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a giovanni falcone

A svergognar non avrai, mafioso morbo
d’italica pelle l’ancestrale beltà a ardore
negl’occhi ieri come oggi intonso scorgo
del popolo il disio di mutar del paese il colore;
non più ‘l vermiglio sangue di innocenti
ma l’alme che al mal guerra sferran ruggenti
con spirti di patria intrisi e di giustizia
ch’elevar sappien il tricolor dalla velenosa mestizia.
“Giovanni – dir io v’odo – tu nei cor nostri giaci
e non umiliato dalle bombe vigliacche di Capaci
in ciò che sarà impegno nel nostro quotidiano
al tuo baglior di ricordo tenderem la mano”.
Dì verrà in cui la Trinacria più non avrà a soffrire
tra templi e zagare d’antichi fasti lo scintillar
più non serberà l’ lezzo del morire
e nella complice frescura della gaudente sera
rifiorirà dello stival la prisca primavera.



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Opera scritta il 14/05/2019 - 13:19
Da cristiano comelli
Letta n.873 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Frammento di storia, uomo grande da ricordare.

Graziella Silvestri 20/05/2019 - 23:21

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Molto ben scritta e poi è giusto ricordare

Maria Isabel Mendez 14/05/2019 - 22:41

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Sei maestro nelle dediche a personaggi della storia presente e passata ed anche con questa non ti smentisci, sei bravissimo. Ciao.

santa scardino 14/05/2019 - 20:43

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