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Immortale

Non m’era mai capitato di restare senza un soldo in tasca. Non potevo comprare niente e non avevo più niente da vendere. Finché ero in treno mi piaceva rimirare il tramonto sulla pianura, ma adesso mi lasciava indifferente e faceva tanto caldo che aspettavo con ansia il calare della sera per stendermi a dormire sotto un ponte.La sera portava frescura, i silenzi bisbigliavono tutt' intorno e risvegliavano le tele sbiadite di una vita passata. Ogni giorno il treno mi portava in nuovi luoghi, a me sconosciuti, in ognuno di essi cercavo di lenire gli errori di una vita precedente che mi procuravano ancora dolore e mi opprimevano il fiato.La mattina di ogni giorno, da anni, mi trovavo ad una stazione diversa, da solo, e prendevo di nuovo quel treno, fra i silenzi delle strade che percorrevo e le urla dell' anima che si strappava e si contorceva su se stessa.Un giorno però, di ogni primavera,prendevo un treno diverso e mi recavo su una solita lapide ove lasciavo un rosa presa dai campi circostanti che costeggiavano quel piccolo cimitero, in rovina, avvolto dall' edera. Quella lapide di una donna che a me fu cara mi tratteneva a quella vita e la sua assenza mi portò a quell' esilio segnato sul mio viso dalle rughe e dai segni che il tempo incideva su di me ogni anno. La sera di un giorno come gli altri mi ritrovai su una spiaggia bianca che si protendeva sul mare in battaglia, non vi erano luci o bagliori, esclusi quello delle stelle, la luna non la scorsi, alla fine di quel piccolo litorale, su di uno scoglio, un'imponete albero affondava le sue radici nella pietra penetrandola ed estraendone la sua saggezza .Il mare non ritornava sugli orizzonti dei miei sguardi da tempo, immersi la punta del mio piede in esso, avvertii un brivido freddo e poi più niente, chiusi gli occhi per qualche istante poi li riaprii ed ero ancora li su quella spiaggia, attraversato da un vento di libeccio che portava con se sabbia che lasciava sul mio corpo.Non cercai un ponte dove trascorrere la notte la passai su quella spiaggia alla fine del litorale tra uno scoglio e quell' albero imponente da cui, non so il perchè, mi sentivo protetto.La luce del mattino si posò sui miei occhi, mi svegliai.Dalla spiaggia vidi il treno allontanarsi e lo lasciai andare, lo seguii con lo sguardo fin quando questo sparì.Era la prima volta, da anni, che non lasciavo che il treno mi portasse in altri luoghi forse perchè il mio luogo l' avevo trovato, avevo trovato la foce della pace, avevo trovato la sorgente che avrebbe richiuso le mie ferite. Non sentivo la fame o la sete, percepivo solo l' infrangersi del mio respiro con il vento.Quel giorno, diverso dagli altri, il mio giorno, m' immersi in quel mare, l' acqua era fredda,proseguii fin quando i piedi non si staccarono dal fondo ,poi,chiusi gli occhi e non nuotai più, lasciai entrare l' acqua nei polmoni,mi faceva male, lentamente scendevo sul fondo e udivo solo il rallentare del cuore,aprii gli occhi, vidi una luce e sentii gracchiare un corvo. Il nero corvo che mi ha seguito lungo il mio viaggio porterà nel suo becco un seme a crescere nei campi circostanti a quel piccolo cimitero, un seme che germoglierà una vita nuova non più maledetta e mi lascierà aggrappato a questa terra e sorveglierò in eterno quella lapide della donna che a me fu cara ed oltre il cielo la mia anima si unirà con l' anima di quella donna e saremo una sola cosa, in pace,insieme.



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Opera scritta il 07/04/2017 - 17:48
Da Sildom Minunni
Letta n.1009 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


una scrittura molto particolare piaciuta 5*

GIANCARLO POETA DELL'AMORE 07/04/2017 - 18:25

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