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LA VIA DEI CAMPI - Parte 1 di 4

Accadde in un giorno per caso, ad un orario qualunque in un qualsiasi posto che potrebbe anche essere lì nei tuoi paraggi, proprio dietro casa tua, in un giardinetto comunale di periferia, pieno di dune d'erba, altalene, giochi per bambini e per sportivi, e tante panchine in legno. Peter, mentre aspettava l'Innominato, vide passare un ragazzo che conosceva molto bene – seppur di vista – e che pareva si chiamasse Màx, o almeno tutti lo chiamavano così quando lo vedeva al bar. Anche questo Màx sapeva di Peter, solo che non sapeva il suo nome, perchè al bar o quando si incrociavano in piazza, nessuno mai lo chiamava, perchè girava sempre solo e si sedeva sempre negli angoli più remoti, rimanendo in Silenzio e stando sempre sulle sue – schivo. Eppure non sembrava affatto cattivo questo Peter, certo poteva essere scambiato per una – spia – o al contrario un pregiudicato, una persona dai lati oscuri, da un passato tormentato – ombroso, ma non avrebbero mai avuto in mano un qualcosa che potesse confermare tutto ciò. Lo vedevano tutti, ma tutti non riuscivano a darsi risposta di lui, di chi potesse essere, e sul suo conto. Franco, o meglio Svizzero, neutrale. La gente deve pur catalogare prima di accettare un qualcuno venuto dal Nulla.
Màx in un primo momento oltrepassò Peter, e proseguì verso un gruppo di ragazzine, salutandole, che Peter aveva già visto e che anche loro avevano già visto il solitario Peter. Ma poi, dopo uno schianto in macchina da parte di una delle ragazze neo-patentate che, durante la manovra di una improbabile versione a “U”, andarono a sbattere con l'angolo contro la ringhiera di una residenza posta da parte al parchetto dove si erano riunite, questo Màx, allontanatosi per i fatti suoi probabilmente per rincasare, ritornò indietro verso Peter, non prima di essersi fermato quei 5 minuti dalle ragazze che già conosceva, per assisterle. Dell'accaduto, Peter non fece altro che sorridere. “La prima settimana di patente – eh, le donne.” si disse fra sé, avendole viste già il giorno prima in piazza, partire e tenere per una ventina di metri la prima e dare la precedenza a lui stesso a piedi, fermandosi solamente qualche metro Dopo le strisce pedonali. “Facciamo tutti degli errori.” si scusò all'affermazione precedente. Màx si fermò da parte a Peter che, nonostante l'avesse visto ritornare indietro verso di lui, non si mosse dalla panchina neanche di un millimetro. Rimase in piedi a un paio di metri e al telefono, così che Peter potesse sentire ciò che stava comunicando: “E' qui... che devo fare?...” capiva a singhiozzi, mezzo sordo da un orecchio, ma era perfettamente cosciente che stavano parlando di lui. Tanta preoccupazione che svanirà subito con l'arrivo di una pattuglia dei vigili per l'incidente e in contemporanea dell'Innominato. Le sue ultime parole furono: “Li ho visti... sto andando via... è meglio!” così si allontanò subito a passo veloce. “Chissà...” si disse Peter, perplesso. L'Innominato lo colse di sorpresa dalla parte opposta, mentre Pietro stava seguendo con lo sguardo questo Màx andare via. “Lascialo stare – lo sai perché è fuggito via anche lui.” - “Da me scappano via un po' tutti!” replicò. “Come stai?” domandò l'Innominato. “Son qua.” - “Già anche io, come Promesso. Eccoti qua il – fascicolo – su Dènnis, ascoltami bene: è un pezzo grosso, non dargli tanto fastidio, intesi? Sai che non si possono trovare così le Amicizie, lo sai benissimo e da troppi anni. Mi hai detto che avevi un conto in sospeso con lui ma...” - “Accidenti, mi ha diffamato!” lo interruppe Peter, ma l'Innominato continuò nel suo discorso: “-io però non tratto questo genere di – affari – cioè dei conti in sospeso. Io ti trovo informazioni sulla gente perchè tu ne faccia tesoro e perchè ci tieni a Conoscerle senza presentarti subito, ma non per andarli a cercare e perlopiù per conti in sospeso – e tutti tuoi! Coi -social- e gli -amici- cioè le compagnie, i branchi, stra-parlano tutti, è inevitabile Peter: non puoi venir dal nulla spacciandoti per un Santone e pretendere di essere Amico di tutti, piuttosto sei ricercato tu da tutti – si sarà spaventato, oltre che incazzato e così è sparito avvertendo tutti i suoi conoscenti di stare attenti a te. E' una reazione più che comprensibile – ti pare?” - “No.” - “Va bene, non insisto. Allora si chiama Dènnis come ti ho già detto, abita nel paese di fianco come immagino saprai-” viene ancora interrotto da Peter: “Sì lo so, e pensa che è successo per caso una domenica pomeriggio, 2 giorni dopo che mi cancellò dalla chat, svoltando per la via della Sempione – che svoltare non volevo – me lo ritrovai seduto sulla propria auto sportiva, quella Volkswagen nera, con la portiera aperta e lui seduto con le gambe sulla strada, chino al telefonino.” sorridendo Peter sempre soddisfatto delle proprie coincidenze mica tanto casuali, che lo portavano sempre nella strada che voleva al sol pensiero di quello che desiderava. “Bene allora sai già tutto – il contatto te l'ho dato, cosicché tu lo possa controllare anche se noto con Piacere che di quello che t'ho dato sapevi già, e ti prego di fare a modo, mi raccomando. Io vorrei solamente che tu stia bene, che tu abbia degli Amici con la quale tu possa vivere bene, nel sociale, farti una vita felice e essere ricordato come una persona buona-” - “Come te.” lo interruppe ancora, Peter. “Esatto – e non come malato di mente!” concluse l'Innominato, per sottolineare lo stato attuale del suo povero amico. Così Peter si ritrovò la domenica pomeriggio presso il laghetto di N., una ex-cava riempita d'acqua per tutti gli amanti della pesca e della canoa – Dènnis compreso. “Eh, le domeniche inutili.” si disse, rimuginando la noia che si provava la domenica quando non c'era scuola e l'oratorio stava chiuso, ora ben nascosto sopra il laghetto fra la boscaglia che contornava la ex-cava, in una sorta di paradiso verde che Peter conosceva fin troppo bene, ritirandosi dal Mondo Nuovo cui era costretto, purtroppo, a viverci e ritornarci dopo le sue “raffinate libertà”. Era primavera, e si stava già bene dopo le piogge. Pietro era vestito unicamente di bianco-lino, comprese le scarpe in tela e il Panama che si portava sopra i capelloni. Una sorta di – mafioso – con tanto di Cubano in bocca, e occhialini azzurro sfumati che riponeva nel taschino della camicia sulla sinistra mentre osservava col binocolo i – movimenti – di Dènnis. “Quel ricco del...” continuava a dirsi Pietro, per poi cambiare in “Burocrate da 4 soldi...”. Rimanendo lì a mangiare presso il ristorante dove si consumava pesce, Peter, nel delirio del servizio, s'improvvisò cameriere, andando a mettersi gli abiti recuperati nello spogliatoio. Voleva vedere se questo Dènnis lo avrebbe riconosciuto – ma niente. E meglio così, perché fuori avrebbe improvvisato un ben altro servizio: nel parcheggio rigò la sua bella Volkswagen incidendone una svastica, marcandola, su quel – nero fascista – che visto il carattere gli si addiceva molto. Da lontano, nel buio dei boschetti, poté godere poi della reazione. Sapeva poi, informato sempre dall'Innominato, che i suoi familiari avevano una lussuosa pasticceria proprio nel paese dove Peter lavorava, a G., e che Dènnis, da bravo figliuolo, andava a dargli una mano, così da tenersi un po' occupato tra una gara d'auto e l'altra, “Oh, poverino!” già commentava Peter quando fu informato. Così non perse tempo a farsi servire la colazione presso il suo Caffè, naturalmente in compagnia di qualche sua vecchia fiamma, così da non andarci solo per “non destare sospetti”. Anche in quest'occasione non lo riconobbe, o meglio non fece modo di far notare o capire di aver già visto Peter in altri momenti, magari lanciando qualche occhiata di troppo, o continuandolo a fissare. Niente. Aveva una gran voglia di vivere – si fa per dire, pensò Peter ironizzando, dal modo con cui prendeva ordinazioni senza capire nulla e nel servire. Ma visto l'incidente successo alla macchina, doveva mettersi da parte qualcosina di più. Così lo aiutò sfruttando la legge di gravità con una mattonella dritta sul suo parabrezza, avendo la casa che dava dietro ad un campo. Peter da bravo “professionista” quella notte aveva con sé vecchi scarponi di suo nonno recuperati in mezzo a mille oggetti nel proprio garage e usò guantoni da giardino per non far rilevare impronte su quel masso che solitamente usava, assieme ad altri, per sedersi in prossimità di un tronco, presso un boschetto anonimo della zona e che erano sempre stati lì, già presenti senza che lui li portasse per farne qualsiasi uso. Alla “grandezza” di certi figli di papà, che spesso coincidevano con l'essere figli di (…), alla loro gratuità di offendere le persone i più deboli e sole, nonché al loro disprezzo per la diversità – Peter rispondeva così, con attacchi anonimi, giocando con la sua presenza alla loro ignoranza, e alle dis-attenzioni, di chi appunto si sentiva superiore, ma con una limitata mentalità. Poi incominciò a seguirlo alle corse d'auto sia su pista, a M. e a C., che in quelle clandestine, sotto i ponti delle autostrade. Però un pomeriggio gliela fece grossa, Dènnis, perché nel frattempo Peter, girando di bar in bar in cerca di Vita (-e non di una rissa) conobbe o meglio, si fece conoscere un giovane ragazzo, un classe 2003, dal nome Danny che tanto assomigliava a Zucco di “Grease”, ma anche alla marchetta spagnola del film “Un Uomo Solo”. Insomma, un James Dean – ragazzo d'altri tempi, che sembrava uscito direttamente dagli anni 50, da “Happy Days”! I due fecero subito amicizia, data l'interesse reciproco per la fotografia: Peter per gli scatti, e questo Danny per le pose. Così coltivarono insieme questa – passione – e tra una collaborazione e l'altra, Peter, dall'animo generoso, si offrì per insegnargli a guidare e tra uno spostamento e l'altro, fargli conoscere i suoi – giardini segreti – uno tra i quali la diga del T. a S.L., ancora chiusa, che ricordava di esserci stato la domenica delle Palme conosciuta grazie ad una compagnia di C. al C. caricata nella sua macchina uno ammassato all'altro, più altri 4 su 2 motorini, alla ricerca di una “location” per la grigliata di Pasquetta, quando ancora a Peter gli tenevano alta la vita. Faceva ancora freschino ma il sole batteva forte e il cielo senza nuvole. Saltellavano su quei prismi – dei cubi messi poco sotto la diga, esattamente come quella domenica di sole del 2019 che gli avevano fatto vivere altri ragazzi. Ed ora lo stava facendo vivere solamente a questo Danny, nuovamente in totale spensieratezza. Poi seduti a fumare – occhiali da sole, un paio di birre. I Four Seasons. Tutto era magico, esattamente come 2 anni prima, prima della pandemia, o come gli avevano predetto dei reduci del suo cantante preferito – prima della Fine di un'Era, che avrebbe portato malattie, carestie e guerre, ma che poi ci sarebbe stata tanta – Luce – qualcosa di paradisiaco, celestiale. Ad un tratto Danny interruppe questi – Cuori in Atlantide – alzandosi in piedi da sopra un Prisma. “Ti ricorda qualcosa il nome Danny? Dènnis, la Volkswagen nera...” capì tutto Peter, ma come “Il Pescatore” non si guardò neppure attorno – non si mosse di un solo millimetro, non cambiò umore. Sarà stato certamente il suo piano di difesa, o di perfetto auto-controllo che solitamente viene indotto con lo studio delle “Belle Arti”, ma certamente in quel momento chi dei 2 stava perdendo tutti i sensi fu solamente Danny, in preda ad una collera scattata dalla richiesta o “commissione” di un terzo che non voleva sporcarsi troppo le mani... o la reputazione! Ma davvero si pensa di risolvere i problemi in questa maniera, come in un film – che di film ne sapeva fin troppo Peter, appassionato congenitamente. E chissà quanti ne aveva già diretti o addirittura interpretati. Ma certo era sicuro di non essere arrivato alla fine di questo. Si girò calmo, col suo profilo oramai maturo, adulto, come lo era quello di un giovane Battiato nell'unico film che aveva interpretato. Danny teneva un coltellino in mano e si scusò dicendogli che doveva fargli un po' di male, per il male che aveva causato a Dènnis, cioè alla macchina, non a lui. “Una macchina la si ripara, e molto facilmente. Una persona no, Danny.” si scusò questa volta Peter, a lui. Improvvisamente, prima che sfrecciasse all'attacco, suonò la sirena: avrebbero aperto la diga per riempire il N. e il canale V., ora che sarebbe arrivata Primavera. Danny si allontanò subito, Peter rimase seduto su uno di quei prismi. Mentre correva Danny si voltò vedendolo ancora fermo e gridò: “Scappa idiota, cosa fai ancora lì!” e Peter sussurrò: “Mi godo la fine, anche se per me il momento non è ancora arrivato...”. Sapeva che Danny non era poi così cattivo, perchè non si può essere cattivi se si viene presi a caso e magari pagati pure a commettere crimini per conti di gente senza cuore, e poi con quella bellezza innaturale di lasciarsi fotografare come una Star d'altri tempi. Semmai si è senza cervello, e avidi. Così ritornò indietro velocemente, prese Peter dandogli un pugno e portandoselo alla riva, mentre l'acqua incominciava a scendere e inondare la piana di sassi e canali. I 2 non si rividero più, ma Peter consegnò lo stesso i lavori fatti, cioè le stampe, a Danny, lasciandogliele nella buca delle lettere.
Pochi giorni più tardi provò a ricontattare alcune “vecchie fiamme”, quelli che portò a colazione da Dènnis e con la quale condivise la domenica delle Palme 2019 alla diga, avendo conosciuto virtualmente un ragazzo che faceva palestra proprio del loro paese, C. al C., anche se più grande, chiedendo loro se lo conoscessero. “Eccome no! Ma ti diamo un consiglio – lascia perdere!” suggerirono vivamente a Peter. “E perché? E' troppo – spesso – per me?” ironizzò. “Suo fratello è dentro per spaccio di droga e tentato omicidio. Vendeva chili e chili di verde e neve in tutta la provincia di V. e M. e pare che suo fratello stia continuando l'attività interrotta momentaneamente dal fratello.” Allora ricorse subito alle preziose informazioni dell'Innominato: “Gate, così si fa chiamare. E' un 96, apparentemente pulito. Abita ancora coi suoi e fa l'istruttore presso la palestra di G. Pare abbia una seconda casa a Ibiza – scordati che ci andiamo – e guida una 500 gialla decapottabile, coi copertoni bianchi... niente male!” Così Peter, dato che lavorava proprio nella città dove lavorava Gate, ogni sera, finito di lavorare, si precipitava davanti alla palestra per incominciare a studiarne l'ambiente. Fu facile localizzare nel parcheggio la 500 – certo non passava inosservata. Aspettò di venerdì quando poteva farsi – le ore piccole – per attenderlo all'uscita e seguirlo fino a casa. Prima però si fermò un'oretta al bar situato nella periferia del paese. Inutilmente cercò di camuffarsi, per non dare nell'occhio quando poi gli balenò in mente che effettivamente questo Gate non lo conosceva quindi perché preoccuparsi tanto? Entrò anche lui, senza troppi – pensieri neri – e si sedette al banco, sotto le note di “Heaven” degli Psychedelic Furs. Gate stava in compagnia seduto al tavolo, e Peter poteva godere dei ragazzi in festa sperando vivamente che sarebbero arrivate anche a lui, Certe felicità, ordinando una “Wèiss” - “Mi scusi, voleva dire una Vàiss” lo corresse il barista. “Basta che mi faccia partire!” puntualizzò Peter, deciso a sbronzarsi. Ad un tratto uno lo chiamò dal fondo del locale “Ehi, Pete!!” - “Cosa?” si domandò Peter. “Pete!! Sei proprio tu!! Ehi, ragazzi – c'è Peter!” urlò una delle sue vecchie fiamme di C. al C., richiamando quelli che giocavano a biliardo. Così 5-6 ragazzi che già conosceva gli si avvicinarono, richiamando all'attenzione anche Gate, che ovviamente conosceva i ragazzi, essendo dello stesso paese. “Ma che ci fai qui, Pete? Ehi Tony, questa gliela offriamo noi!” domandarono i ragazzini, felici di rivederlo e offrendogli la birra, mentre Peter si stava facendo sempre più piccolo perché voleva sin dal principio passare inosservato. “Sono in missione, abbassate la voce! Ma siete impazziti? Ci stanno guardando tutti!” si preoccupò. “E chi staresti cercando?” domandò uno girandosi fra i tavoli e localizzando Gate. “Ah, lui? Tu stai seguendo GATE!” urlando il suo nome, per richiamarlo apposta. “Io ti ammazzo!” esclamò ironicamente Peter, anche se spaventato a morte, col cuore a 1000. “Ehi Gate, vieni qua, c'è un ragazzo che vorrebbe conoscerti!” invitò il ragazzino. “Oddio.” disse Peter, scappando all'uscita senza aver consumato la sua “Vàiss”. Missione fallita. Lo seguì comunque fino a casa, aspettandolo in macchina, per la semplice curiosità di sapere dove abitasse. Era una bella tenuta, e non aveva dubbi che stesse bene, e non solo economicamente – pensava ai giri, a quante persone conoscesse e a quante gli volevano bene, per essere così... forte. Era ricco, dentro e fuori. Ma come farselo Amico? Quel tesoro che tanto non aveva prezzo ma faceva impazzire tutti – l'Amicizia. Se ne andò ritornando a casa nel buio della notte, coi suoi pensieri neri. Non poteva fare altro che iscriversi in palestra, in quella “gabbia di perversi”, come descriveva lo stesso Peter, dove i ragazzi si allenano al solo gusto di fotografarsi allo specchio. Lui mingherlino che se la rideva quando vedeva gli – spessi – che ossessivamente si guardavano agli specchi. “Allenassero l'Anima!” brontolò, andando in paranoia con se stesso. Gate insegnava ai corsi, quindi Peter non poteva avercelo facendo palestra libera. E fu un sollievo, tanto che difficilmente si incrociavano quando erano nelle sale. Capitava di vederlo negli spogliatoi, e capitava che Peter gli spegnesse la luce e perfino l'acqua, essendo Gate l'ultimo a uscire dalla palestra e far chiusura. Si divertiva con poco. E gli piaceva lasciare – indizi – col solo scopo di farsi conoscere. “Ma più semplicemente avvicinarti a lui e presentarsi, umilmente?” domandò l'Innominato, invitandolo alla strada più diretta. “E cosa gli dico? Ciao sono Pete, e voglio essere tuo Amico?” replicò. “Be', immagino tu non voglia un contratto matrimoniale da lui, quindi vacci a parlare tranquillamente e presentati, come fan tutte le persone – normali – che c'hai da perdere?!” Quindi una sera, finito l'improvvisato allenamento, aspettò nello spogliatoio ben nascosto nel ripostiglio l'orario di chiusura, quando tutti se ne andarono e uscì dirigendosi nella sala dove si trovava Gate da solo, che faceva delle serie alle braccia con dei pesi, a torso nudo, pantaloncini corti, calzettoni bianchi e delle scarpe da ginnastica. Peter bussò al muro: “Ehi, posso?” Gate alzò lo sguardo e sorrise: “Ah, eccoti Peter, ti stavo aspettando!” esclamò. “Ma sai chi sono?” si sorprese. “Be', sei un attore nato! Hai mai pensato di fare recitazione? Sei buffo, certo non cattivo.” gli rispose. “Sì ma tu come fai a sapere di me? Non mi sono ancora presentato?” si incuriosì Peter. “Ma se mi segui ovunque. E mi hai spento pure le luci mentre ero in doccia – sai, le telecamere a circuito chiuso. Poi mi avevano già avvisato i tuoi vecchi amici, sai – i ragazzini. Alla fine ho chiesto anch'io, di te.” poi lo tranquillizzò, invitandolo ad avvicinarsi. Parlarono tutta sera fino a notte tardi, lì in quella palestra, da soli, bevendo, fumando – anche se non voleva diventare “spesso” come lui, gli chiese degli esercizi, più mirati alla postura, alla tonicità del fisico, così gli fece vedere quello che doveva fare, provando prima lui e poi su di lui, imitandolo e seguendolo passo dopo passo, rassicurandolo che non c'è cosa più Sacra della persona che ti sta vicino nel momento più fragile, quando si è pronti di chiedere aiuto e l'aiuto arriva da chi si teme di più.
Già dai rigori dell'inverno, Peter osservava dai bordi del viale alla periferia di C., tra una casa e l'altra dove vi era un buio campo, dei ragazzini neo-maggiorenni che si riunivano in una stradina sterrata parallela al viale dove si trovava, che dava verso altri campi. Se lo ricordava dallo scorso autunno, ancora con le restrizioni per la pandemia, costretto quindi a bere nei week-end di pomeriggio per compensare le sbronze serali, quando, con la vescica piena e impossibilitato di ritornare fino a casa, optò per farla presso un campetto a 300mt dal baretto in piazza, in mezzo a qualche ciliegio spontaneo. Arrivato con la sua bici, si immobilizzò frenando di colpo nel vedere un gruppetto di ragazzini che aveva già visto e non lontano da lì, sempre nel paesino. E se li ricordava molto bene, con le loro macchinine e quegli scooter – il casino che facevano, la loro esuberanza, e il fatto che l'avessero puntato, perchè Solo, naturalmente. Ora pure nei campi, luoghi che frequentava sin da bambino, solitario, di cui l'unica cosa che amava più di ogni altra cosa – forse l'unica ad essergli sempre stata Fedele e Amica a Peter: la Natura. Oltre ovviamente ai posti abbandonati, alle chiesette di campagna dove passava le estati al fresco per scrivere, cantare con tanto di “eco-room” del tutto naturale. Posti emarginati per persone emarginate. Difficile capire la storia di ciascuno, e dove ti portano certe strade. Peter non aveva grandi Amicizie – non le aveva affatto. Era cresciuto socialmente solo e lasciato sempre solo, socialmente. Si reputava così – Libero – ma certo non era del tutto insofferente a ciò. Forse quello che più gli mancava, nonostante Questa – fortuna – era proprio la vita stessa. Ed ora, al solstizio di Primavera, nel buio del dopo-cena, se ne stava lì nuovamente a fissarli, anche se era meglio per lui che non rimanesse lì troppo a lungo. Ma un vecchio detto ebraico diceva: “Chi è nel buio vede chi è nella luce, ma chi sta alla luce non vede chi sta nel buio.”


FINE PRIMA PARTE.




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Opera scritta il 24/04/2022 - 18:31
Da Pietro Valli
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