INCIPIT PER UN NOIR
Le istruzioni sono:
partendo da questo incipit scrivi un racconto noir: "Era morta. Mortissima. Stramorta. La cosa dentro la vasca era morta. Sì, perché quella non era più la professoressa Marini, ma una cosa gonfia e livida che galleggiava come una camera d’aria. Era stato lui. Era stato lui a fare quello. Arretrò con le spalle al muro. L’aveva uccisa per davvero. Come aveva potuto avere ucciso un essere umano? Si gettò sul water e vomitò. Me ne devo andare subito, si disse."
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Rosa tenue
Era morta. Mortissima. Stramorta. La cosa dentro la vasca era morta. Si perchè quella non era più la professoressa Marini, ma una cosa gonfia e livida che galleggiava come una camera d'aria. Era stato lui. Era stato lui a fare quello. Arretrò con le spalle al muro. L'aveva uccisa per davvero. Come aveva potuto avere ucciso un essere umano? Si gettò sul water e vomitò “ Me ne devo andare subito “ si disse.
La nausea serrava la sua gola e come la marea saliva bloccando la mente, Brando si accasciava appoggiando la schiena alla parete, le piastrelle azzurre del pavimento attorno alla vasca apparivano asciutte, si toccava la camicia bianca con le maniche arrotolate al di sopra del gomito, scorrendo le mani sui jeans sentiva i muscoli della gambe senza tensione, abbandonati, nemmeno una goccia di acqua, né un alone di umidità.
I pensieri si inceppavano incapaci di agganciarsi uno all'altro “ Come posso aver annegato una donna senza spargere acqua sul pavimento, su di me? “, cercava disperatamente la razionalità ma riusciva solo a pensare che doveva comunque uscire quanto prima dall'appartamento, l'orologio a cucù dall'ingresso proponeva un tempo definito, dodici notturni rintocchi mentre una nuvola tracciava una scia d'inchiostro nero sulla luminosa luna piena,che dalla finestra del bagno transitava in quella afosa notte di giugno. Si alzava, prendeva una salvietta bianca, un ricamo a mano con filo rosa tenue siglava la spugna, G. M., certo Giulia Marini, lui la chiamava professoressa Marini, lei trovava sensuale, eccitante che lui le attribuisse la professionalità nei momenti più intimi, di passione, di sesso, non c'era stata donna nella sua vita che gli desse un piacere così primitivo, originario e non c'era stata donna che lo desiderasse in ogni momento della giornata, si abbandonava a lui ubriaca di desiderio. Sara la sua ex moglie non era mai stata capace di farlo sentire così uomo, un uomo vero.
Con la spugna puliva il contorno della vasca, Giulia galleggiava, gonfia, a pancia in giù, lui tentava di togliere le impronte, sapendo che erano centinaia, al lavandino apriva la fontana, sempre con la salvietta, un rigagnolo sottile di acqua, poi una serie di gocce, sempre più rade, distanti una dall'altra come i respiri di chi sta per lasciare la vita.
Non c'era acqua, Brando incredulo osservava la totale assenza di fuoriuscita dalla fontana, mentre Giulia con i suoi capelli neri corvini restava a galla, sospesa su quell'unica riserva di acqua in tutto l'appartamento.
“ Poco importa devo andarmene “ si imponeva mentre si voltava a guardarla, passando dal piccolo salotto, la tavola apparecchiata per due, la candela rosa tenue aveva ceduto la sua cera fusa alla tovaglia di candido bianco cotone, lui soffiava per spegnerla, un piccolo scrigno di velluto blu aspettava di rendere noto il suo contenuto, lo apriva, un anello con diamante, piccola luce.
Brando aveva il capo del gomitolo, lo dipanava lentamente, come un giocatore di poker stilla le sue cinque iniziali carte.
Voleva chiederle di sposarla, le aveva regalato un abito leggero di seta rosa tenue, l'aveva aiutata ad indossarlo, l'aveva fatta sedere sulla sedia preferita, il cuscino di pizzo sotto i suoi glutei perchè fosse più alta, ma quando lui le aveva aperto il cofanetto con l'anello, lei si era piegata su un lato, e dopo un lieve dondolamento era caduta, leggera sul pavimento di listoni di abete, un rifiuto, inequivocabile.
“ Anche tu Giulia vuoi lasciarmi, non mi vuoi più, ti chiedo di sposarmi e tu vuoi andartene?! Come Sara? Ti desidero dai tempi del liceo ed ora che la nostra storia d'amore potrebbe vedere la luce, tu ti neghi!”.
Dal pavimento la prendeva con forza,con foga la spogliava, voleva esser sicuro che fosse ancora sua, che non lo abbandonasse come le altre, voleva amarla nella vasca, già preparata con acqua tiepida per suggellare la loro promessa di matrimonio.
Giulia non parlava, non lo baciava, lui le sussurrava all'orecchio “ Ti voglio professoressa Marini “, nessun gemito, sussulto, nemmeno mentre lui la spingeva in acqua, sotto, non si muoveva prima non si muoveva dopo.
Galleggiava... le mutandine rosa tenue in primo piano, sfacciata offerta di sesso, lui gliele aveva regalate e fatte indossare, più volte, per poi toglierle con la bocca.
Ingrata Giulia, professoressa gonfiabile, dispensatrice di sesso a tutte le ore, accondiscendente, docile, silenziosa compagna...
priva di anima, traditrice quando meno te lo aspetti, umana, per questo, tra molti esseri umani.
La nausea serrava la sua gola e come la marea saliva bloccando la mente, Brando si accasciava appoggiando la schiena alla parete, le piastrelle azzurre del pavimento attorno alla vasca apparivano asciutte, si toccava la camicia bianca con le maniche arrotolate al di sopra del gomito, scorrendo le mani sui jeans sentiva i muscoli della gambe senza tensione, abbandonati, nemmeno una goccia di acqua, né un alone di umidità.
I pensieri si inceppavano incapaci di agganciarsi uno all'altro “ Come posso aver annegato una donna senza spargere acqua sul pavimento, su di me? “, cercava disperatamente la razionalità ma riusciva solo a pensare che doveva comunque uscire quanto prima dall'appartamento, l'orologio a cucù dall'ingresso proponeva un tempo definito, dodici notturni rintocchi mentre una nuvola tracciava una scia d'inchiostro nero sulla luminosa luna piena,che dalla finestra del bagno transitava in quella afosa notte di giugno. Si alzava, prendeva una salvietta bianca, un ricamo a mano con filo rosa tenue siglava la spugna, G. M., certo Giulia Marini, lui la chiamava professoressa Marini, lei trovava sensuale, eccitante che lui le attribuisse la professionalità nei momenti più intimi, di passione, di sesso, non c'era stata donna nella sua vita che gli desse un piacere così primitivo, originario e non c'era stata donna che lo desiderasse in ogni momento della giornata, si abbandonava a lui ubriaca di desiderio. Sara la sua ex moglie non era mai stata capace di farlo sentire così uomo, un uomo vero.
Con la spugna puliva il contorno della vasca, Giulia galleggiava, gonfia, a pancia in giù, lui tentava di togliere le impronte, sapendo che erano centinaia, al lavandino apriva la fontana, sempre con la salvietta, un rigagnolo sottile di acqua, poi una serie di gocce, sempre più rade, distanti una dall'altra come i respiri di chi sta per lasciare la vita.
Non c'era acqua, Brando incredulo osservava la totale assenza di fuoriuscita dalla fontana, mentre Giulia con i suoi capelli neri corvini restava a galla, sospesa su quell'unica riserva di acqua in tutto l'appartamento.
“ Poco importa devo andarmene “ si imponeva mentre si voltava a guardarla, passando dal piccolo salotto, la tavola apparecchiata per due, la candela rosa tenue aveva ceduto la sua cera fusa alla tovaglia di candido bianco cotone, lui soffiava per spegnerla, un piccolo scrigno di velluto blu aspettava di rendere noto il suo contenuto, lo apriva, un anello con diamante, piccola luce.
Brando aveva il capo del gomitolo, lo dipanava lentamente, come un giocatore di poker stilla le sue cinque iniziali carte.
Voleva chiederle di sposarla, le aveva regalato un abito leggero di seta rosa tenue, l'aveva aiutata ad indossarlo, l'aveva fatta sedere sulla sedia preferita, il cuscino di pizzo sotto i suoi glutei perchè fosse più alta, ma quando lui le aveva aperto il cofanetto con l'anello, lei si era piegata su un lato, e dopo un lieve dondolamento era caduta, leggera sul pavimento di listoni di abete, un rifiuto, inequivocabile.
“ Anche tu Giulia vuoi lasciarmi, non mi vuoi più, ti chiedo di sposarmi e tu vuoi andartene?! Come Sara? Ti desidero dai tempi del liceo ed ora che la nostra storia d'amore potrebbe vedere la luce, tu ti neghi!”.
Dal pavimento la prendeva con forza,con foga la spogliava, voleva esser sicuro che fosse ancora sua, che non lo abbandonasse come le altre, voleva amarla nella vasca, già preparata con acqua tiepida per suggellare la loro promessa di matrimonio.
Giulia non parlava, non lo baciava, lui le sussurrava all'orecchio “ Ti voglio professoressa Marini “, nessun gemito, sussulto, nemmeno mentre lui la spingeva in acqua, sotto, non si muoveva prima non si muoveva dopo.
Galleggiava... le mutandine rosa tenue in primo piano, sfacciata offerta di sesso, lui gliele aveva regalate e fatte indossare, più volte, per poi toglierle con la bocca.
Ingrata Giulia, professoressa gonfiabile, dispensatrice di sesso a tutte le ore, accondiscendente, docile, silenziosa compagna...
priva di anima, traditrice quando meno te lo aspetti, umana, per questo, tra molti esseri umani.

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Voto: | su 3 votanti |
Commenti
E' un racconto breve e molto ricco di particolari, che conserva una notevole fluidità narrativa. Perfetto l'attacco all'incipit proposto. Mi è piaciuto, complimenti!


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Grazie Aurelia,davvero!
Seguo il tuo esempio e faccio i complimenti a tutti...

Seguo il tuo esempio e faccio i complimenti a tutti...





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Complimenti per il meritatissimo riconoscimento.Mi servo della tua pagina per far pervenire il mio apprezzamento a tutti i premiati di giugno. Un saluto affettuoso a tutti. Aurelia


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Complimenti per il tuo racconto originale e ben scritto.5* Aurelia


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si lascia leggere con scorrevolezza bella scrittura 



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Molto particolare.
Direi geniale, il finale.
Molto molto brava.
Ciao, buona domenica.
Direi geniale, il finale.
Molto molto brava.
Ciao, buona domenica.


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