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A DISTANZA (prima parte)

C'erano 4 ragazzi. 4 come gli Evangelisti, i Fantastici, quelli d'Oca Selvaggia – 4 ragazzi che dalle superiori si unirono in Fede per formarsi un loro Destino in questa magnifica Esistenza. Ah sì, poi c'era pure Pietro, Pietro il 5° ragazzo. L'impertinente, eppure doveva essere il primo dei 4, cioè dei 5! Pietro, che poi è pure il Protagonista o meglio – l'Ospite d'Eccezione – di questo racconto. Ed era veramente un'eccezione! Amico-amico di Oniq – fu l'unico dei 4, cioè di loro 5, a non frequentare lo scientifico di Legnano. Oniq, Albert, Alexandré e Columbus, oltre a essere della stessa scuola, erano proprio in classe assieme. “Una fortuna portare avanti le proprie relazioni d'Amicizia fin dai banchi di scuola” si continuava a dire Pietro con quello spicchio di malinconia oltre che di rammarico. Terminate le medie Pietro invece, per volere del padre, frequentò gli studi alberghieri a Gallarate, nel varesotto, anche se era l'Arte a prevalere in Pietro, sempre distratto dagli insegnamenti e con la mente fra le nuvole, motivo per cui gli declinarono gli studi scientifici facendogli intraprendere quelli professionali. Contrariamente a Oniq si trovò male Pietro e fu impossibile per lui inserirsi bene nella propria classe. Dopo i 3 mesi d'estate e che divisero le medie dalle superiori, Pietro rivide occasionalmente Oniq e per i lunghi 5 anni si ritirarono pressoché dietro a lunghe e infinite chat, davanti al computer. Per Pietro non furono i “15anni – 15anni”, neanche i 18 – la maggiore età, tanto meno la patente. I 5 anni di superiori furono solitari e bui per il povero ragazzo, fatte di pochissime uscite perlopiù solitarie e in bicicletta invece che coi nuovi compagni, con nuove e pessime conoscenze, spiacevoli incontri occasionali, nessun Amore e tante-tante gelosie, sogni e desideri per la voglia di vivere, di sfogarsi, di essere felice ma soprattutto un ragazzo normale – come tanti. Tanti progetti che per colpa della solitudine, della propria timidezza – l'Umiltà – e della gente sbagliata o meno che avrebbe conosciuto, non riuscì mai a realizzare per davvero. Pietro era il “Ragazzo della via Gluck”, che abitava in una vecchia casa di periferia, circondata da campi, in mezzo al Nulla. Dal nulla arrivava e al nulla doveva ritornare ogni volta.
Sopravviveva fin dai tempi con 15 euro alla settimana – la paghetta settimanale concessa dal padre. Con quei 15 euro, doveva tirare per tutta settimana. Vedeva gli altri vestirsi di marca, uscire il sabato sera, andare in scooter – mentre lui li metteva da parte per la musica, così tanto detestata dal padre così come dai suoi coetanei, perchè in lui non vedevano un futuro come artista. Ma non bastavano mai, non bastavano per niente. I suoi compagni, mantenuti fin troppo bene, si potevano permettere le entrate in discoteca, i capi di marca, telefonini sempre più moderni e costosi – vantavano di grandi giri, d'amicizie e oscuri, mentre Pietro non riusciva ad uscire con un solo Amico, regolarmente. Oniq fu il suo Unico punto di riferimento per tutta l'adolescenza, benché non avessero molti interessi in comune, con abitudini di vita e personalità molto differenti. Solo il tempo li legava, dai tempi dell'asilo. Il loro nonni materni erano coetanei ed entrambi vigili di paese. Morirono lo stesso anno. Anche le loro madri, come i nonni – come loro – erano coetanee. Quando terminarono le superiori, sdraiati come dallo psicologo sui 2 divani nella casa di Oniq che aveva ereditato dal nonno fuori Legnano, si domandavano spesso se il tempo giocasse un ruolo fondamentale nelle relazioni d'Amicizia, meditando intanto l'idea di fare a gara per aggiudicarsi il loro impiego fondamentale: fare i bidelli. “Ma non abbiamo il cognome troppo terronico, Pete!” pensando poi di andare in Sicilia come meta per le vacanze. “Non abbiamo abbastanza soldi, Pete!” gli ricordava sempre, Oniq, rinfacciando la realtà. Lui con la sigaretta, Pietro ancora con niente. Erano proprio diversi, ma entrambi condividevano una Purezza che a 20anni dava tanto da pensare sul loro conto. Erano umili. Non praticavano vita mondana, l'Assenza era un Piacere, e il sabato sera – bè il sabato sera era come di lunedì sera. Non cambiava nulla, come se il tempo o meglio la vita stessa si fosse fermata per loro. E rimanevano lì, sdraiati con la fortuna di fumare in casa, gustandosi del buon vino rosso e le dolcezze che Pietro era solito portare, per il disturbo. “Che noia mortale!” disse ormai con gl'occhi già chiusi Pietro, prossimo al mondo dei sogni. Oniq non soffriva la solitudine, Pietro era più disagiato – benché tenesse alti questi valori che per Destino gli facevano trascurare una – Vita Viva – Pietro però sentiva una specie di vuoto dentro di sé. Aveva sì tutte le fortune, ma non quel “ritorno” (-cioè il conforto) da parte degli Altri perchè potesse vivere convinto di come viveva e di quello che era, appagato e amato. Qualsiasi cosa facesse Pietro, nessuno lo poteva sentire, vedere, congratulare. Era un perfetto invisibile. E questa – ansia – di non avere Amici, compagnie stabili, giri, relazioni o rapporti, lo portò negli anni alla follia. Oniq, a differenza di Pietro, aveva gli Amici – certo non li cercava, ma li aveva. I 3 prediletti compagni di scuola. Il vuoto e l'ansia cui Pietro ne era afflitto, lo portarono a cercarseli, gli Amici – con ansia. Ai 3 non piaceva, nel senso che erano molto differenti come a loro volta lo erano con Oniq – ma Oniq era stato il loro compagno di scuola, che aiutò tanto i 3 con lo studio al liceo, assicurandoli al diploma e facendoseli “debitori a vita”, ma non gli venne in mente di “usarli” mai: sono stati loro 3 – da bravi debitori – a rimanergli accanto Costruendosi, nell'inconscio di una bella adolescenza, il proprio futuro tenendo alti i Legami d'Amicizia. Oniq era uno strano dono della Natura, Pietro lo paragonava a Robin Williams in tutto e per tutto: sia esteticamente, sia per la personalità spiccata, la voce squillante e il potere di persuasione – alla fine era amico di tutti! Oltre all'intelligenza, era poi uno scioglilingua assoluto: era capace di aprire la Divina Commedia in una pagina a caso e di recitarla a mò di cantilena e velocità andante senza manco incepparsi – e questo alle 2 del mattino! Eppure nonostante i voti eccellenti degli studi scientifici e la personalità molto promettente con la quale poteva farsi tutte le Amicizie che poteva, fece una vita modesta trovandosi un lavoro altrettanto modesto: senza riuscire a fare veramente il bidello, optò per la vendita in un negozio di casalinghi. Pietro al contrario non era Amico di nessuno, benché avesse fame di emergere – con dolcezza e umiltà – non lo voleva conoscere Nessuno, qualsiasi conoscenza falliva alla prima stretta di mano e, complice la timidezza, faticava un sacco anche solo per iniziare una conversazione. Nonostante l'infinita gentilezza nei confronti di tutti, specie per gli sconosciuti, Pietro era un ragazzo che veniva lasciato solo. Nessuna chiamata, nessun messaggio, nessun invito, nessuna Primavera, nessuna Estate al Mare e nessun Natale. Come se il tempo gli si fosse fermato in quella estate del 2005, a fine medie. Era un ragazzo della categoria – Perso – che non riuscì mai, nonostante l'estremo impegno, a inserirsi da qualche parte. Poteva contare solo Oniq, o meglio poteva far riferimento solo a lui – perchè nonostante non ricevesse alcun “Ciao, come stai?” da parte sua, almeno poteva scrivergli tutte le volte che ne avesse veramente bisogno – e Oniq rispondeva sempre. Lui invece diventò schiavo nel ristorante di famiglia, non prima di aver lavorato i primi due anni nella mensa scolastica dell'Istituto Bettino Craxi di Busto Arsizio, dal 2010 – 2 Destini all'apparenza bruciati dal Destino stesso, nonostante le Umili convinzioni e abitudini di vita.
Nella mensa Pietro incominciò a lavorare quasi per pura fortuna. Dato che il suo professore di cucina era stato contattato dal capo cuoco dell'Istituto per cercare personale giovane, Pietro inserì il proprio nome nella lista dei dipendenti da assumere a insaputa del professore stesso, scrivendocelo alla fine della lista con la calligrafia più simile a quella del suo maestro. Sì, Pietro era un “combinaguai” e l'unica cosa che gli riusciva veramente bene era quella di fare il furbo; era un doppiogiochista – buono. Questo per sfuggire al ristorante di famiglia e trovarsi subito un posto per mettere da parte o meglio, usare subito i soldi per i suoi Sogni – e ci riuscì effettivamente, senza avere alcun successo però e con una sola pena – la Solitudine. L'apparente introversione (-sì perchè Pietro alla fine era un mattacchione!) lo spinse allo studio della musica, a quella comunicazione indiretta fatta di note – di Pensieri e Parole. Adorava la musica e piaceva tantissimo la Poesia, il recitare in versi. Oltre che stupido e infantile agli occhi di tutti, era soprattutto un Romantico – perso. Per 2 buoni anni Pietro sfruttò l'occasione, lavorando nella mensa di un Istituto superiore, di poter farsi Conoscere da più ragazzi possibile. Quello che non era riuscito a fare durante i propri anni di studio – le Amicizie – ebbe poi modo di farsele come seconda chance proprio lì al Craxi di Busto dove ora lavorava. Addetto alla produzione di pizza-focaccia-e-calzoni, iniziò a farsi conoscere timidamente durante gli intervalli delle 10 e delle 14.15 (-primo e ultimo), così come durante le pulizie fra gli innumerevoli tavoli del grande salone sotterraneo, con la quale ebbe modo – di tanto in tanto – di sedersi coi ragazzi stessi. Poco tempo ci volle prima che Pietro diventasse la “mascotte” di tutti i ragazzi, o perlomeno di quelli che si fermavano lì a mangiare. Pietro, nonostante fosse battezzato – Solo, divertiva. Sapeva far ridere anche senza aprire bocca, faceva battute a go-go, giocando sull'ambiguità, scherzava con tutti e aveva quello strano gusto di fare – le voci: sì, a Pietro faceva fare le voci, variando continuamente timbro e carattere a seconda delle personalità che voleva acquisire. Era tanto ossessionato che oltre rimettersi a posto perfettamente i denti – come le Star d'un tempo – si era fatto togliere tonsille-adenoidi-turbinati tutti d'un colpo! Una follia – ma Pietro piaceva questo “dualismo” di lavorare umilmente e tanto sacrificarsi per intraprendere una (improbabile-) carriera artistica. Artisti si nasce – e il suo barbiere classe 1943 glielo ricordava sempre: “Tu sembri veramente uscito da un film!”. E così era, per davvero! Pietro non era bello, non era il classico ragazzino – figo – dei suoi tempi. Al contrario, aveva dei piccoli difetti nei tratti somatici del viso, poco squadrato, ma quella larga bocca – la lingua fin troppo lunga – quei grandi occhi blu-mediterraneo con quei capelli alla Bobby Darin (-o di qualsiasi cantante degli anni 50/60!), la dicevano lunga su di lui... Iniziò con l'impensabile pallavolo, quello sport femminile che tanto femminile non era, dato che venne letteralmente trascinato da un gruppo di ragazzi quando, pulendo il lungo corridoio che collegava la mensa alle palestre negli oscuri sotterranei illuminati di tanto in tanto da qualche neon, li sentì parlare della serata a gioco e loro, vedendolo nei paraggi più intento a origliare piuttosto che scopare il pavimento, lo presero a braccetto invitandolo la sera stessa a “farsi vivo” alle 20 in punto nei parcheggi della scuola. Lui aveva sentito parlare tutt'altro della pallavolo, ma giocarono lo stesso, anche se Pietro ne era completamente negato. Vi ritrovò una 15ina di ragazzi, e c'erano anche 3 o 4 ragazze, più per presenza che per giocare. Certo non avrebbero rifiutato la visione di quei corpi atletici – a parte quello di Pietro. Ma la cosa curiosa fu quello che fecero nel dopo-sport, quando pretesero di mangiare la pizza d'asporto e il McDonald's all'interno dell'Istituto, e grazie proprio a Pietro, all'interno della mensa. Era sempre meglio degli spogliatoi, che tirava un'aria, ma rimanere lì dentro al buio abusivi dopo aver scassinato la porta dei corridoi ed essere entrati grazie alla chiave di Pietro in mensa senza alcun permesso, bè non era certo il massimo – però erano tutti eccitati, e anche Pietro incominciava ad esserlo, ripensando che proprio grazie a loro Quel venerdì sera non lo avrebbe passato in casa a guardarsi un noiosissimo film oppure in giro in qualche piazzetta – solo. E fu ancor più bello quando arrivò il custode della scuola Joe – sì, Pesci, il fuggi-fuggi dei ragazzi costretti a far piazza pulita di tutti i residui e nascondersi dietro qualche cosa – al chiaro di luna – per non farsi scoprire. Chi in bagno, chi riusciva dentro gli armadietti o dietro le colonne, sotto i tavoli. E ci mancava poco che il custode non si accorgesse della presenza di “estranei” quando il telefono di Pietro intonò “Sh-Boom, Sh-Boom”. Ma se n'era già andato per fortuna, così che solo loro potessero sentire quella canzoncina degli anni 50 echeggiare per l'anfiteatro e il lungo corridoio della mensa. Con questo gruppo poté condividere piacevoli serate al bowling e al cinema, sia di sabato sera che alle festività – come per esempio la grigliata nel lunedì di Pasquetta 2012, prima volta che Pietro poté festeggiare la ricorrenza nonché il fare grigliata fuori casa, con Amici. Le frequentazioni si dissolsero nel nulla quando – diplomati – iniziarono ciascuno le proprie avventure con l'università. Un ultimo incontro ci fu nel paesino di uno di questi studenti, nel gallaratese, in occasione del film “Noi Siamo Infinito”, nella primavera del 2013. E anche se si fecero delle promesse alla visione di quel film così speranzoso per il mondo giovanile, ormai il tempo li aveva divisi completamente facendogli trovare ciascuno la propria strada fra lavoro, università e nuova gente. Anche Pietro da lì a poco avrebbe cambiato la propria strada, dato che la scuola diede l'appalto della mensa ad una multinazionale, senza che il personale venne assorbito da essa. Condannato, su costretto a lavorare al ristorante di famiglia per mantenersi gli studi nel canto e nella musica in generale. Quei 3 anni al Craxi furono un grande punto di riferimento per un solitario come Pietro che, oltre a quelli della pallavolo, ebbe modo di conoscere tanti altri ragazzi che però, alla fine, nessuno mai riuscì a farseli proprio Amici.
Fra i tanti, una coppia di ragazzi che Pietro identificò facilmente sul gruppo di Facebook dedicato alla scuola. “Questi ragazzi si lasciano rintracciare così facilmente” spensierò il ragazzo, soddisfatto di averli rintracciati troppo facilmente. Facebook a quel tempo fu un ottimo – schedario – per la ricerca della gente. Venne a sapere che erano entrambi di Borsano, fra Legnano e Busto, così terminato il lavoro ancora nella mensa del Craxi, che in piena estate finiva intorno alle 14 per via dell'assenza quasi totale dei ragazzi, prendeva la bici e da casa sua, si spostava per San Vittore Olona proseguendo per tutta Legnano e arrivando poi fino a Borsano. Fu davvero facile scovarli, perchè nel pieno pomeriggio potevano essere soltanto in oratorio. Facevano gli animatori. Poi da lì li vedeva rincasare insieme, essendo vicini di casa. Oltre a questo non seppe proprio nulla di loro, eccetto che fossero grandi Amici, sempre attacchi come gemelli siamesi, e dopo l'abbandono alla mensa dell'Istituto, non li rivide più, salvo 4 anni più tardi, nel 2016, in un concerto di Battiato e Alice. Durante il tragitto, in quel mese di luglio, capitava che Pietro si fermasse a San Vittore Olona davanti ai campetti di calcetto, dove ci stava pure il “rifugio” dei boy-scout e li vedeva tutti lì i ragazzi, giocare o inventarsi qualcosa nel parchetto. Se c'era una cosa che Pietro sapeva fare bene – era quello di Osservare, a distanza. Qualcuno aveva provato a richiamarlo, certo a 20 anni poteva ancora passare inosservato e non essere catalogato come – stalker – o un maniaco, nonostante quell'aria misteriosa che emanava con quei capelloni e gli occhiali da sole, calati alla punta del naso. Ma niente, Pietro al primo – richiamo – scappava come un bimbo che aveva combinato qualcosa. Aveva sì una fame di Amici, ma era timido, candido... e molto fragile.
Conobbe anche Dennis, un ragazzo che insegnava nel dopo-scuola la ginnastica artistica presso il Virtus di Gallarate, che frequentò ai tempi perfino Juri Chechi. Glielo presentò – seppur virtualmente – un suo compagno ancora sui banchi di scuola, essendo Dennis un amico-amico della sorella. Quando lo conobbe di Persona facendosi riconoscere in mensa, gli si presentò davanti un folletto di 1 metro e 60 dalla voce lagnosa e dall'atteggiamento troppo “attaccaticcio” e rognoso. Si dimenticarono entrambi. Così il suo ex-compagno di scuola, rimasto ancora in contatto con Pietro, gli propose un suo nuovo Amico che studiava medicina all'Insubria di Varese – Francesco, pugliese, conosciuto in un locale, e rassicurò Pietro che era un ragazzo a modo, certamente meno irrequieto di quel Dennis. Gli passò subito il suo numero sotto consenso. L'appuntamento era fissato per sabato 16 marzo 2013 davanti agli alloggi per gli studenti di medicina, lungo il viale Borri, poco più avanti del noto Ospedale di Circolo fondazione Macchi, che Pietro conosceva fin troppo bene dato le numerose visite e esami, oltre agli interventi che aveva effettuato fin dalla nascita nella struttura. Cenò in casa consumando la sua solita margherita surgelata e durante il tragitto lungo l'autostrada A8 iniziò a nevicare – in pieno marzo! Prendeva poco la radio, ma gli entrò dalle orecchio una canzone che non dimenticò mai: “Alone Again – Naturally”. Una sorta di premonizione? Suonò il campanello e uscì in un paio di minuti. Si presentarono con la stretta di mano e Francesco avanzò per baciarlo sulle guance – era il classico affetto mediterraneo. Altino, secco, olivastro e dal sorriso ben squadrato. Un dottore. E aveva pure un qualcosa di Jannacci. Si diressero presso l'entrata vecchia dell'Ospedale, lungo il viale. Era un freddo sabato sera, anche se loro non tremavano. Poche auto, i fiocchi che scendevano dal cielo ma che non si attaccavano al terreno. Una gran pace. Partirono dal famoso tunnel del seminterrato e fecero una lunghissima passeggiata su e giù per l'intero ospedale, e avanti indietro per le viette interne della struttura, passando dal vecchio al nuovo padiglione. Non erano affatto preoccupati di essere sorpresi a girovagare nel cuore della notte, perchè Francesco, essendo studente al 3° anno, aveva il pass per accendere ovunque senza problemi. Così Pietro, eccitato della situazione, approfittando del “privilegio” del nuovo Amico, sfruttò l'occasione per chiedergli di poter far visita al laboratorio di anatomia patologica – dove fanno le autopsie – e l'anfiteatro dove si tenevano le lezioni di medicina. Ma Francesco optò per qualcosa di “meglio”: portandolo direttamente alla scuola medica, gli fece vedere sì l'anfiteatro, ma anche il retro, nella parte dove facevano “pratica”. Un immenso salone pieno di lettini coperti da lenzuola dove vi erano i corpi da esaminare, studiare e sperimentare, disposti in file parallele e indiane, tutte con lo stesso numero di letti e per ciascuno 2 sgabelli per sedersi da una parte all'altra del letto. Era come nel film “Coma Profondo”, e in fondo al salone il lungo corridoio che portava alle celle... frigorifere! Inquietante. Ritornati al suo alloggio intorno alla 1 e mezza del mattino, Francesco lo invitò su nella propria stanza. Dovettero fare molto silenzio e non per l'orario ma per le dure regole imposte dalla direzione. Parlarono del più del meno fino alle 3 del mattino. A Pietro piaceva ascoltare le vite degli altri. Francesco inoltre gli mostrò la sua collezione di camicie per il quale era fissato. Ne aveva una trentina nel guardaroba. Così per ricambiare l'infinita gentilezza all'Ascolto, ne fece scegliere una a Pietro, una qualunque, da portarsela a casa in suo ricordo. Un regalo molto intimo. E coincidenza – portavano la stessa taglia, o quasi: benché fosse poco più alto, a Francesco piaceva indossarle belle tirate – a Pietro, larghe. Ci pensò su un istante, poi ne scelse una Hawaiana – ricordandosi quella di Magnum PI, in voga negli anni 80. E così fece tutta l'estate 2013 a indossare la camicia ancora prima che ritornasse di moda, in ricordo di Francesco, che non ebbe più modo di rivedere. Seppe anni più tardi che diventò medico esercitando nel proprio paese natale, giù nelle Puglie.
Albert, Alexandré e Columbus, assieme a Oniq, tennero in considerazione Pietro soltanto in 2 occasioni terminate le superiori. Una volta, per la festa di Alexandré nell'aprile 2013, che venne contattato da Oniq per aiutarli con una mano in più a trasferire sedie e tavoli da un'abitazione all'altra, e poi a quella di Albert nel settembre dello stesso anno, dato che Pietro lavorava in cucina ed essendoci tanti invitati volevano contenersi con le spese del mangiare – dolce compreso. Ci furono altre occasioni nella quale Pietro ebbe modo di vedere – a distanza – il fortunato quartetto: una volta mentre erano intenti a rubare i nani da giardino, “I nani da giardino?” si domandò Pietro, mentre rincasava in bici in una tarda sera d'estate 2014, “-strane abitudini che hanno i miei Amici!” proseguì, domandandosi perchè lui non fu – invitato – in questa singolare “missione” (-forse parlava troppo?), rivedendoli poi come “trofei” in casa di Oniq, che li collezionava coi rispettivi indirizzi di appartenenza. Veramente buffo. Un'altra invece fuori dal cimitero, sempre in piena estate, di notte, mentre Pietro girava a vuoto in bici, commentando: “Questi sono più fuori di me!”.
In chat, nella primavera 2013 conobbe un ragazzo di Milano città, che fu molto diffidente con Pietro agli inizi. Si chiamava Alberto Rossi, e sapendo che era dentro il PD, andò alla festa dei – Giovani Piddini – nel giugno dello stesso anno...


FINE PRIMA PARTE.




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Opera scritta il 13/04/2020 - 20:59
Da Pietro Valli
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