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APOLOGIA DI ME STESSO

Sono giunto senza meta da una terra di briganti,
dove il Sole è caldo e amaro, dove imperano quei Santi,
che dalla popolazione son portati in processione
tra le angosce e le speranze, le memorie e le giacenze.


Son partito all'improvviso dalla landa di nessuno
un po' poeta, un po' barbone, squattrinato, birbaccione,
con il mito secolare dell'eterna emigrazione
che da questo Sud cocente, si attua inevitabilmente.


E ora lasciatemi cantare,
a che vi serve giudicare
questa mia presa di coscienza
di cui non posso fare senza?
Senza mete né comete né traguardi imperituri,
vivo sulla stessa strada, ce ne saranno di futuri.


Ho lottato con la vita, con il sangue e con l'onore,
ed ho salutato amici, nascondendone il dolore,
ma la vita è sacrificio, mica un attimo di tregua,
è una curva dietro al mare, un'eterna improvvisata.


Ho cambiato quell'amore che era già troppo in salita,
poco appena cominciato, un'avventura già finita,
forse qualche cosa ancora volentieri l'avrei scritta
ma mi ha preso un tale ardore, e non è mica una sconfitta.


Io volevo fare della carta e penna il mio mestiere,
e chissà che non mi accada, in fondo è tutto da scoprire.


Io potevo, avrei potuto, io potrei, se io potessi
quanto c'è da analizzare, quanto ancora da inventare,
ma la terra gira intorno a sé troppo velocemente
non hai tempo di pensare che no, non funziona niente,
sì, avrei potuto essere con te un po' più ligio
ma non posso perder tempo, non è mica un cielo grigio
questa musica che suona dentro al cuore e nella mente,
la ramanzina non mi serve: son deciso, o tutto o niente!


E così alla riscossa cerco quel mio mondo nuovo
che sicuramente esiste, che in quell'angolo persiste,
dove posso ritrovare ancora il bello della vita
correre tra mare e terra, scriver la storia infinita.



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Poesia scritta il 23/07/2013 - 00:57
Da Manuel Miranda
Letta n.1596 volte.
Voto:
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