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Ticchettio infernale

Tic toc, tic toc, tic toc. La sveglia rintoccava ogni minuto, ogni secondo, senza sosta, senza tregua, disperatamente, tragicamente. Un rumore che riecheggiava negli abissi più profondi dell'animo umano, capace di far rivelare i segreti più torbidi che ciascuno aveva sepolto nel profondo del suo cuore.



Cuore



Cuore



Raccapricciante, quel suono, doloroso, torbido, maniacale. Irresistibile.




Stavo lì, immobile, a fissare quella maledetta sveglia, rossa, voluminosa, strana. Sua. Ogni cosa in quella stanza era sua, profumava di lei, emanava la sua presenza, faceva ricordare il suo viso, i suoi occhi, il suo pianto. Tutto, tutto era di lei.


Non ne potevo più, volevo strapparmi le orecchie. La sveglia rintoccava, con il suo ticchettio, ogni secondo, afferrando e rinchiudendo in sé ogni atomo di vita, una vita che scorreva e non sarebbe mai più ritornata. Sarebbe rimasta imprigionata per sempre nei suoi filamenti, duri, rivelatori, satanici.


Tic, toc, tic, toc. Sangue, urla, grida disperate, strazianti. Richieste di aiuto ammutolite, mai pervenute. I suoi occhi colmi di paura e di lacrime, i suoi biondi capelli sparpagliati sul pavimento, il corpo delicato collassato, disarticolato, il volto sfigurato e il suo dolce sorriso divenuto distorto in un ghigno malefico. Tornerò, aveva detto. Tornerò e verrai con me; mi aveva maledetto, stregato, aveva firmato la mia condanna a morte come io avevo fatto con lei.


E adesso stavo lì, ritto davanti a quella sveglia fatta- da me per dio- con il suo povero, piccolo, acerbo cuore. Stavo a fissarla con una pistola in mano.


Lentamente me la portai alla tempia, nella mia mente le immagini di quella tragedia in due atti che io stesso avevo scritto e lei aveva concluso. Una vita per la tua.


La canna fredda dell'arma era quasi un conforto per il mio cervello annebbiato.


Un colpo e non fui più.


Io ero morto e lei, lei, era lì ad aspettarmi con un ghigno beffardo dipinto sul suo volto. Adesso ero suo. Ero suo mentre mi spingeva tra le fiamme dell'inferno e la sua risata ardeva più della fiamme stesse.



Rideva mentre la polizia entrò nella mia dimora (letteralmente) umana e la ispezionarono.




Rideva mentre portavano via il mio corpo.



Infine pianse quando i suoi resti vennero restituiti ai suoi genitori.





E la sveglia continuava il suo lento, fatale, ticchettio.




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Racconto scritto il 13/07/2020 - 15:48
Da Jessy Cammisuli
Letta n.872 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Un racconto thriller un po' angosciante, ma devo dire fluidamente.

Maria Luisa Bandiera 14/07/2020 - 13:13

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Racconto breve, perchè in fondo breve è un attimo di angoscia, paura. Ho respirato Poe...e con me sfondi una porta aperta con questo genere.
Tremendamente splendido, complimenti

Mirko D. Mastro(Poeta) 13/07/2020 - 19:07

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