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Insanità di una giovane adolescente

Ho fili di inchiostro su questa faccia smunta, li disegno con dita di seta e carta cromata.
Cosa fare oggi?
Ritaglio schegge di questa giornata strana, abbozzo uno schizzo, in versi, del tempo, che scorre veloce per un uomo lento.
Ma la verità, amici siberiani, è che la scelta che ho fatto non era sincera: ho ceduto prima ancora di cominciare, fuggendo paure ridicole in un pomeriggio di ottobre.
Respiro profondo, respiro: non voglio annegare. Devo agire, muovermi, non devo cedere al desiderio di pensare. Ma il pensiero, fuoco ininterrotto, si insinua a fondo nella mia schiena: io stessa mi sono condannata all'esilio. E questo non è un ritorno: è solo una fuga. Ma in fondo la vita non è così nera: mi sveglio al mattino, poi dormo la sera... Le rime che scrivo, beh, sono forzate. Se stringo, le dita ne sono piagate. Ero seduta in una stanza, ma non era una stanza: era un mantello di piumeper coprirmi dalla pioggia di Aprile. Seduta a uno specchio che non mostrava il mio riflesso, riflessa vedevo il pensiero condensarsi in liquidi cristalli di parole. Ardori tentati da tempre ormai stanche che baciano pallide donne ormai bianche: non ardono vite dentro i loro fianchi, son solo fantasmi, languidi e stanchi. Con questo solito silenzio idiota a dipingere gli istanti della vita, ogni giorno un pezzo di me va via, trascinando come un gorgo i miei pensieri, e rinuncio al mio tempo ed a me stessa, rinuncio a frammenti di convinzioni. Vorticando turbinosi come sabbia essi si immergono nel mare; ma è cosa anche troppo risaputa: le convinzioni non sanno nuotare. Osservo la luna, mi scuoto la pioggia di dosso; cammino in silenzio tra vento e rumore, ripenso ai miei anni, al calore che ho dato, a quello che ho avuto, all'amore passato, a quello perduto per sempre, a quello che attende un cenno del capo per arrivare, sorprendermi e capire. Ma l'amore perduto non è svanito: è dentro di noi, scorre come linfa vitale nel sangue come ogni volto che ho incontrato; un immenso fiume di ricordi e persone sommerge la mia fragile mente. Non siamo che esseri umani, eppure NON siamo "niente". E la più grande delle verità del cielo e del paradiso non ha importanza davanti alle schegge di rubino della nostra esistenza....finalmente la vita è serena: e se non ho chi mi risponda quando chiedo spiegazioni, ho la notte che mi protegge; cullando con le sue spalle di amianto le mie guance bagnate dal fiele dell'amarezza verso me stessa e verso gli altri, Lei mi dona la dolcezza del sonno. E scopro che mi amo, e amo i miei giorni con la stessa coraggiosa fragilita' del sorriso stentato che ho sul viso, e questa paura che ha arrugginito il mio cuore di metallo, ormai incrostato del sale delle lacrime che non ho versato, questa paura io la desidero, come gli sguardi di rosa degli amici che hanno accompagnato il mio cammino, tingendo l'alba del fumo di cento sigarette ormai spente (e io non ho mai fumato!). Le membra stanche riposino al suono della pioggia sul tetto, al calore della primavera che bussa alla mia porta; i miei occhi sappiano ancora vedere oltre l'anemia degli stanchi: possano capire che dietro a ogni nebbia dei nostri volti vivono scintille che ancora possono sorprendere anime scarnificate dal cinismo e dalla noia.Se non vi capisco, amici, sappiate che non è una scelta: non posso capire ciò che è al di là di me, certi baratri di infelicità che si spalancano sotto i piedi di chi davvero ha sofferto; che cosa mai ho patito, io che ho solo colto i frutti agrodolci della melanconia? Il mio pianto è sempre stato accompagnato dalla risata; i dolori del mondo non riposano sulle mie spalle; la mia insonnia è fuga dal sogno, e non disperazione; e di cosa mai può dolersi chi ancora può fissare senza paura i suoi occhi nello specchio ogni mattina?La mia amicizia è il timore ad annuire quando mi chiederete una mano, ma non posso che essere me stessa, non posso che essere la gentilezza che piu' gentile si trova quando e' malriposta, o quando e' un gesto confuso e impacciato, quando servirebbe un abbraccio e si offre solo una carezza, data con il timore di essere di troppo, data con il timore di avere sbagliato. Amici, mi sto disgregando: mi resta la forza della mia ragione che schiaccia ogni mio pensiero, che mi costringe alla riflessione; il cuore è ebbro di gioia, anche se fosse dolore: vivere è una ragione sufficiente per soffrire ancora.



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Opera scritta il 19/10/2013 - 18:44
Da Giorgia Deidda
Letta n.1258 volte.
Voto:
su 9 votanti


Commenti


Lo hai intitolato insanità ...Eppure cosa c’è di più sano di una mente giovane che si pone tante domande, si regala risposte e poi le annulla per farsene delle nuove. No non c’è niente di insano, nella curiosità,nella fragilità, nella malinconia di un pensiero che si rifugia in sé stesso cercando conforto. Conforto che a sua volta vorrebbe ma non riesce a esternare. La verità è che quando crediamo di non aver più niente da domandarci e pensiamo di avere tutte la risposte, allora comincia il declino. E tutto questo: la curiosità, i patemi d’animo ci mancano. Perché ci rendiamo conto che allora ci sentivamo veramente vivi.Bravissima Giorgia!!!!

Claretta Frau 21/10/2013 - 15:58

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