e il vento che passa ride, perché sa di non tornare.
Notti strane dove ti svegli sempre alla stessa ora,
come se qualcuno ti stesse chiamando,
come se qualcuno ti stesse aspettando.
Allora apri l’armadio degli scheletri
e frughi e cerchi quella nostalgia senza nome che hai nascosto,
o quella domanda mai fatta, rimasta sempre in tasca.
C’è il bambino sull’albero che canta la tua canzone,
a lui non importa se non ci sono più foglie,
è rimasto là e non scende.
C’è il foglio stracciato della prima poesia,
le altre le hai tutte bruciate
perché lei aveva riso, perché lei aveva tradito il segreto.
C’è anche la sua fotografia abbracciata al gatto
che pare parlarle all’orecchio,
forse le diceva il futuro,
forse le diceva che non avevamo futuro.
Continui a frugare nell’armadio degli scheletri,
ma ti accorgi che qualcuno prima di te l’ha aperto,
ma ti accorgi che qualcuno prima di te l’ha svuotato.
E tu sai chi,
ma non puoi far altro che sorridere
e cercare di nascondere una lacrima.

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