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Dimenticare.

-Sa una cosa?
-Cosa?
-Io ogni tanto ci ripenso. Ci ripenso a lei. E alla fine giungo alla conclusione che l'ho dimenticata. Nel senso che ho dimenticato quasi tutto di lei.
Non ricordo più di che colore ha gli occhi; com'era il suo seno; che sapore avessero le sue labbra; cosa sentivo quando ci abbracciavamo nudi nel letto dopo aver fatto l'amore. È come se avessi di lei una figura sfumata, quasi una sagoma. Una figura che riesco a vedere solo da lontano ma che poi, a voler ingrandire la sua figura, diviene sfumata e i contorni diventano imprecisi. E mi accorgo che non solo ho dimenticato il suo corpo, ma anche la sua persona. Non ricordo più, cioè, che cosa amava leggere; qual era il suo cibo preferito; qual era la sua canzone preferita; se amava la pioggia; se preferiva il mare o la montagna. Non ricordo più nulla di quella persona.
È come se avessi messo quella persona in un luogo della mia mente remoto e dimenticato.
È come se l'avessi messa in quel posto e poi avessi spento la luce di quella stanza ideale in cui l'ho lasciata. E non solo spento la luce, ma anche chiuso la porta a chiave e andatomene via lontano, dimenticando completamente dove fosse quella stanza che c'è all'interno della mia mente e in cui non mi importa più nulla ormai andare.
Dimenticato. Completamente.
-Tutto ciò è molto triste.
-Sa qual è la cosa più triste? Che io non riesco minimamente ad essere triste per questa vicenda.


Stephane




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Racconto scritto il 26/03/2018 - 19:48
Da Andrea Motta
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