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STANZA N.5

Se queste pareti potessero parlare,
sicuramente non avrebbero voglia di raccontare,
un quadro appeso ad un muro,
di dubbio gusto è sicuro.


Letti appeni messi in posa,
sgualcirli sembra proprio brutta cosa,
armadietti segnati dagli anni,
il malato vi ripone i suoi panni.


Sul muro campeggia una planimetria,
che del posto svela la geometria,
un camice attende sul letto il manichino del giorno,
qualcuno a casa potrebbe non far ritorno.


Lo specchio del bagno riflette,
i pazienti con in mano le proprie cartellette,
nella stanza si chiedono i documenti,
a qualcuno si senton tremare i denti.


Un paziente cammina senza fretta,
sulle novelle ciabatte penzola ancora l'etichetta,
arriva un'infermiera, sembra Caronte,
d'istinto metto la mano sulla fronte.


La tensione è alle stelle,
brividi scorrono sulla pelle,
non cerca me fortunatamente,
di fianco a me c'è un altro paziente,


Costui ha sul petto una lunga ferita,
per coprirla tutta servirebbe la lunghezza di quattro dita,
passa un'altra infermiera, odo il rumore della sua chiavetta,
neanche lei vien da me, ma va verso la macchinetta.


Il mio turno non è ancora arrivato,
verso la sala operatoria mi attende un percorso guidato.




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Opera scritta il 04/05/2021 - 11:37
Da Meneghino Stornello
Letta n.548 volte.
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Commenti


Carina la poesia. Mi è piaciuto il termine Caronte che hai dato all'infermiera come se la definiresti come un demonio. Simpatica questa definizione.

Alberto Berrone 05/05/2021 - 22:20

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