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I disegni correvano muti sui muri delle stazioni,
si dileguavano veloci, assenti di qualsiasi colore
trasformandosi in una scia
informe
che imprimeva nel mio sguardo
il solo motivo di quelle folli corse.


Cancelletti di cemento bianco
ove dall'una e dall'altra parte
c'era la fuga verso la libertà.


Come era ostile allora parlare di libertà,
era una parola dura
che si incideva negli animi
di coloro che ormai erano fossili
della propria vita,


a stupendo agio nel loro calco di città immobile,
succube della propria storia
da cui nulla ha saputo trarre per rendersi umanamente varia e piacevole.


Statuaria quanto declinate
pur di rinunciare al dolore
a cui inevitabilmente portano
le nostre scelte
si è resa luminosa quanto abulica.


Tristemente comune,
alla ricerca del sentimento
che essa aveva soffocato
fra le sue afoso ed umide giornate,
ho dovuto rendere esule
prima il mio pensiero,
e di seguito il mio corpo.



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Poesia scritta il 25/02/2020 - 22:28
Da giuseppe trucchia
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