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Il Tomo- Reprobi Angelus 3.12

Tertio capitulo
Samaèl forse vi guarda dormire




I giorni che seguirono furono confusi, indistinti. Un continuo andirivieni di auto e genti alla locanda Della Cannella per commemorare quella vecchia macchietta che del paese conosceva il decoro. E i segreti.
Benedetta, rovinata nella più scorata malinconia per il lutto e la passività del marito, desiderava solo muoversi di nuovo liberamente.
Si sentiva egotista.
Il marito passava le giornate in bottega ad evadere gli ordini. Diceva di essere onusto dal lavoro. E le notti nel capanno retrostante la locanda a far chissà che.


<Andrà meglio Benedetta, qualunque cosa ora tu faccia non lo farà stare meglio… Se abbandonassimo tutti l’idea di credere nel diavolo, forse le brave persone smetterebbero di morire> Lobella guardava nel cappuccino sperando di ritrovarci forse il sorriso dell’amica.


E cercando di togliersi dalla testa quei pensieri sulla presunta somiglianza tra il forestiero e l’impenetrabile uomo del dipinto.


<A proposito del forestiero… Ho incontrato tuo marito dal fornaio e mi ha raccontato che quell’uomo gli ha commissionato un cippo di frassino senza epitaffio per questo venerdì.
Ma non ti disse di essere un rappresentante di melata?>.


<<Credo di sì, non ricordo… Scusami cara>> Benedetta sparì dietro la porta della cucina.


Dopo una lunga telefonata col figlio da Edimburgo, che solitamente le metteva il sorriso, ritornò al bancone quanto mai angustiata. Ciò che le aveva detto, le parole le sentiva scorrere dentro il sangue come veleno… le vedeva quasi.


<<Lobella, cara… vieni con me. Perdonami Dozorca… vi ho interrotti. Te la riporto fra pochi istanti>>.


Le due donne accompagnate dallo sguardo imperitoso del marito di Lobella, scomparvero.


<<Lobella, ho sentito mio figlio…>>.


<Sta bene? Come va l’insegnamento?>.


<<E’ questo il punto. Da qualche giorno pensava di tornare, era quasi rassegnato a rinunciare al suo sogno.
Pochi minuti fa mi ha detto che ora è entusiasta.
Appena ieri un uomo si è proposto di sovvenzionare il suo corso sulle decorazioni miniate; un uomo con un ratto tatuato sull’avambraccio, un certo Samaèl Propinquus…
Solo ieri. Ieri, Lobella… quando è arrivato mi ha detto che non ama volare, che viaggia sempre in automobile. Da qui a Edimburgo ci vanno almeno 25 ore!
Ma se ieri sera il forestiero ha cenato qui alla locanda, e adesso sta seduto in quel lato con un caffè!?! >>.


Guardando la sedia ormai vuota rivolta al focolare << Delirava il vecchio Gavri’el quella notte, pispigliava


Lungo il fiume illuminato da luce dorata, il suo viso sovrapposto alla luna rubiconda fece sì che angeli vaganti scambiassero un ciglio suo per un monte a cratere dove lava scendeva nel suo calmo lucido delirio.
Pensava con tutta la forza dei polsi stretti a bracciali di onice muschiata come i suoi occhi.
Il temporale era lì fermo nella sua mente.
Immerse il viso nel fiume per lasciare che lacrime dannate fluissero per fuggire al mare e placare l'animo dopo la tormenta>>.


<Dio mio, Benedetta… ma cosa dici!? Ho paura. Per mio marito e mia figlia.
E’ strano, ma per me non riesco ad averne. Mi sembra di conoscere quest’uomo. Di conoscerlo bene. Lo sento dentro di me, come se ci fosse sempre stato… Dobbiamo andare al Palazzo sull’Acqua. Quel quadro, io… devo vederlo>.


-Benedetta…
Ciao Lobella -l’artigiano in uno stato di vistosa euforia
-Devo dirvelo, è incredibile… fantastico, tesoro.
Quel forestiero… è venuto in bottega. Devo fargli un cippo in tutta fretta-.


<<Lo so, caro… devi dirgli che non puoi>>.


-Che farfugli, moglie. Mi avrebbe pagato 600 zloty!
Prima non voleva l’epitaffio, ora ha aggiunto altri 66 zloty perché vi intagli, sentite che scritta insolita…
Il destino fila lo stame della vita, inflessibile-


Il rumore prodotto dai cuori di Benedetta e Lobella era molto simile a quello dei topi che scavano in soffitta, cercando di farsi strada dove non dovrebbero.
Decisero che l’indomani la locanda avrebbe rispettato il giorno di chiusura dopo tanti anni, e avrebbero dipanato il mistero.
Si sarebbero avventurare alla volta del Palazzo.


Quella notte Dozorca si sentiva come ogni notte il custode del proprio angelo, la sua Lobella.
Lei fingeva di dormire al suo fianco, ma qualcuno era come se conversasse con la sua anima… come se vegliasse su di lei.
Quella tiritera nella testa…


il destino / inflessibile / recide / lo stame


Quell’ansia.


Nella stanza a pigione sovrastante trasformata in studiolo d’arterìa , i pensieri da un manoscritto tenuto da dita asciutte divenivano opprimenti fin a gravare sul massetto di resina al legno del pavimento



In quella sola circostanza
percepì come un pungolo,
cadendo
l’angelo.


Tracimando dagli abissi
della terra il suolo, un diavolo
sentì un insolito piacere
nella fratta all’odor di sandalo



come un calpestio costante, strascicato. Quel tedio la indusse ad alzarsi.





-----le parole di Benedetta verso la fine sono della poesia


“Delirio” dell’autrice e amica Anna Cenni



liber primus




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Racconto scritto il 20/09/2025 - 07:05
Da Mirko D. Mastro
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