedi, una standing ovation alla quale sembrarono unirsi anche le italiche statue marmoree.
“Adriano... Adriano...” ora il catino romano era una bolgia bollente, un “Colosseo”, e ci vollero dei minuti per avere il silenzio per continuare la partita.

Un pessimo doppio fallo ed una successiva ficcante risposta del suo avversario misero fine alla partita. 6-0, 6-0.
Ma la “Veronica” rimase impressa nei cuori...




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Racconto scritto il 29/06/2017 - 17:02
Da Glauco Ballantini
Letta n.1434 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Racconto scritto molto bene, con un finale strepitoso. Sono appassionata di tennis e me la sono goduta
PS Mi piacerebbe se scrivessi più spesso, perchè è bello leggerti. Scusa se mi sono permessa.
Ciao
Ncol
*****

Nicol Marcier 29/06/2017 - 18:37

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bella opera grande campione

GIANCARLO "LUPO" POETA DELL 29/06/2017 - 17:42

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C'è un riferimento all'ultima parte della carriera di Adriano Panatta anche se l'episodio è completamente inventato. La cosiddetta "veronica" era un colpo che aveva quasi inventato lui.

Glauco Ballantini 29/06/2017 - 17:40

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M'è piaciuto questo racconto ben scritto anche se non ho capito se c'è un riferimento a un tennista realmente esistito oppure no. Perdona la mia ignoranza in materia. Comunque complimenti. Giulio Soro

Giulio Soro 29/06/2017 - 17:32

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