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Le ruote di Teresa

#pensierimetropolitani#
....ho ancora la tremarella…!
Ansia stamattina. Decido di salire da giù anziché da su: le panchine vuote per sedermi a leggere nell’attesa, sono libere giù anziché su. Salgo, continuo a leggere stando in piedi vicino alle porte che regolarmente si aprono e si chiudono alle fermate così che io possa respirare dall’asfissiante cattivo odore, mi faccio indietro per far scendere, noto che un giovane uomo parla guardando basso, si rivolge a Teresa, la ragazza/signora (l’età non so perché è spesso indecifrabile quando stanno sempre seduti, forse perché non si vede l’evoluzione del corpo nel tempo) chiedendole se deve scendere.
-“no, grazie scendo a Lodi” (leggasi fermata metro).
Leggo tra un flash e l’altro, mi colpisce una bellissima frase per me malata di tempo:
“si è fatto tardi molto presto”, la sto riflettendo e non mi accorgo quasi di essere già arrivati. Le doppie porte di sicurezza che fino all’altra fermata si erano aperte regolarmente e regolarmente si erano richiuse, non si aprono più. Tutti si spostano a quelle dopo, siamo al capolinea e si scende tutti. Io non lo avevo ancora capito che non si aprivano me ne accorgo grazie a Teresa che grida “ ma che c’è?? non si aprono le porte??”, lei non le vede è girata di spalle pronta a schiacciare il pulsante della marcia indietro, ed è molto più veloce di me a rendersene conto! Questione di sopravvivenza per chi non ha tutte le possibilità.
-“Già!”- dico- non si aprono proprio ora che lei era pronta.
-“Oddio ma devo scendere! non si aprono! come faccio ora io??!’” grida
Realizzo e vado verso le porte successive per bloccarle mettendomi in mezzo, qualcuna delle 1500 telecamere che sostituiscono il conducente ci vedrà sono convinta, ma in una frazione di secondo penso a quanto era rassicurante quando c’erano gli specchi retrovisori e il conducente col suo monitor.
Le dico “ vieni di qua intanto blocco le porte” ma forse non mi sente nel momento di confusione e mentre fa manovra per venire verso di me, la ruota rimane incastrata nel palo di sostegno centrale del vagone, sì, quello che serve a far sostenere chi è sano!!! E in quel momento è solo un intralcio. Io dico, ma gli ingegneri che progettano, vedono solo le cose dal punto di vista di chi ha tutto? perché non fanno le cose vedendo da tutte le prospettive? Ci vorrebbero dei sostegni sospesi lasciando libera la pedana per chi al posto delle gambe deve usare le ruote ingombranti.
Lei mi grida “ non mi lasciare!!!” e le vedo in viso un’espressione di panico.
E chi ti lascia tesoro!
Semmai ci facciamo un altro giretto futuristico! Altrochè!
E sticazzi l'ufficio e il cartellino!!!
Vado da lei e afferro la maniglia della carrozzina: non avevo mai guidato una carrozzina per disabili e mi rendo conto di quanta fortuna io abbia avuto fino ad ora.
La faccio uscire a marcia indietro e…. fiuuuuu…. Che stressss! ce l’abbiamo fatta!
“ tutto bene?” le chiedo, ma mi sfugge di mano perché accelera, poi si ferma…chiede “è qui l’ascensore?”, guardo le indicazioni e non si capiscono, lei ha un problema al collo oltre che gli occhiali con lenti spesse un centimetro, ma anche i cartelli, chi ha progettato la metro del futuro senza conducente, li ha fatti alti per quelli che hanno tutto, non per chi viaggia su una carrozzina ed ha una grave contorsione al collo! Mi chiedo quand’è che raggiungeremo davvero il progresso se stiamo messi ancora così.
I cartelli in alto non si capiscono piccoli e lontani come sono ed io pure non ci vedo più tanto bene, individuo solo l’immagine delle scale ( perché è facile) e quello delle biciclette (perché è facile).
Nel frattempo Teresa più svelta che mai si è già avviata ed io la seguo per accertarmi che vada dalla parte giusta, la banchina è ormai vuota da parecchio. La trovo che chiacchiera con una ragazza con la bici all’attesa dell’ascensore e le sta raccontando l’accaduto.
Così me ne vado a prendere le scale, tanto la ritroverò su che dovrà salire sul mio stesso autobus.
La cerco alla fermata dovrebbe essere arrivata prima di me, e invece la vedo che va veloce con la sua carrozzina a motore lungo via La Spezia, ha fatto tardi per l’imprevisto e aspettare l’autobus la farebbe assurdamente ritardare ancor più, e lei è sempre puntuale in ufficio. L’ho sempre ammirata per il suo coraggio e la sua determinazione ad andare da sola in carrozzina in una metropoli.
Sorrido alle sue spalle e mi tranquillizzo che' ancora mi tremano le gambe.
A proposito non so se si chiami Teresa, non ci ho mai parlato prima d' oggi, ma ha la faccia di una che si chiama così 😊



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Racconto scritto il 08/02/2022 - 22:20
Da adriana ferretti
Letta n.571 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Concordo con Margherita, davvero complimenti

Mirko D. Mastro 10/02/2022 - 06:33

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Sensazionale... con molta naturalità parli di cose importanti e scottanti per chi è meno fortunato e si aggira nel mondo dei "normali" con le ruote al posto delle gambe. Bravissima

Margherita Pisano 09/02/2022 - 21:54

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