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L’autore del Tomo 3:10

memento ut dies festos sanctos






cap III- Pensieri e sogni dalla tromba di un angelo



Tredici mesi prima…


Ascoltavo i suoni che in una notte come questa cambiano melodia nel candore che attutisce i passi sul poggiolo, mentre ripensando al mio romanzo mi domandavo se Lobella sarebbe stata all’altezza… di uno scenario che vede allungarsi come una foglia bagnata, calpestata. Della sua innata, travolgente curiosità. Di un marito fermo in un dettaglio, sull’ultimo gradino delle scale. Quello che non esiste.
Di quel sentire come se calasse un velo di mestizia dentro al cuore, quando manca quella presenza che carezza lo spirito. Come se una parte del giorno non fosse più famigliare.
Stavo per accompagnare con la mano un fiocco di neve nel fiato caldo di un respiro, quando un suono intenso dal sottotetto… come un lamento. Dalla camera di Simone.
Varcando di corsa la soglia, ciò che vidi fu la magia cadere in punta di piedi su uno spillo in una notte troppo piccola per i righi che avevo nella testa: mio figlio, con una voce composta che non si confà a un ragazzino di sedici anni, parlava con un’ombra inginocchiata accanto al suo letto.
Il tono era disteso. Quello di lui. La sagoma fulgente lo rassicurava con fare amorevole.
Quella sagoma, era come mi ero immaginato per tutta la stesura del libro…
«Benedetta. E’ lei. Come te la passi, autore?».
“Mio figlio!?”.
«E’ al sicuro. Adonay ha tante persone che tengono a lui. E’ la luce che è venuta fuori da una tenebra caduta».
“Non comprendo… cosa hai a che fare tu con mio figlio? Perché Adonay, e perché sei qui? E come può concretarsi il personaggio di un mio libro?”.
«Ogni cosa a suo tempo».


Ora Simone dormiva supino accanto alla sua coperta patchwork.


«Quando avrai terminato di masticare tabacco e di soffiare nello studiolo il freddo dal poggiolo, partiremo autore».
“E per dove!? Ho da portare fuori la spazzatura, e domani c’è scuola…”.
«Prendimi il braccio, e cerca di sopportare il peso delle tue nuvole. E scrivi, assecondando il tuo debole per le parole».


In un turbine di minuti cristalli danzammo con gli abiti irrorati di gocce, e da una soffice nebula mi ritrovai nell’angolo rischiarato dalla finestra alla locanda Della Cannella.
Riconoscevo le tazze nuove appena tolte dalla scatola sul bancone, e nel tavolo dirimpetto una signora bionda con un grembiule di stoffa amaranto. E una donna più giovane appoggiata ad una culla le dormiva accanto sulla sedia.
Come poteva essere… Ero come un vocabolo immobile sulla carta, tra l’inchiostro.


«Si tratta sempre di bianco e di nero».
“E tu sei di quelli neri… di angeli intendo”.
«Così hai voluto. Lo hai scritto nel quarto capitolo del primo libro».
“Vuoi dire che i miei racconti… Che tutte le storie sono vere!?”.
«Ma alcune non sono mai successe. Questa è rinchiusa tra le pagine polverose del tomo.
Quella sera davanti alla finestra che invitava ad entrare l’aria di cannella e zenzero, non avresti dovuto consegnargli i tuoi segreti… nella sua filigrana scorre il tuo stesso sangue, e l’odore di vecchia carta ingiallita ti riempie i polmoni. Il tomo possiede le sfaccettature dell'animo umano».
“Però… il mio prossimo libro parlerà di come anche gli oggetti possono diventare protagonisti e tratteggiare l'atmosfera”.
«Narrerai invece di un angelo che scenderà dal cielo con in mano un sigillo, da lui un barlume in sospensione si disperderà nei pensieri e sogni da una tromba che come note affolleranno i suoi tre tasti. Tre come gli arcangeli. E di come il demonio farà ritorno nelle incisioni in acquaforte della rilegatura per mille anni».


Stavo sulla sedia all’angolo dello studiolo con lo stesso debole di sempre per le citazioni, davanti alla finestra aperta con un fiocco di neve che mi solleticava il naso nel tepore del fiato caldo di un respiro, quando mi svegliò in quella notte di Ognissanti un suono… come un lamento


per qualche momento, istanti
ore.. o solo un attimo, non so
ho creduto di trovarmi
in un incubo di Poe









-le prime parole di Samaèl sono ispirate a un pensiero di Alda Merini


l’inizio del dialogo tra Samaèl e l’autore nella parte centrale è liberamente tratto da una citazione di James A. Owen







ricorda di santificare le feste




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Racconto scritto il 01/03/2023 - 07:59
Da Mirko D. Mastro
Letta n.220 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Son arrivata ora qui, trasportata da una bufera di neve, ho visto l'angelo dalle piume nere vorticare sulla città, e alla tua locanda ho chiesto dove fosse il camino, mentre i tuoi personaggi mi parlavano addosso. Che bello mettere i piedi al caldo e stare nei tuoi racconti!!

Anna Cenni 01/03/2023 - 14:43

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E' davvero coinvolgente come scrive Maria Luisa, un'atmosfera sospesa tra la realtà del romanzo e la vita, anche quella immaginata. Splendido! Hai scatenato la fantasia, i sentimenti, le emozioni... complimenti sinceri, Mastro Poeta, attendo---

Marina Assanti 01/03/2023 - 11:17

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Sono veramente affascinata da questo tuo racconto che si lascia leggere tutto d'un fiato anche attraverso le sue metafore qua e là poggiate con dovizia, tanto da catturare ancor più l'attenzione di chi legge, posso aggiungere che questo III capitolo è veramente splendido!!
Complimenti di questo lavoro decisamente intrigante e stuzzicante oltre che coinvolgente.

Maria Luisa Bandiera 01/03/2023 - 09:42

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