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Quando ero piccolo

Mi manca camminare
a piedi scalzi per i prati
e mi manca il rifugio dei boschi
Questa terra era brulla
e vi erano erbe selvatiche a condirla
a me piaceva così:
c'è erano ancora fiori da piantare allora.
Se eravamo in macchina
papà mi suggeriva col dito
le sporgenze lattiginose della luna,
si faceva liquida attraverso il vetro,
mi appendevo al suo ghigno
immaginavo di mangiucchiare le stelle
e di fare della notte il mio mantello;
mamma parlava della campagna,
di un albero che non cresceva mai
- ora è arso nel camino -
di togliere bucce alle mele
e in me si piantavano i primi sogni;
Il Raccordo Anulare era grande
e tanto più lo era quanto più
si inspessivano e si snodavano
i miei pensieri
al prestito degli stralci della mezzeria;
erano lunghi, sempre più intensi,
saltellavano di qua e di là
come a voler eguagliare in velocità quegli alberi ai bordi
e io mi traducevo in andatura d'aliante
fino a volare in seno al giorno dopo
a quello dopo ancora
ridevo all'odore di basilico e pomodoro
volevo quelle mattine coi caffè
la speranza che nonna avrebbe innaffiato l'orto
"Dove sarò domani e dove sarete tutti voi"
chiedevo muto
- Non serviva altro chiasso
di quanto facesse già il mio sguardo-
"e chi lo sa, amore mio"
vorrei abbandonarmi al candore
di quella antica luna
che ancora le notti percorre il mio prato
e mi ritrova innamorato di dubbi
come ero allora.


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Poesia scritta il 21/09/2019 - 09:44
Da Matih Bobek
Letta n.1016 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Letta con immedesimazione. Quanto era bella la "Piccolezza" dell'essere bambini!

Leo Pardis 29/09/2019 - 15:50

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