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= Poesia
= Racconto
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L’autore del Tomo 1:10

non habebis alium Deum praeter me




cap I- Conversazioni


Adesso so.
Quest’unica, singola volta proverò a dissuadervi dall’origliare il mormorio sommesso del mio conversare solo, a fiume su Poe.
E non negherò la nera ombra del mio interlocutore.
Non udirete uno straziato gracchiare, non un graduale miagolio. Né un soffio.
Ma lo sguardo di quella presenza.


Un suono roco e stridente mi condusse dalla camera da letto fino al terrazzo tra il granturco.
Le brattee che ondeggiavano al vento sul fianco della collina parevano terrificanti braccia di orangotango furiosi. Si percepiva l’odore della polvere della trebbiatura.
Restai lì, inspiegabilmente succube ai capricci della scrittura.
Il pensiero si fermò sulla grammatura del caffè nella tazza, e a quella che volessi dare al nuovo romanzo… e lo sguardo solo qualche attimo sul verme che voleva guadagnare terreno sul foglio a discapito della matita.
L’unico a rimanere impassibile era il tavolino in vetro con base a forma di cavalli in ottone.
Quei pochi attimi bastarono.
Stavo conversando inconsapevole con l’ombra mostruosamente grande di una falena al calore della fiamma della candela.
Sul foglio ora si poteva vedere uno scarabeo che nella concitazione io stesso avevo tentato di schizzare.
La notte si decise.
Non miagolò né gracchiò, ma con un soffio di voce si prese più di qualcosa


“Non ti sarà possibile trovare il tempo per fare tutte le cose che ti richiedono quelli con cui vivi, e al tempo stesso per il mestiere dello scrittore” due maniche arrotolate mostravano l’avambraccio tatuato… le mani facevano cigolare i braccioli della sedia, dando voce all’angolo davanti alla finestra.
Con una fitta neanche tanto lancinante il cuore mi si spostò da sinistra a destra.


“Quando non ti basterà più saper scrivere, e aspettare che un editore accetti il tuo manoscritto non porterà ad altro che alla delusione dell’insuccesso… quando chi ti è caro ti abbraccerà, il battito del suo cuore non riempirà il tuo lato vuoto” una voce caduta, perché a volte gli uomini cadono. Spezzata, come le ali di qualche angelo.


Il buio ora avvolgeva quasi solo la collina che pareva un gigantesco pinguino albino e cieco…
E Dio sembrò scusarsi per non esserci stato.


Da sotto la carta allo scrittoio, tra la ruggine dell’ottone e il legno del manico del tagliacarte


questa notte
non ho chiuso occhio,
del campanile ho udito
ogni suo rintocco





-nel tomo, in calce: dopo la V Stanza non resistetti all’ingordigia di quel “pozzo senza fondo che esaurisce la persona nello sforzo incessante di soddisfare il bisogno senza mai raggiungere la soddisfazione” (Erich Fromm)
… così feci dischiudere a quel reprobi angelus l’ottava stanza, la porta che si apre all’avidità insaziabile del sapere





non avrai altro Dio all'infuori di me




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Racconto scritto il 21/02/2023 - 06:44
Da Mirko D. Mastro
Letta n.216 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Un inizio "alla grande".
Atmosfere un po' gotiche un po' barocche... sembra quasi di entrare nel mondo di Caravaggio, leggendoti, a volte... Complimenti!
Ti seguirò col piacere di sempre

Marina Assanti 21/02/2023 - 11:31

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Per un'altra volta ancora, son entrata nel mondo magico di Terabithia, e se non sette ma otto volte mi son rialzata,lo scrittore non deve temere nulla se può entrare in quel mondo fatato che è nella sua testa. Da lì inizierà la sua salvezza. Questo è forse l'inizio di un tuo Tomo ancor più tenero e magico che con Poe, poi, puoi andar di braccetto. Al prossimo capitolo Poeta!!Fantastica fantasia la tua!!

Anna Cenni 21/02/2023 - 07:49

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Con grande piacere ho letto questo nuovo tuo lavoro e spero di riuscire a seguirti nei prossimi testi a seguire.

Maria Luisa Bandiera 21/02/2023 - 07:27

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