VISIONE
Il locomotore trascinava due soli vagoni, attraverso gli appennini, sulla vecchia linea regionale che avrebbe dovuto collegare la costa tirrenica con l’Adriatico. Già, avrebbe dovuto, ma chi poteva mai pensare di utilizzarlo quel treno, con l’idea di impiegare mezza giornata da Roma a Pescara? Solo un pazzo ubriacone, un barbone, o una persona senza arte né parte… poteva avventurarsi in un simile viaggio.
“Questo sono io!” Pensava tra se e se l’uomo, nel suo cappotto unto e bisunto..
La carrozza era vuota e, come una sorta di fantasma borbottante, portava a spasso la polvere dei suoi sedili lungo la ferrovia; per la soddisfazione, forse, di chi aveva deciso di farla passare attraverso quelle distese di prati millenari, di gente millenaria, di storie che non erano mai andate oltre il profilo di quelle montagne.
Due carrozze vuote, offerte come una fugace distrazione per gli occhi di un pastore dei Balcani… e delle sue pecore.
Intanto non sapeva come fosse finito su quel treno, o meglio, sapeva di essersi addormentato su di una carrozza vuota, e ora aveva sonno, era stanco, e aveva ancora molto sonno.
Una voce rauca e profonda lo costrinse ad aprire gli occhi:
-Biglietto… prego!
-Io, veramente, io.. non ho un biglietto…
Nel frattempo il treno aveva rallentato, senza sforzo, giacché procedeva a passo di lumaca, e si fermò sotto un cartello che recitava “Stazione di Cocullo”.
Il bigliettaio, costretto a vincere un sonno arretrato, ma non eccessivamente spazientito, si limitò a farlo scendere… aiutandolo a calare una valigia ancora più sporca del suo proprietario.
-E non farti più vedere! ...recitò infine…
La stazione era immersa in uno scenario a metà tra il deserto del Texas o una steppa siberiana, mentre un cartello direzionale indicava “Cocullo 2 km”. L’uomo si fece coraggio, anzi andò a cercarlo nei meandri più oscuri della sua coscienza, incredulo, e si mise a camminare.. E lo vide il paese, che sembrava pure uscito dalla fantasia di uno scrittore dell’ottocento.
Un minuscolo agglomerato di vecchie case raggruppate, sotto i tetti malconci ad unica pendenza, affioranti da una roccia impervia.
Ma, ormai, il più era fatto, e fu incuriosito dal vocio diffuso che proveniva dalla via di ingresso al paesino.
Si trattava di una processione.
Quella della prima domenica di maggio, in onore di San Domenico.
Il santo, ricoperto quasi completamente da sinuosi serpenti, era circondato da una folla festante ed eccitata.
Due splendide ragazze sorridenti, con i loro costumi colorati, affiancavano la statua con dei cesti sulla testa, e sembravano indifferenti ai guizzi dei rettili.
Molti altri uomini, vestiti in modo pittoresco, seguivano il corteo… con i serpenti vivi appesi al collo.
L’uomo chiuse gli occhi, si accovacciò sulla radice di una quercia, e si mise a pregare… e fu per la prima volta in vita sua..

Voto: | su 8 votanti |



Esposizione magistrale!












Lieta giornata, Francesco.
*****








