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14 Nisan

E lo caricarono
di quel peso
sulla carne flagellata,
un palo,
di legno d’ulivo
e turbata fu la folla
fa che dio voglia
che non inciampi mai.
Ma era stremato
e si piegò il suo ginocchio
e non fu la pietà
ad andargli in soccorso,
ma l’ordine di un soldato
che per certo
non lo aveva mai amato.
e dov'era il cieco risanato
e l’uomo a cui gli orecchi
aveva sturato,
dov’erano
tutti quelli che aveva guarito
la fanciullina, Lazzaro
nessuno venne
a dar testimonianza
che quello era un uomo buono
e di sapienza
e che di Lui
non si poteva fare senza
ma ecco
che un brivido
mi percorre la schiena…
io sono come il cieco,
io sono come il sordo
mi guardo
e mi faccio…
pena.


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Poesia scritta il 11/09/2024 - 20:45
Da Maria Carla Pellegrini
Letta n.186 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Grazie per aver letto,grazie per aver commentato!

Maria Carla Pellegrini 12/09/2024 - 18:55

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Si fa tutto per scopo, manca la riconoscenza, verso Dio e verso il prossimo. Brava!!

Francesco Scolaro 12/09/2024 - 08:58

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Molto carica di pathos, complimenti!

Maria Luisa Bandiera 12/09/2024 - 08:30

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E faccio della mia pena un segno, verso chi in croce misero,
per la nostra sola pena.Complimenti!

Anna Cenni 11/09/2024 - 21:22

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