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Judoka

Judo
Nel 1970 ero convinto di essere abbastanza forte, finché un giorno di dicembre mia madre mi affidò un compito importante per la famiglia. Dovevo accompagnare mia sorellina Gianna Agostina in una palestra di judo di fronte a casa, essendo lei l’unica donna nella palestra. Per farla sentire più tranquilla, mi toccava stare lì seduto a guardare per due ore ogni lunedì, mercoledì e venerdì. Non è che la cosa mi dispiacesse, anzi mi iniziava ad incuriosire vedere i ragazzi in allenamento. Era veramente interessante come spiegava il maestro: il judo è difesa nella cedevolezza e allenamento in destrezza. Dopo un mese, chiesi al maestro, cintura marrone P. Reccia, se potevo anch’io iscrivermi. Non disse di no, anzi era contento che la sua piccola palestra crescesse di elementi.


Judo 2 Così iniziai gli allenamenti, imparando le prime tecniche, ma soprattutto sciogliendo i muscoli con la ginnastica e altri esercizi. Certo ero cintura bianca anche dopo un anno, ma in realtà non mi importava. Poi una sera di colpo la sorpresa: una gara in una palestra di un paese vicino con il maestro G.Contu, primo Dan. PS: era stato mio compagno di scuola alle elementari e mi sentivo molto declassato io cintura bianca lui cintura nera. Al mio turno di combattimento, il primo nella mia storia, salutai un avversario con la cintura verde, un ragazzo robusto e ben piazzato. Lì pensai che qualcuno avrebbe perso… Praticamente io che avevo iniziato da poco. Ma fui svelto a prendere la presa e con un veloce “O-soto-guruma” e immobilizzazione “Kuzure Kami Shio Gatame” vinsi, non credendo io stesso di essere riuscito. Tutti in palestra si complimentarono con me, e il maestro mi disse bravo e contento mi ringraziò. Mi sentivo importante ma capivo che la medaglia era da mettere da parte perché volevo diventare più bravo e crescere veramente. Poi presi la cintura gialla come premio. Judo 3 Gli allenamenti proseguivano nei giorni stabiliti con tutti i compagni e gli amici. Poi P.Reccia decise, d’accordo con un altro maestro di Quartu Sant’Elena, di trasferirsi in una grande palestra a Decimo gestita da G. Deiana, terzo Dan di judo che aveva fatto ottenere la cintura nera a Reccia. Così ci allenavamo lì con ben 50 allievi, grandi e piccoli. Era come una grande famiglia. Certo il maestro Deiana era molto preparato, aveva altre basi perché aveva frequentato l’accademia di judo a Roma. Passavano i mesi e gli anni, varie gare dove a volte vincevo e a volte perdevo, ma lo judo ormai era nella mente e nel cuore. Dopo due anni, diventai cintura marrone. Una sera, mentre ci allenavamo, entrò un giapponese, alto un metro e cinquanta, non sembrava gran che: jeans sbiaditi, camicia a quadri e un borsone più grande di lui. G. Deiana e P.Reccia gli fecero un cenno verso lo spogliatoio dove doveva cambiarsi. Quindi uscì in kimono e cintura bianca e lì rimasi un po’ così: sembrava nessuno.
Judo 4 Iniziò a fare ginnastica di riscaldamento in disparte. A un certo punto corse veloce verso un pilastro fino al soffitto e scese con un triplo salto mortale, battendo i piedi forte quando toccò terra, ma sempre con un sorriso sulle labbra. Persino Reccia e Deiana fecero un sorriso di compiacimento. Io devo essere impallidito per un momento, sudavo freddo. Ora Gabriele disse: ragazzi, tutti in riga per il saluto dei rei. ATSUSHI: nome giapponese che significa “lavoratore”. Era però non con noi ma di fianco al maestro, come se fosse anche lui un maestro. Fatto il saluto, Reccia disse: ora ATSUSHI vi farà lavorare uno alla volta. Tutti in ordine di cintura, dal più piccolo al più grande. Yamaha partì dal fondo, io sinceramente speravo che iniziasse da lì perché volevo vedere cosa faceva. Invece, guardando uno per uno i 50 atleti, sorridente arrivò di fronte a me e mi fece il saluto con inchino.
Judo 5 Iniziammo il Geiko, cioè l’allenamento. Eppure, ero il più bravo della palestra grazie ai miei maestri Deiana e Reccia che mi avevano portato alla cintura marrone e poi alla nera. Ogni tentativo che facevo era inutile: lui conosceva la tecnica della contro-tecnica di ogni mio movimento, ma poi mi insegnava dicendo: “Non fare così, ma così”. Era un maestro con la M maiuscola. Poi prese uno alla volta tutti gli altri: molti dei piccoli piangevano e le madri erano preoccupate, ma lui li rincuorava con un sorriso e spiegava che quello era il vero judo. Dopo aver finito la palestra, andavamo soprattutto i grandi nel bar di fronte, a mangiare una pizzetta e a bere un succo di frutta. E ci presentammo ufficialmente. Lo invitai poi nella mia falegnameria perché abitava ad Assemini. Mi disse che era un ingegnere nella Rumianca di Udine ma a causa del terremoto era stato trasferito nella Rumianca di Assemini. Così col tempo diventammo amici e ci raccontavamo ognuno della sua vita. Aveva iniziato il judo all’età di sei anni e lì facevano per temprarsi correre nudi nella neve. Judo 6 Gli chiesi se potesse darmi qualche insegnamento al di fuori dei giorni di palestra. Avevo capito che poteva insegnarmi di più, senza togliere nulla ai miei maestri. Lui acconsentì, dicendo: “Tanto non ho niente da fare dopo il lavoro”. Quindi, siccome io avevo le chiavi della palestra per aprirla nel caso che Gabriele (PS: non più Reccia perché aveva preso in gestione un’altra palestra in paese) non ci fosse, ci allenavamo io e altri quattro compagni con Geiko i giorni che non c’era palestra. Purtroppo, dopo un anno e mezzo lui doveva partire per il Giappone con nostro rammarico, ma ci siamo tenuti sempre in contatto.




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Racconto scritto il 24/09/2023 - 16:11
Da Francesco Cau
Letta n.216 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Hai tante cose belle da raccontare e da tramandare, complimeti Frank, ciao

Francesco Scolaro 26/09/2023 - 18:42

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Ciao Annina, grazie per aver condiviso la tua esperienza con lo judo e il tuo maestro. Mi dispiace che hai dovuto lasciare uno sport che ti piaceva per colpa di un insegnante irresponsabile e violento. Spero che tu abbia trovato un altro modo per esprimere la tua energia e la tua passione. La mia poesia voleva essere un omaggio a questo sport che insegna il rispetto, la disciplina e l’armonia. Mi fa piacere che ti sia piaciuta e che l’abbia trovata interessante. Ti ringrazio per il tuo commento e ti auguro una buona giornata.

Zio Frank Storie del gufo 25/09/2023 - 13:57

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Collega judoka, io invece ebbi un maestro ex marines che credeva di essere ancora nell'esercito, mi fece combattere con 1 cintura gialla e io bianca, mi stese colpendomi alla gamba e a momenti me la rompeva. Lui venne per sgridare me, e invece...a farla breve, lasciai uno sport meraviglioso ma condotto da un pazzo...così non si deve. Cmq mi è piaciuto leggerti, come al solito interessante.

Anna Cenni 25/09/2023 - 12:47

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