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Licata

Quando tornavo di sera
col treno da Palermo,
io ancora giovincello
appena passavo
la galleria dopo Campobello,
vedevo le tue luci Licata,
che splendevano come occhi
gelosi da lontano,
simili a quelli della mia tenera amata.


Eri tu che m’apparivi
Bellissima, addormentata,
sopra questo mare distesa,
divinamente adagiata.
I tuoi colori si riflettevano come stelle nel mare
e brillavano d’intenso argento
come nessuno ha mai saputo fare.


Col tuo grande faro
mille baci m’inviavi,
perché mi consideravi
il tuo promesso sposo,
quello più fedele
caro ed amoroso.


Io aprivo subito il finestrino
e sorridendo ti salutavo,
come volessi stringere la mia donna
che da mille anni non baciavo.


Le braccia le tenevi spalancate nel tuo porto
piene di calore.
Lo facevi per proteggere le barchette dal riposo,
avvolte in una nebbia magica d’amore.


Adesso riposa in questa culla di mistero.
Dalla montagna, dal mare accarezzata
e dal potente cielo.


Riposa tranquilla
perché domani
t’aspetta una giornata
piena di dolore.




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Opera scritta il 25/09/2017 - 09:18
Da Vincenzo Scuderi
Letta n.1123 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Una poesia di profonda bellezza; di amore per "la bella addormentata" tra la terra e il mare. La chiusa sottintende anche un presagio di sofferenza; come spesso accade per le cose umane.. e tuttavia nulla toglie alla dolcezza poetica del testo. Mi è piaciuta moltissimo..

Francesco Gentile 26/09/2017 - 10:54

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Molto piaciuta questa poesia sulla cittadina di Licata, qui paragonata metaforicamente alla donna amata. Giulio Soro

Giulio Soro 25/09/2017 - 18:16

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Bella poesia che custodisce il mare come il dono più prezioso.

Vincent Corbo 25/09/2017 - 11:44

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