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le due foto di papà

Da ragazzina capitava a volte che mio padre mi faceva paura con i suoi scatti di ira anche se non rivolti a me mi terrorizzavano e tanto più mi lasciavano incredula quanto più erano repentini. Era facile che accadesse nel giro di poche parole ,e mi capitava di vederlo ridere di un accadimento e subito dopo urtarsi e alzare la voce per un’altro motivo.
Un giorno mentre riordinavo un cassetto c’erano tante foto lasciate alla rinfusa fui colpita da due foto che a mio avviso racchiudevano il carattere e il vissuto di mio padre; una raffigurava mio padre che vestito da contadino si teneva in bilico sulle
punte dei grossi scarponi da lavoro con le braccia in alto in atteggiamento di ballerino classico ,io piccolissima in braccio alla mamma e tutti e tre sorridevamo divertiti, lui giocava ,spesso con me, mi insegnava a cantare, mi insegnò a ballare mi spiegava l’opera lirica, io un pò per compiacerlo e anche perché mi divertivo lo seguivo e apprendevo i rudimenti di quelle che poi sarebbero state le mie passioni.
La seconda foto scattata in una logora uniforme, il viso giovanissimo ,scavato ma spavaldo come solo un vent’enne può esserlo.
La giro e leggo: Cara mamma dopo la disfatta di el alamein siamo allo sbando nel deserto ci faranno prigionieri. Africa 1943.
le lacrime mi annebbiarono la vista e cominciai a singhiozzare e lo chiamai ad alta voce papà, papà dicevo non mi fai paura io ti voglio bene per tutto quello che hai passato nella tua gioventù,e perdonami se qualche volta ti ho odiato.
I suoi racconti della guerra se pur struggenti erano stati sempre accompagnati da tanta ironia con tanti momenti di comicità , avevano accompagnato tutta la mia vita mi vennero in mente. I suoi momenti di terrore sotto il fuoco nemico, vedere il compagno colpito e dover continuare a tenere la postazione da solo, veder finire le munizioni, combattere senza mangiare per giorni, i pidocchi, la sete , la ritirata , lo sbandamento senza direttive ;quattro anni di guerra in un esercito impreparato e con pochi mezzi diceva.Era partito all’età di diciannove anni era tornato 26enne.La battaglia di el Alamein è rimasta storica per la resistenza effettuata dai “nostri ragazzi” con pochi mezzi.
Gli alleati quando vittoriosi arrivarono nel campo degli italiani rimasero allibiti delle condizioni che avevano trovato i nostri soldati e a gesti ci chiedevano come avevano fatto a resistere tanto a lungo in quelle condizioni. Fra i tanti episodio di cui mio padre mi parlava di aneddoti a volte curiosi ce n’era uno .Durante la campagna d’africa mio padre era al terzo anno di guerra al fronte( dopo tre mesi di addestramento era stato mandato alletà di 19 anni al fronte in prima linea). Fu mandato insieme ad altri tre soldati a bordo di una camionetta in perlustrazione, uno era tenente fresco di nomina ossia da maestro elementare si era trovato al fronte due soldati mio padre caporale era il più anziano come esperienza al fronte. Gli ordinarono di perlustrare la zona in avanscoperta e fare rapporto ai superiori se c’era qualche appostamento nemico .Premetto che il pericolo maggiore era quello di saltare su qualche mina .Mentre andavano per ildeserto la camionetta si insabbiò e i quattro militari cercarono di liberare la camionetta senza riuscirci, mio padre salito su una piccola duna
vide un cingolato nemico e soldati che sdraiati sotto una tenda che fuoriusciva da un lato del veicolo si stavano preparando il te. IL veicolo degli italiani non era adatto al deserto si era infatti subito insabbiato, non solo, ma avevano finito la poca acqua che gli avevano assegnato in dotazione. Sotto il sole cocente pensarono che l’unica cosa da fare era attendere il buio .
Quando il nemico fini di rifocillarsi smontò la tenda e si mise in moto: direzione verso di loro, in pochi minuti furono visibili : dal cingolato fermo sulla duna usci un militare e col megafono col fu chiesto,in italiano al più alto in grado della pattuglia di venire avanti e qualificarsi, il tenente sbiancò, paralizzato dalla paura e non riusciva a muoversi, era arrivato al fronte da poco,mio padre era il più “anziano”raccomandando l’anima a Dio, si fece avanti:compagnia folgore ecc.ecc. :Vien paisà pur i song talian, quando si avvicinarono gli disse quello col megafono che era il più alto in grado: “er piccirill quann jett All’america, mi sono arruolato e vulev vdè l’italia” In un attimo ragazzi che non si erano mai visti si abbracciarono i “nostri” furono rifocillati dal “nemico”erano americani che alleati con gli inglesi erano venuti a fare la guerra in europa. Ricordo mio padre quando diceva così si fa la guerra con mezzi adatti eppoi erano approviggionati di tutto, latte caffè cioccolato e soprattutto acqua, fu allora che scopri le gomme da masticare le usavano per combattere la sete.
l’altro episodio che ricordo è quello di quando durante la battaglia di el alamein , il battaglione di mio padre era stato tagliatofuori e dalle retrovie non giungevano rifornimenti ,scarseggiava tutto sopratutto l’acua il cibo le munizioni erano interrotti anche i contatti radio, erano stremati un giorno come un miraggio videro arrivare un grosso camion ,non credevano ai propri occhi finalmente si mangia una minestra, da giorni si nutrivano di gallette. I soldati assalirono il camion, lo aprirono e cosa vi trovarono ci credereste? Lucidi per scarpe: si lucidi per scarpe. Il Duce si era preoccupato di mandare ai soldati al fronte lucidi per scarpe per l’entrata trionfale nella città quando avrebbero vinto la battaglia di el alamein.
Qui si fermava non parlava aspettava che i presenti a cui raccontava questa storia arrivasse tutta la drammaticità della storia,si ripeteva lucidi per scarpe a noi che ormai nel deserto si camminava scalzi.
Poi ci fu la retata dei prigionieri (quando era stata scattata la foto di cui ho detto)i soldati inglesi presero prigionieri 70 mila soldati momenti terribili di grande confusione si rischiava anche di essere schiacciati dalla calca che si formava davanti ad un pezzo di pane lanciato a sfregio dai soldati vincitori. A volte si divertivano a lanciare i viveri nel mucchio e vi lascio immaginare settantamila giovani assetati, affamati che si muovono per raggiungere un pezzo di qualsiasi cosa ci rimanevano i morti ogni volta che si verificavano queste scene.
Dopo la retata furono imbarcati in vecchie navi cigolanti ammassati tutti
nelle stive e durante il viaggio se c’erano bombardamenti e la nave scricchiolava non potevano certo salire in coperta quindi quando sentivano le bombe sibilare e la nave sbandare non potevano fare altro che pregare o si abbracciavano o ci si faceva addosso, momenti tremendi e io ragazzina che ascoltavo percepivo tutta la tragicità del momento. Durante il tragitto che fu lungo e tormentato poichè per ovvi motivi non fu fatta la rotta più breve bensì quella più lunga e rischiosa per evitare il fuoco nemico, ci fu’ un episodio ,un soldato di guardia in coperta, mentre tutti i prigionieri erano stipati in stiva ,un soldato di guardia con un violino lo strimpellava cercando di farne uscire qualche nota ne uscivano solo lamenti; un soldato italiano non potendo sopportare oltre quello scempio a segni disse al soldato fammi suonare. Il soldato italiano appena preso il violino si alzò in piedi e cominciò a suonare la ciarda la danza ungherese, si fece subito un gran silenzio in un cresendo di note struggenti e appassionate ,mio padre non aveva mai sentito una musica tanto bella e ne è rimasto sempre affascinato, e la resa nota anche a me che ammirata ne ho parlato anche ai miei figli.
Dicevo ci fu un gran silenzio e per tutta la durata della musica ci si dimenticò della guerra ,non ci fù pericolo,non ci fu il nemico tutti furono rapiti dalla musica e dalla bravura del musicista quando fini di suonare era felice ,anche tutti i presenti erano felici , erano accorsi a sentire tutto l’equipaggio e gli ufficiali, la bellezza di quelle note in mezzo almare dopo tante battaglie sembrava decuplicata ci fu un silenzio quasi mistico eppoi uno scrosciare di applausi i soldati italiani ,come se avessero avuto una iniezione di coraggio e di fiducia nell’avvenire ,anche i nemici si fecero amici dopo calorosi applausi dentro la stiva ci fu una pioggia di pane cioccolata e tanti viveri e tanti sorrisi, erano ridiventati uomini, si guardavano l’un l’altro come compagni di “sventura”.
Queste due foto mi sono particolarmente care perchè sintetizzano il carattere e il vissuto di mio padre; uno giocherellone e poeta innamorato della vita nonostante “scusate se è poco “la guerra ,l’altra allo stremo delle forze in cui l’ultimo pensiero era stato per la mamma .
E se qualche volta tutta questa sofferenza compressa usciva fuori attraverso un urlo o un’mprecazione perché una situazione gli toccava qualche corda nascosta, se da bambina non lo capivo, ora queste foto così diverse a distanza di tanto tempo suscitano struggimento e tanta sofferenza per te mio caro papà. Io ti chiedo perdono papà per tutte le volte che ti ho giudicato e mi dispiace di non potertelo dire più.



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Opera scritta il 15/01/2020 - 16:56
Da angela farano
Letta n.700 volte.
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