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Un canto di dolcezza infinita

C'era una volta un giovane cacciatore che durante i suoi itinerari doveva attraversare un lago dal nome fantasioso, «Lago della ninfa dagli occhi ambrati».


La maggior parte delle volte il ragazzo preferiva non attraversarlo affatto, ma fermarsi a fare quattro chiacchiere con un gruppo di carbonai aiutandoli a trasportare i grossi carichi di legname.
In cambio riceveva sempre qualche sacchetto di carbonella e tutto sommato lo preferiva piuttosto che correre dietro a qualche animale della foresta.


Un giorno però accadde qualcosa di eccezionale, era giunto sulle rive del Lago della Ninfa dagli occhi ambrati e dopo aver aiutato i carbonai si sedette per rinfrescarsi il volto con l’acqua, quand’ecco un’apparizione incredibile che lo fece sobbalzare.
Sulla riva opposta, era apparsa la Ninfa incredibilmente bella che guardò il cacciatore fissandolo con i suoi bellissimi occhi.


(Gli occhi ambrati sono spesso chiamati “occhi del lupo” perché ricordano il loro colore. Questo colore di occhi consiste in un pigmento dorato o giallo con un po’ di color rame e ruggine. Il Lipocroma, il nome del pigmeto giallo, è estremamente raro e infatti pochissime persone hanno gli occhi di questo colore).


Il ragazzo ne rimase affascinato e l’amore divampò in lui immediatamente.
La giovane Ninfa guardò ancora il cacciatore, rise e si allontanò, scomparendo rapidamente.
Allora egli la rincorse in un vano inseguimento.

Ai carbonai che incontrava chiedeva notizie e loro rispondevano:
«E’ la ninfa che si pettina al sole», una creatura che non ama gli uomini, soprattutto se cacciatori. Guai a chi si innamora di lei: è perduto!”.
Così dicevano i carbonai, ma il giovane non volle credere loro.


Ritornò il giorno successivo al lago, ed ecco che ancora la creatura meravigliosa gli apparve sull’altra sponda.
Così accadde per vari giorni; ma un giorno, non sopportando più quel gioco crudele, il giovane le urlò il suo amore.
Essa allora lo guardò a lungo con i suoi occhi stranamente trasparenti e gettò sul lago, per magia, un iridescente ponte di cristallo, invitando il giovane a raggiungerla seguendo il suo canto di una dolcezza infinita.
Il cacciatore iniziò a correre, ed era già a metà del ponte, quando questi si dissolse ed il promesso incontro con la fanciulla ebbe il sapore delle gelide acque del lago.


Il giovane cacciatore fu miracolosamente salvato dalla stessa Ninfa e i carbonai commentarono l’accaduto ognuno a suo modo.
Alcuni dissero che la Ninfa, per punizione di aver tentato di uccidere il giovane, era stata tramutata in dura roccia.
Altri invece affermarono che la Ninfa, pentita e disperata per il gesto compiuto, pregò Calipso, la Regina Delle Ninfe, di salvare quel ragazzo dagli occhi verdi, promettendo che lo avrebbe amato per l’intera sua esistenza.


Di quei due ragazzi stranamente non si seppe più nulla.


Nessun testo che tratta degli Spiriti della Natura, come Fate, Ninfe, Gnomi e Folletti, ovvero di quel mondo ricco, complesso e variegato ha più parlato di loro.
Trascorsero alcuni secoli, ma da allora, e accade ancora oggi, talvolta i più fortunati riescono a vedere i due innamorati che si incontrano, e senza essersi riconosciuti, ricomincino a vivere una scheggia della loro lunga esistenza.



«...qualche mese fa, era una di quelle sere in cui Roma non si faceva davvero invidiare, la pioggia sembrava non smettere più e quando il ragazzo la vide arrivare di corsa sotto il piccolo telone di un esercizio commerciale nel tentativo di coprirsi dalla pioggia, sorrise.


Quella mattina, uscendo di casa, non aveva voluto indossare l'impermeabile ed ora si sentiva molto stupido a restarsene sotto il telone di quel negozio di lingerie tremando per il freddo e cercando di non fare la figura del baccalà in ammollo.
Osservando la panchina zuppa d'acqua che era davanti la fermata dell'autobus, gli venne da pensare che il sindaco Marino doveva essere un bel burlone se piazzava panchine senza preoccuparsi di dotarle di una pur minima copertura.


Quei suoi pensieri, del tutto irrispettosi nei confronti di quel buon’uomo, furono interrotti dalla ragazza che nel tentativo di evitare l'acqua s’intrufolò tra lui e una abbondantissima signora.
Lo sguardo del ragazzo sfiorò la figurina filiforme e gracile di lei e sebbene il suo fosse l'aspetto di una ragazzetta priva d'interesse, se ne rimase li ad osservarla come un babbeo che non aveva mai visto una donna.


«Questa non regge alla prima...» pensò tra se come può fare soltanto uno stupido piccolo uomo che vede in ogni donna...vabbè lasciamo perdere.


Ad ogni modo fece scivolare lo sguardo dal suo volto al corpo per analizzarne meglio l'aspetto generale.
Era di poco più alta della media delle ragazze che frequentava, ma talmente magra da far concorrenza alla più nota Audrey Hepburn. Indossava un tailleur color fumé in stile un po’ retrò, con richiami agli anni ’50 ma senza eccessi, spalle evidenti e punto vita esaltato, insomma un capo di ottima fattura, ma per il resto... e che ve lo dico a fa! L'unica cosa di un certo interesse erano le sue ginocchia, innegabilmente spigolose ma assolutamente piene di fascino e mistero, fasciate com'erano da un paio di calze nere che miglioravano l'aspetto generale.


Calzava scarpe con cinturino e tacco grosso, anch'esse in stile, ma in ogni caso poco adatte a sopportare una giornata piovosa.
Le gambe erano magroline e il resto del corpo poi... beh, immaginatevi un'auto FIAT di base, dove di norma mancano tutti gli optional!


Per un eterno istante lui si domandò cosa accidenti stesse guardando se quella ragazza non aveva nulla di seducente da mostrare.
Lei invece se ne stava li, un po' tremante per gli spifferi, guardando dinanzi a sé la vetrina con la biancheria intima esposta, sorridendo di tanto in tanto.
Quelle smorfiette con le labbra lo incuriosirono tanto da chiedersi cosa potesse trovarci di così divertente in quei reggiseni trasparenti e quei perizoma inverosimilmente minuscoli.


Da piccolo stupido uomo provò ad immaginarsi quale biancheria intima coprisse il suo corpo e non so proprio cosa lo spinse a credere che sotto quella gonna dovesse esserci un candido slip elegante, molto castigato, da collegiale, con una leggera merlettatura.


Improvvisamente lei sembrò notare i suoi sguardi e forse avvertire i suoi pensieri, ma non mostrò d'esserne infastidita, anzi, abbozzò un luminoso sorriso, come se volesse confermargli di aver visto giusto.

Nel frattempo la pioggia aveva preso a scendere con maggiore intensità e lui, il fetente, si divertì un mondo ad osservare le acrobazie della povera ragazza per rimanere dritta ed evitare che l'acqua sommergesse le sue scarpe inadatte a trattenerla.


«Merde!» esclamò lei «Ora mi bagnerò i piedi e comincerò a battere i denti»
«Vieni qui, mettiti al mio posto, questo lato sembra essere più riparato» le disse lui istintivamente forse spinto da un moto di simpatia.
«No, ma ti ringrazio. - rispose lei - per risolvere il problema dovresti prendermi tra le braccia e riscaldarmi come si fa con un passerotto!»


Se dieci minuti prima gli avessero detto che in quel suo essere gentile avrebbe potuto ascoltare meravigliose melodie capaci di metterlo KO, non ci avrebbe creduto ed invece entrò in confusione mentale.
Quella ragazza stava tentando d'infrangere una delle sue regole più ferree, «Mai perdere tempo con ragazze al di sotto di un certo standard» e lei non soltanto era al «di sotto»… lei era il «di sotto»!


Per sua fortuna pochi istanti dopo arrivò l'autobus quasi vuoto.

Mentre salivano la mano del giovane sfiorò quella della ragazza.
Un gesto involontario, occasionale, penserete voi, e invece non lo fu affatto, con quel gesto, il fetente, cercò in lei una complicità alla quale non aveva alcun diritto e di questo se ne rese conto, ma era una così strana atmosfera, quella che si stava creando tra loro, da spingerlo a fantasticare.

Sedettero l’uno accanto all’altra.
Lui finse di essere interessato dal suo orologio da polso, ma con la coda dell'occhio non la perse di vista un istante.
Lei sembrò divenire pensierosa, come se nella sua mente vi fosse della musica, visto che ritmava con le gambe e muoveva silenziosamente le labbra.
La sua gonna prese a sfiorare la gamba del ragazzo facendo crescere in lui un incontrollabile sentimento di tenerezza.
Fuori pioveva forte, lei quando se ne rese conto si strinse il viso tra le mani e chiuse gli occhi come se quella desolazione la disturbasse.
Rimase in quell'atteggiamento per alcuni minuti ed egli pensò che dovesse abitare lontano, visto che non si curava di controllare le fermate.


All'improvviso il ragazzo si rese conto di non sapere più dove desiderasse andare, ma lei, soffocando una esclamazione scoprì il volto e guardò fuori del finestrino bagnato di pioggia.
« Merde! Ho superato la fermata» mormorò
«Tra un paio di minuti ci sarà la prossima, faresti bene a prepararti» disse lui senza pensarci.
Lei lo guardò come se soltanto in quel momento avesse notato la sua presenza.
«Sai che ha degli occhi meravigliosi»? Disse lei «Mi ricordano qualcuno che devo aver conosciuto tanto tempo fa»
Lui divenne rosso ma non rispose, si piegò all'indietro sorridendo, ma il sorriso gli morì sulle labbra quando lei prese la sua mano e se la portò sotto la gonna.

Preso alla sprovvista il povero ragazzo non ebbe il tempo di pensare, improvvisamente si scoprì intento ad interpretare ciò che le sue dita palpavano timidamente… gli parve di riconoscere, al tatto, la merlettatura di uno slip e allora provò a muovere le dita della mano, ma lei gliela bloccò da sopra la gonna.


«Scoperto che modello indosso?» chiese con ironia.


Alla prima fermata scesero assieme. Il ragazzo sembrava essere in trance, non reagiva e allora lei lo prese per mano trascinandolo quasi a forza in una stradina buia e molto discreta.

Li prese le sue mani e le portò sul suo seno... e fu allora che il fetente scoprì che c'era sul serio…
«Per la Marianna» pensò «ce l'ha davvero il seno»!
Poi, facendo un balzo per la sorpresa, riconobbe la mano di lei carezzargli il volto bagnato e poggiarle il capo sulla spalla.
Stringendosi iniziarono a danzare mentre un dolce canto riempì la notte:


«...I sogni son desideri,
chiusi in fondo al cuor,
nel sogno ci sembran veri
e tutto ci parla d'amor...»


Il ragazzo si sentì trasportare molto in alto, tra le nuvole, poi improvvisamente un rumore alla sua destra lo svegliò.


«Dai dormiglione alzati o faremo tardi in negozio! Tua figlia Sara ha già ricevuto la sua poppata e tra poco arriverà Olga!»
«Quale negozio?» chiese lui stropicciandosi gli occhi
«Di mutande... non ricordi? Vado io sotto la doccia, ma tu non addormentarti di nuovo...»
«Per la Marianna… ho una figlia?» borbottò lui saltando a sedere sul letto in evidente stato di allarme
«Hai già dimenticato di averne una di 4 mesi?»
«Si… no… cioè!...Forse sto ancora sognando...»
«Non più amore… abbiamo finito di sognare… da oggi vivremo la nostra vita come qualsiasi essere umano… ma tu dovrai riuscire a perdonarmi per aver tentato di ucciderti»


«Tu uccidere me? Non lo credo… sai che ho di nuovo fatto quel sogno?»
«Spero che questa volta sia stato a colori!»
«Si! Questa volta era a colori... c'eri anche tu e Sara... e finalmente questa volta l'ho sentito quel canto di una dolcezza infinita».




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Racconto scritto il 27/11/2015 - 11:49
Da m c
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