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IL TRIONFO DELLA COSCIENZA CAP 2

Cap.2


Mi trovavo in una grandissima stanza addobbata in stile antico, vi era un lampadario sontuoso, di vetro lavorato a mano, alle pareti le passioni di un abile collezionista affermato si esibivano con maestosità. Mi dissero di attendere, che lì a poco mi avrebbero ricevuto, dopodiché sono andati via lasciandomi in quella bellissima stanza antica. Dopo circa quindici minuti arrivarono due uomini dall’abito scuro, si evidenziavano alle loro dita degli anelli che recavano l’effigie del potere, il simbolo del controllo, il marchio dell’obbedienza. I due signori mi dissero di stare pure comodo ma non appena sarebbe arrivato il capo mi sarei dovuto alzare immediatamente, andare al suo cospetto, salutarlo, quindi baciarle la mano in segno di rispettosa sottomissione. Erano passati appena cinque minuti quando avevo cominciato a sentire dei rumori di passi, era sicuramente lui, il grande capo in persona, il messia. Arrivò con passo decoroso si fermò davanti a me e comincio a fissarmi con aspetto autoritario, il suo sguardo metteva soggezione, il suo aspetto era da uomo determinato, capelli spazzolati all’indietro, fisico asciutto, alto all’incirca un metro e ottanta, vestiva in modo elegante, mi ha fissato per circa cinque minuti osservandomi dalla testa ai piedi, poi con voce autoritaria marcata, chiara e decisa mi disse, “buonasera giovanotto, come ti chiami? Io prontamente gli risposi Riccardo signore, bene, bene, e dimmi giovanotto quel’ è la tua età diciannove signore, molto bene, mi hanno parlato molto bene di te, hanno detto che sei un tipo affidabile, un ragazzo preciso, sei senza lavoro, è vero? sì signore è vero, sono senza lavoro, allora se sei d’accordo ho una proposta da farti, ti offro un lavoro che cambierà la tua vita. (Mi trovavo in un mondo tutto nuovo, forse stavo sognando, mi sentivo strano, un forte calore attraversò in un baleno il mio corpo) dopo un attimo di riflessione gli risposi: d’accordo, ditemi pure signore, (sembrava tutto un gioco, quei giochi senza regole, dove tutto e permesso a tutti, avevo l’impressione di essere protagonista in uno di quei film dove gli uomini d’onore prestano giuramento).
Bene, rispose il signore, da questo momento tu lavori per me, ma ricorda che tu non sei mai stato qui, e non hai mai sentito la mia voce, perché tutto quello che vedi non esiste, se non nella tua immaginazione, in futuro non avremmo più occasioni di incontrarci, perché tutto quello che dovrai sapere te lo dirà Osvaldo, perché quando Osvaldo parla è perché io ho parlato. Adesso puoi andare i miei uomini ti riporteranno nel luogo da cui se stato prelevato. Fui di nuovo bendato, mi fecero riaccomodare in macchina, e dopo la solita oretta di via vai, siamo giunti alla fermata della filovia mi hanno salutato dicendomi che avrebbero fatto sapere tutto tramite Osvaldo. Ero stanco, e mentre mi avviavo verso casa ho dato uno sguardo all’orologio, madonna che tardi, sono le due di notte, chissà mio padre adesso che scenata che mi farà, e chi lo sente, (mio padre è un uomo un po’ all’antica, attaccato ai vecchi valori, un brav’uomo), come pensavo, non appena varcato la soglia era lì che mi aspettava, mi ha detto hai visto che ora è? dove sei stato tutto questo tempo? Io zitto, muto come una tomba, allorché mio padre disse: ne riparleremo un’altra volta con più calma. A distanza di quindici giorni, io proprio non ci pensavo più al colloquio, trascorrevo il tempo libero da ogni pensiero, e come tutti i giovanotti della mia età, amavo lo sport, in particolare modo il calcio con tre allenamenti alla settimana, seguivo con interesse anche il gioco delle carte, compagne fedele di quelle odiose serate buie e tempestose, dove l'unica protagonista e la pioggia, ( sapete non è che ci sia qualche altra alternativa in un piccolo paese di provincia) mentre fantasticavo, mi vidi recapitare una busta da un insolito fattorino, allontanandomi con la busta tra le mani, arrivato in un luogo appartato ho aperto la busta, al suo interno vi erano delle foto fatte di sicuro da un professionista, vi era anche un biglietto con delle notizie utili, riguardo il soggetto, c’era scritto che avrei dovuto pedinare il soggetto per circa un mese, quindi dovevo acquisire tutte le notizie utili, dovevo sapere con chi usciva, a che ore andava a letto, insomma come organizzava la sua giornata, mi dissero anche che avrei dovuto annotare il tutto senza perdere una sola virgola quindi poi riferire il tutto ad Osvaldo. Tutto qui, niente altro pensai. Il giorno dopo alle sette in punto mi sono appostato per cominciare il pedinamento, che strana sensazione che avvertivo, sentivo il corpo come attraversato da un immenso calore, ero emozionato. Ogni mattina alle ore otto circa la persona in questione aveva l’abitudine di fermarsi all’edicola e di comprare il giornale, per circa venti minuti si sedeva sulla panchina per leggerlo, non appena finito si avviava al bar, un bar di lusso, dove ordinava un cornetto al cioccolato, e una tazza di tè caldo, appena terminato di fare colazione, si avviava con tutta comodità alla fermata della filovia, dove io prontamente l’ho seguito, aspettando insieme a lui per circa cinque minuti per poi ripartire alla volta del luogo di lavoro, naturalmente io per lui ero un perfetto sconosciuto, quindi non correvo nessun tipo di rischio, io per lui ero un passeggero qualunque. Il signore che io pedinavo era un stimato direttore di banca, fisicamente snello, molto attraente, vestiva quasi sempre con eleganza marcata. La banca dove lui lavorava era situata alle porte della città. L’ho visto entrare alle ore undici, ho aspettato per tutto il tempo annotandomi il tutto in modo chiaro e leggibile, ho pranzato con un panino alla cotoletta, un po’ di insalata e una pesca, tutto questo, senza perdere nemmeno per un istante l’entrata della banca, ho aspettato che uscisse, di fatti la mia tenacia venne subito premiata, alle ore quattordici usci dalla banca per fermarsi poi al ristorante di fronte per uno spuntino veloce, e poi via di corsa alla fermata della filovia. Sono salito subito dopo di lui con tutta calma e serenità senza attirare l’attenzione, e mi sono accorto che non è sceso alla fermata da dove era partito ma ha cambiato indirizzo, era andato a trovare una signora, ho atteso fino alle ore diciassette fuori nascosto all'ombra di una quercia dall'alto fusto, dopo di che l'ho visto uscire, e con comodo si è recato alla fermata della filovia, sono salito in sordina, ero la sua ombra. Ho seguito ogni suo passo, minuto per minuto, metro per metro, non ho lasciato nulla al caso, ho fatto questo per un mese intero, ogni giorno puntuale come un orologio svizzero, sempre uguale, sempre quello, il giornale, la panchina, la banca, la donna, il ritorna a casa verso le ore diciotto. Ho documentato il tutto, fatto su fatto, tutto questo per un mese intero esatto, alla fine del tempo a me concesso ho messo tutto in una busta sigillata, mi sono recato al bar dell’angolo dove ho atteso che arrivasse Osvaldo per consegnarle il tutto il resoconto. Assicurato la missiva nelle giuste mani, con tutto rispetto ci siamo salutati con riserva di risentirci, o di metterci in contatto con il solito sistema.




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Racconto scritto il 22/07/2021 - 10:46
Da CIRILLO CARMINE
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