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Anima Mala

Con il termine anima mala, nella mia città, si indicano quelle persone che sono cattive d'animo, cattive dentro.
Pochi l'avrebbero detto di me ma rientro, a pieno titolo, in questa categoria.
Tutto ha inizio una piovosa mattina di gennaio.
7 gennaio 1986, Dario, il nostro responsabile locale, ci comunica chi sono i beneficiari dei premi aziendali.
Resto di sasso nel vedere quel parassita di Mario intascarsi il viaggio per due, di una settimana, a Parigi.
Chiamo Dario da parte e manifesto tutta la mia sorpresa per quella decisione.
“Il gran capo ha deciso così. Devi chiedere lumi a lui” - mi risponde Dario.
Non riesco a capire quale sia il criterio di premiazione, mi è oscuro cosa c'è sotto, in ogni caso qualcosa di marcio.
Mario non ha mai raggiunto i miei obiettivi, è sempre stato un mediocre.
La mia richiesta di capire il perché il beneficiario del primo premio non sono io, arriva al gran capo che dopo qualche giorno decide di ricevermi. Fortunatamente la sede centrale dell'azienda si trova in città, a quattro passi dalla direzione locale.
Il gran capo è una persona molto cortese.
Mi fa sedere, mi offre un sigaro, che rifiuto in quanto non fumo.
Fogli alla mano cerco di convincerlo che il premio sarebbe dovuto spettare a me.
Lui, nonostante le mie prove, è irremovibile, tira fuori un mucchio di scuse che non reggono in alcun modo, comunque, per non essere addirittura buttato fuori dall'azienda, devo “mollare la presa” e fingere di accettare lo stato di cose.
Ottengo il secondo premio, una pelliccia di visone, che regalerò a mia moglie.
Capisco, in quell'ufficio, che il gran capo ha in mente Mario come prossimo responsabile locale.
Scopro che Dario, ai primi di giugno, andrà a ricoprire un nuovo incarico.
Il cambio del responsabile locale è decisamente prossimo.
Nonostante tutti i miei sforzi, rimarrò fermo a guardare un … fare carriera.
Sono giunto alla conclusione che Mario arriverà a prendere il posto del gran capo mentre io, forse, alla soglia della pensione riuscirò a ricoprire il posto di responsabile locale.
Trovo estremamente ingiusto, dopo tutto quello che ho fatto, essere stato trattato in questo modo.
Questa è la famosa goccia. Sono stanco di anni di piccole e grandi sopraffazioni.
Nonostante l'evidenza, il premio è stato, comunque, assegnato a chi non lo merita inoltre, cosa ancora più grave, certamente diventerà il prossimo responsabile locale.
La sera del colloquio con il gran capo ho deciso che avrei tolto di mezzo qualunque ostacolo che si opponga alla mia carriera, è arrivato il mio momento di dire basta.
Matura in me un disegno criminale.
Mi devo difendere da questa società malata che cerca, in ogni modo, di prevaricare i miei diritti, che tenta di togliermi quello che ho faticosamente costruito.
Ritengo giusto dover usare delle “armi non convenzionali” per raggiungere un obbiettivo altrimenti irraggiungibile con i normali mezzi di convivenza civile.
Il mio primo obbiettivo è ovviamente Mario.
Non posso accettare questa ingiustizia e non posso permettere che lui possa fare carriera ai miei danni.
Organizzo una messa in scena, una trappola.
Faccio sparire il portafoglio di Mario senza che lui se ne renda conto, difatti lo vedo uscire senza nessuna particolare preoccupazione, anzi è sereno, contento forse del sapersi sicuro prossimo responsabile locale e anche contento del fatto che io, almeno quella è la facciata che mostro, sembro aver assorbito il colpo e non gli creo particolari problemi.
12 gennaio 1986, con la scusa di aver trovato il portafoglio, telefono da una cabina cercando di farlo uscire di casa.
Lui non sospetta nulla, riesco a non far riconoscere la mia voce.
Gli dico che sono impossibilitato a muovermi e che, se vuole indietro il portafoglio, deve venire lui a prenderlo, gli do un indirizzo appena fuori città... accetta.
Mario vive da solo da quando la moglie l'ha lasciato, ogni tanto va qualche parente a trovarlo.
Mi domando che ne fa di un viaggio per due, forse ha trovato qualche gentile presenza, la cosa, in ogni caso, non fa nessuna differenza.
Vedo il collega uscire.
Faccio conto che dovrei avere una buona mezz'ora per fare tutto.
Sono riuscito a procurarmi un passepartout, con cui riesco ad aprire senza problemi la porta della sua casa.
Entro, nel tavolo di cucina trovo un bicchiere con un po' d'acqua, un fatto perfetto per il mio piano, senza perdere ulteriore tempo, verso del veleno nel bicchiere, sperando che al rientro beva quell'acqua.
Il portafoglio, maneggiato con i guanti, lo metto dentro un cassetto del salotto.
Esco con passo veloce, mi dirigo verso il parcheggio dove c'è la mia auto.
Ritengo di non essere stato visto da nessuno mentre io non ho visto alcuno nei paraggi.
Lunedì mattina, Mario non si presenta a lavoro.
Nessuno sa il motivo di questa assenza.
Inizialmente si pensa ad un problema di traffico, con il passare del tempo ci si rende conto che qualcosa di importante deve averlo trattenuto.
Le telefonate vanno sempre a vuoto.
Penso che il mio piano abbia funzionato alla grande.
Martedì mattina, Dario riesce a contattare un parente di Mario, che era un suo collega di università, gli dice che è preoccupato in quanto non si è presentato a lavoro sia ieri che oggi, il che non è da lui.
Il corpo di Mario viene ritrovato riverso a terra in cucina, non ci sono segni di scasso, tutto sembra essere al suo posto.
I vicini raccontano alla polizia, che viene chiamata dal parente che assieme al padrone di casa hanno trovato il corpo, che era, da qualche giorno, un po' strano.
Dario, che ha parlato con i parenti, dice che i vicini non hanno notato nessun movimento strano, il che mi fa ritenere che nessuno mi abbia visto e che, probabilmente, nessuno ha notato Mario uscire in auto per tornare poco dopo.
I parenti cercano di capire cosa possa essere successo, frugano tra le sue cose e trovano una lettera, indirizzata alla ex moglie, dove sembra dare ragione ad un gesto estremo, portato a termine con il veleno.
Mi preparo mentalmente sul cosa dire alla polizia quando verrà a interrogarmi, cosa che do per scontato visto che sono un collega e che, per la storia del premio, avrei potuto avere un movente, invece nulla.
La polizia non viene.
L'unico ad essere sentito è Dario il quale non menziona, ritenendola dal suo punto di vista un qualcosa di poca importanza e non certo da poter scatenare un delitto, la storia del premio.
La conclusione di tutto è che Mario, vinto da un problema personale, abbia deciso di porre fine alla sua esistenza.
Il viaggio, in programma dal 24 febbraio al 3 marzo, cambia beneficiario e va al suo legittimo vincitore.
Naturalmente fingo, in modo veramente subdolo, dispiacere per la fine del collega, mi intrufolo in discussioni interminabili, con gli altri colleghi, a tema Mario.
Nessuno sospetta minimamente di me, la cosa mi lusinga in quanto vuol dire che ho fatto un ottimo lavoro.
Ho tolto di mezzo un concorrente scorretto che mi avrebbe sicuramente bloccato la carriera, inoltre ho ottenuto quello che mi spettava.
Chiara, mia moglie, è totalmente all'oscuro della mia azione.
Non avevo, e non ho, nessuna intenzione di coinvolgerla, inoltre temo che una scoperta del genere possa mettere a rischio la nostra relazione.
Lei sapeva solamente che mi ero arrabbiato per una questione di lavoro, poi, però, la cosa era passata, almeno l'apparenza era quella.
La fortuna mi assiste, Dario mi riferisce che il caso è stato classificato come suicidio, nessuno verrà a cercarmi, nessuno saprà che Mario non aveva alcuna intenzione di farsi fuori... anzi aveva in mente, per il suo futuro, una brillante carriera che non vedrà mai la luce.



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Racconto scritto il 04/09/2020 - 18:08
Da Massimiliano Casula
Letta n.593 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Bello, onesto e sobrio. Grazie.

Moreno Maurutto 07/09/2020 - 09:02

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Grazie per aver letto il racconto e del commento.

Massimiliano Casula 05/09/2020 - 15:28

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Leggendo, non so perché, mi è venuto in mente il film Match Point di Voody Allen. Nella ricerca del successo economico e sociale, qualcuno commette addirittura un delitto. Una persona che non diresti mai capace di questo. Ben scritto.

Anna Maria Foglia 05/09/2020 - 11:32

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