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Fiori d'arancio

Una magnifica giornata di sole si annunciava. Cristin si morse le labbra subito dopo aver pronunciato:
- Com’è bella questa mattinata. "
Guardò disorientata Maichol che nervosamente andava su e giù, volendo permeare il suo stato d’animo che fallì miseramente all’esclamazione del parroco:
- Fatti, coraggio figliolo!. "
Aldilà dei vetri della stanza di rianimazione, su un lettino singolo posto vicino alle finestre, un fascio di luce soleggiata, illuminava un profilo esile di giovane donna. Quella sagoma sconosciuta ed inerme era adagiata lì da diversi mesi, senza identità. Maichol guardava quel viso spento, fantasticando gli umori, il colore dei suoi occhi, la pace interiore che di sicuro era stata per diversi anni la padrona di quel volto. Aveva un corpo esile, seni piccoli e fianchi stretti, apparentemente dimostrava ventitre anni. Tuttavia nessuno aveva denunciato la sua scomparsa, solo un cagnolino solitario, ogni mattina puntuale si recava da lei a trovarla. Fu proprio la bestiola ha portarla in ospedale, trascinandola per tutta la strada, il solo compagno che avesse, l’unico che si preoccupasse per lei. Ed eccolo varcare la soglia della stanza, basso, con il pelo nero, orecchie appuntite ed occhi languidi, camminava indolente portandosi vicino al suo letto. Quella mattina stringeva tra i denti un ramoscello di fiori d’arancio che depositò sul suo grembo, guardandola disperato, e come sempre appoggiò il muso triste sul palmo angelico della sua padroncina; restava lì per diverse ore, poi quando se n’andava, si recava in riva al mare, dove vicino ad un cespuglio c’era la sua abitazione. Maichol per giorni e giorni, lo seguì, sperando che il cane lo conducesse dalla sua famiglia, ma Rei, ( chiamato così dagli infermieri) viveva vagabondando per le stradine tutto solo. Di lui nessuno seppe dire se avesse un padrone, apparve nel paese, la stessa mattina che portò la sventurata all’ospedale, e da quel giorno divenne il beniamino dei ragazzi.
Cristin si avvicinò a Maichol, poi chiese:
- Cos’ha deciso, il procuratore? "
Maichol dopo aver guardato per un’ultima volta il cane che si allontanava, riferì:
- Spegneremo i terminali, domani. "
Rei, come se avesse capito, si voltò a guardare Maichol e lui andandogli in contro, accarezzandolo sul muso ed inginocchiandosi vicino gli disse:
- Lo so che non puoi capire, ma purtroppo non è determinato da noi. Devi credermi Rei, se solo lei avesse un parente che la riconoscesse…-
Rei, guardò verso la stanza, alzò una zampa posandola sul ginocchio di Maichol ed ululò forte. Un lamento malinconico, funebre come un addio che invase il reparto, facendo uscire dalle loro stanze i pazienti che commossi applaudirono verso di lui, in modo rispettoso. Dopo di ciò Rei si allontanò dall’ospedale e Maichol si portò vicino al capezzale della giovane, prese il ramoscello di fiori e lo depose in un bicchiere d’acqua posandolo vicino al comodino; qualche giorno ancora e di lei sarebbe rimasto solo un foglio di carta che dava atto della sua morte, un cane angosciato ed un uomo innamorato.
Rei si allontanò dall’ospedale sofferente, la sua dolce padroncina non avrebbe più corso insieme con lui nel lussureggiante parco che circondava la bellissima città di Rochester. Con il muso in basso e la coda penzoloni, Rei percorse un breve tratto poi ritornò mogio, mogio, all’interno dell’ospedale e tutti si fermarono a guardarlo, aveva gli occhi teneri e le orecchie basse e si diresse nella cappella dove una volta giunto vicino all’altare si accucciò sconfortato. I suoi occhioni si chiusero e si lasciò andare ai ricordi. " _Tanti Auguri Arabella. "
"Disse la nonna consegnandole il cucciolo, poi baciando la sua dolce nipotina le riferì:
" Si chiama Max, spero che diveniate buoni amici. "
Arabella strinse tra le braccia il cane e poi lo baciò prolungatamente. Un bacio morbido, affettuoso e tenero che Rei aveva presente ancora, quello che li legò in una stupenda amicizia.
Rei la seguiva dovunque, nel parco la mattina quando Arabella s’impegnava in un’interminabile corsa, ripetendogli la consueta frase:
- Più veloce Max, sei proprio un fannullone, vergognati! "
E puntualmente lo riportava a casa in braccio. Poi, lui la raggiungeva nel suo ufficio al quarto piano della banca, stando lì per delle ore, ha guardarla svolgere il suo lavoro in stretta collaborazione con il direttore, ed infine gli mancava tanto quelle adorate passeggiate lungo il viale che portava dalla nonna. Un viale fiancheggiato da tanti aranceti che in primavera fiorivano espandendo nell’aria un dolcissimo profumo:
- Annusa Max, questo è la mia fragranza preferita. Quando mi sposerò il mio bouquet sarà solo, di fiori d’arancio. "
E quel giorno non era molto lontano; Arabella sarebbe diventata sposa del figlio della vedova Carleton, specialista di genetica all’università di Harvad. Lei e Daniel si erano conosciuti al liceo e subito fu amore, uno di quello che si scrive con la lettera maiuscola. Un amore reciproco, mantenuto fervido soprattutto da tanto rispetto e da un patto: raccontarsi tutto. Loro erano ventiquattrore su ventiquattro, sempre insieme, parlavano e confidavano l’uno all’altro i propri pensieri e Max ascoltava entrambi. Ora era lì accucciato in una cappella d’ospedale solo, mentre la sua Arabella era in terapia intensiva, quando dei passi pesanti lo riportarono al presente, l’uomo dal camice bianco accarezzandolo sul muso rivelò:
- Prega Rei, prega, poiché solo un miracolo ti renderà la tua padroncina. "
Max sentì ciò che Maichol con voce triste aveva riferito e lo guardò avvicinarsi al parroco che gli comunicò.
- Saputo niente da Garnett?. "
Lui scosse la testa, poi ripeté ciò che gli era stato comunicato:
- E’ stata colpita da un tipo di malattia infettiva cerebrale, che si produce senza febbre e senza alcuna reazione infiammatoria nel cervello, ma purtroppo ancora mortale. "
Poi si diresse fuori della cappella mentre Max rivolse lo sguardo verso l’altare ed il parroco gli sussurrò:
- Rimani pure tutto il tempo che vuoi, Rei. Lascerò aperto l’uscio della chiesetta. "
Rimase in silenzio nella penombra a guardare verso il Cristo. Quella statua immobile, fissa sulla croce lo acquietò, posò il muso sulle zampe anteriori e si lasciò andare indietro nel tempo ricordando.
- Forza fannullone, non credere che ti riporti a casa in braccio, chiaro? "
Non gli era piaciuta quell’affermazione e così si accucciò nel mezzo del sentiero, deciso a non proseguire per nulla quell’inutile perdita di peso.
- Max cosa stai facendo? Nel caso in cui pensi di scioperare fai pure. Io mi porterò Lelia, il piccolo cucciolo levriero della signora Almeida. "
Max riluttante si alzò e incominciò a correre, poi si sdraiò in terra fingendo di essersi fatto male. Arabella gli andò incontro, s’inginocchiò vicino e lo accarezzò affettuosamente:
- Scusami amico mio, so che sei un pigrone, non dovevo assolutamente permettere questo. "
Lo strinse tra le braccia e ritornò a casa. Max provò un’emozione triste, sentendo ancora quelle braccia che lo stringevano a lei, captò il suo odore e riaprì gli occhi e dà quei tizzoni neri scesero lacrime, si alzò e uscì dalla chiesuola portandosi al primo piano nella stanza di Arabella. L’infermiere di turno quando lo vide varcare la soglia gli disse:
- Non vuoi proprio, lasciarla sola vero Rei . "
Poi gli si affiancò nel corridoio accompagnandolo nella stanza. Max si avvicinò al suo letto, posò il muso nel palmo e rimase immobile, guardandola dormire, molte volte nelle notti buie gli fu di compagnia, specialmente in quelle tempestose con fulmini e tuoni, dove Arabella lo stringeva forte addormentandosi poi serena. Ora lui cercava di svegliarla, premendo con il proprio muso sul fianco destro di lei, in modo tale da poter rivedere lo splendido azzurro dei suoi occhi, ma purtroppo Arabella non dava nessun segno di vita. Max gemeva pietoso, ed osservandola teneramente la rivide sorridente mentre guardava verso il molo dicendogli:
- Vedrai Max, la traversata con i tre alberi di Daniel sarà elettrizzante. -
- Non potrebbe essere altrimenti, mio piccolo angelo. "
Rispose sorridente Daniel ed accarezzandola il volto continuò:
- Poi al nostro rientro ci sposeremo e tu mio impareggiabile amico ci farai da testimone, ci stai Max? "


- Poi al nostro rientro ci sposeremo e tu mio impareggiabile amico ci farai da testimone, ci stai Max? "



E Max alzò una zampa in segno di consenso. Due giorni dopo erano sul veliero a solcare il mare, rifornimenti e bevande erano stati ultimati, tutti e tre si godevano la brezza marina in direzione del tramonto. I giorni passarono movimentati e specialmente per Max che sentiva il suo pranzo andare su e giù e la propria testa girare in tondo. Questo suo modo buffo di resistere al mal di mare faceva divertire tanto Arabella che soccorendolo riferiva:
- Ho proprio un cane particolare, pigrone e con il mal di mare. Tuttavia sei il solo che voglia. L’unico, impareggiabile amico che abbia. Ti voglio molto bene Max, ricordalo sempre. "
E lui se ne stava buono tra le sue braccia, serenamente circondato dal tanto affetto, guardandola con dolcezza come se le volesse dire “ per me, sei più della mia vita stessa”. Ciò nonostante questo sogno si sarebbe ben presto spezzato. Una sera Arabella aveva organizzato una cena a lume di candela, fischiettava gioiosa mentre apparecchiava la tavola e dopo averla imbandita soddisfatta guardò Max e convenne:
- Bicchieri, tovaglioli e posate sistemate e poi per ultimo ci aggiungiamo questo vaso di rose bellissime, anche se sono plastificate, guarda Max non credi che sia una tavola principesca? "
Poi scese giù a cambiarsi d’abito, ne indossò uno lungo colore oro, che le risaltò il viso, sistemò i capelli biondi mantenuti su da forcine, poi vestì anche Max con un papillon di seta nero. La serata fu deliziosa, lei e Daniel sorridevano guardandosi negli occhi, parlando del futuro ed organizzando il loro matrimonio e dopo cena rimasero stretti uno nelle braccia dell’altro ad osservare il cielo, e le sue stelle. Poi Max incominciò ad andare nervosamente avanti e indietro per tutta la lunghezza dell’imbarcazione, Arabella e Daniel cercarono di tranquillizzarlo ma fu inutile, lui non voleva saperne mentre ringhiava forte contro l’orizzonte. Verso le prime luci del mattino capirono ciò di cui Max aveva timore; un vento spaventoso si alzò infuriando nel mare aperto, ed una vorticosa tempesta si abbatté su di loro, colpendoli inaspettatamente senza pietà. Il povero Daniel cercò di tenerla a bada per diverse ore aiutato da Arabella, ma il vento e l’acqua non davano tregua, e la tempesta continuava imperterrita a colpire senza motivo la loro imbarcazione, talmente spietata da spezzare l’albero maestro che cadde uccidendo il povero Daniel e lanciando in mare lei. Max si tuffò in acqua in suo soccorso, mentre il bel veliero andava alla deriva. Arabella gridava in vano il nome di lui, poi guardò negli occhi Max che tentava di tenerle sollevato il capo fuori dell’acqua, e lei prima di mancare esausta, sentendosi ormai perduta gli sussurrò:
- Addio mio unico amico. "
Svenne e Max la tenne sollevata con il capo per diversi giorni nuotando in cerca di una spiaggia. Raggiunse la riva di notte e si distese su di lei per scaldarla, il mattino dopo cercò di svegliarla, ma purtroppo lei continuò a dormire, e lui dopo diverse ore d’attesa decise di trascinarla al più vicino pronto soccorso. Ora era afflitto e stanco, non mangiava da giorni e soprattutto non dormiva, non voleva più vivere senza la sua padroncina, e come promessa di un’eterna amicizia gli donò i fiori a lei graditi. Osservava nostalgicamente quei fiorellini bianchi, così piccoli e teneri che spandevano un delicato profumo di fresco, sperando in cuor suo che lei aprisse gli occhi per toccarli, avvicinandoli a se, ma il miracolo non accadde e le prime luci dell’alba invasero come un fulmine a ciel sereno, la stanza. Alcune ore dopo, l’ufficiale giudiziario consegnò a Maichol l’ordine di spegnere i terminali, avuto dal tribunale e lui in uno stato d’angoscia sofferente si approssimava all’incarico. Guardò dritto negli occhi del cane, cercando una ragione valida a quell’atto disumano di togliere la vita per non sentirsi come un vile carnefice, mentre Max seduto sulle zampe posteriori continuava a guardare la spia luminosa che indicava il battito del cuore di Arabella fino a quando non si spense del tutto. Chiuse gli occhi e sollevò il muso, ampliando nella stanza un interminabile ed agghiacciante ululato che invase il reparto, coinvolgendo gli infermieri e i medici tutti ad un minuto di raccoglimento in un silenzio rispettoso. Poi in silenzio mortale rimase lì, al suo capezzale fino a quando giunse il feretro e gli addetti depositarono il corpo inerme all’interno, ma nel momento in cui stavano chiudendo la bara, Max grugnì i denti in un feroce rimprovero e Maichol inginocchiandosi vicino ed accarezzandolo il muso, intervenne:
- Ascolta Rei, loro fanno solo quello che è giusto. Lasciala andare la tua bella padroncina, in un mondo più felice, dove riposerà serena, anche se tu soffrirai una volta perduta per sempre, è giusto che sia così. Bisogna seppellirla e non si può fare altrimenti se la bara non è chiusa. "
Max guardò ancora per una volta il viso spento di Arabella e prima che fosse chiusa per sempre, prese dal comodino il ramoscello di fiori e lo posò sul suo petto, osservando con attenzione i movimenti degli infermieri. La bara fu portata nella cappella ed adagiata vicino all’altare per dare un ultimo saluto alla salma e Max si accucciò di fianco. Il parroco benedisse entrambi poi diede inizio al requiem e dagli occhi di Max scesero lacrime, tante da commuovere tutti in un bisbiglio generale, poi chiuse le palpebre lasciandosi andare ad un sonno eterno. Si ritrovò a correre in un prato in cerca della sua padroncina, era felice mentre avanzava rapidamente leggero.
Daniel lo vide correre con le orecchie appuntite e la coda svolazzante e gridò con gioia ad Arabella:
- Guarda lì mio angelo, è Max che ci viene incontro. "
Arabella s’illuminò ed il cuore le batté a mille e quando finalmente lo abbracciò forte a sé gli sussurrò in un orecchio:
- Grazie dei fiori, mio impareggiabile amico fedele. "
Si racconta tuttora che nelle notti di primavera nel reparto di terapia intensiva si ode un interminabile ed agghiacciante ululato funebre, di un cane angosciato ed un sogno mai realizzato di un uomo innamorato




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Racconto scritto il 10/04/2020 - 15:44
Da Naidas Santacruz
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