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Un inverno nuovo (seguito di Lorenza si attiva)

Un anno è passato dall'inizio della mia condanna, e sento di vivere sempre nello stesso momento; non un secondo sembra essere passato, sono fermo: riuscirò a superare un' altra stagione? Non cambia un mio pensiero, ogni secondo, ogni minuto, tutto il giorno è pieno dello stesso avvilimento, muta l'avversario: un giorno è questo un altro quella, un giovane, un vecchio, una fanciulla, una matrona... ed è sempre l'uomo il mio avversario! Gettato fuori da un recinto non riesco entrare in alcun altro, scivolo in un labirinto di cortili serrati: incapacità di rientrarvi, intolleranza verso gli occupanti, non essere accettato, non uno che possa accogliermi. Chi ha ripartito in questa maniera l'infinità dello spazio? Vivo solo delle mie lunghe passeggiate, un giorno a piedi un altro con l'auto, ma sempre con lo sfondo il buio, tra le zone solitarie, una gelata invernale è d'apprezzare smisuratamente. Il mio girovagare in auto è senza meta, ma con lo scopo di fuggire, finché giungo alla Porta dell'Etna, da qui comincio a sentire i boati del Monte. C'era un' eruzione in corso, mi richiamava a sé. Salii i tornanti infiniti nel buio della sera, con l'auto, ad ogni metro in più un desiderio di toccare con mano le fiamme, ma quando fui quasi al limite consentito alle macchine, il nuovo boato fu più violento, iniziai a tremare, catturato dallo sgomento scesi dall’auto; il buio intorno mi regalò una sensazione di quiete come non sentivo da tempo.

Immerso nell' estremo mio timore,
m'è sacro il bene che sol corrisponde
il mondo all'uomo ch' agita tra l' onde,
sul ner le ceneri e affoga il clamore.
Ammiro le nevi nel lor candore,
abbagli peggiori l'animo asconde
ed è la morte tra gelate sponde:
mia difesa in attesa d' offensore.
Cielo rovente al respiro non grava,
che più irrori preghi il divampante
getto, scorrere la sanguigna gora
verso me ch'odo crepitar la lava
tra le squame dei giorni, e larve tante
rilevan gli spazi a chi mi divora.


I ricordi messi in versi mi ravvivarono, dovevo sfogare lo spirito rinato... presi il telefono.
«Parlo con l'istituto tricologico? Senta, cortesemente, mi deve passare l'ufficio ricerche e sviluppo. Devo parlare con un vostro ricercatore. Non può. Perché? Allora perché le telefono? Per parlare con lei, con la portinaia? Va bene, … al front-office. No... devo parlare con un dottore altamente specializzato. Mi dà l'appuntamento? Vivo lontano! Va bene parlo con lei però... prenda appunti... deve riferire che ha telefonato il dottore Assenzio Capello. Allora, vorrei che prendeste in considerazione questa mia ricerca. Sono ossessionato dall'eventualità di perdere tutti i capelli, ho una capigliatura ch'alligna perfino nella fronte. Che vuol dire? Prospera, prospera! Perché allora la chiamo? Non le ho detto che ho paura di perderla? La devo chiamare quando avverrà che li perdo? Quando non ci sarà più rimedio! Voglio proporre al vostro istituto una ricerca da me effettuata, brevettata e funzionante. Senta si scopra le orecchie e ascolti attentamente: Io ho preso la forma della mia calotta, ho ricostruito il mio cranio con il gesso, l'ho cosparso di strutto, poi ho appiccicato uno strato della mia pelle ancora viva, ho spruzzato un poco di mie staminali e impiantato i bulbi dei miei capelli. Una spruzzatina ogni mattina di mie staminali e maturano capelli in abbondanza, avanti a coltivare finché non accadrà l'evento da me temuto: la perdita di capelli. Ma niente panico, ho pronto il mio tappetino, basta tirare il mio scalpo diradato e innestare quello coltivato. No, signorina, non scherzo... Perché riattacca! Così deve andare avanti la ricerca in Italia?».
«Dunque... Crizia srl... Cro. Be. sas... Croce amica!»
« Pronto, parlo con croce amica? Sono un disoccupato della Cirenaica. Sì... per l'appunto… un extra comunitario, il Cireneo. Infatti. Credo di avere in diritto di lavorare per voi. Certo, è vostro obbligo prendermi con voi. Certamente... posso capire che le assunzioni sono bloccate, ma quando non c'era da guadagnare mi volevate voi romani! Non sei romano? Ma s'è tutto un magna magna con Roma! Senta … Ma che curriculum! Non c'è nessuno che sa portare meglio di me la croce degli altri! Perché riattacchi?».
« CuraUdito! Pronto! Pronto! Pronto! Siete di CuraUdito! Pronto! Pronto! Non vi sento! Pronto! Non sento! Che cazzo avete il numero verde se non vi fate sentire! Io riattacco la cornetta... “Ha certamente bisogno di noi”, hanno pure il coraggio di dire».
Ed in quel frangente squillò il telefono e mi fece sobbalzare, ebbi paura che fossero quelli del CuraUdito, che mi ricontattassero loro col mio numero pregiudicato nel loro display... e nei displays di tanti altri arrabbiati con me, per questi scherzi telefonici ai numeri verde, da tempo il mio unico divertimento. Ma nel contempo ho pensato che avrei avuto modo di proseguire con la goliardata, di rilanciare con la burla, mi rimodellai allora a guitto e afferrai la cornetta: era l'avvocato. Fui davvero deluso.
S'è fatto sentire l'avvocato: « Il giudice è disposto ad affidarti ai servizi sociali, sconterai la pena là dove vorranno accettare la tua buona opera».
Per me fu una buona notizia. Per secondi entrambi rimanemmo in silenzio, credevo che quel pazzo m’avesse lasciato in sospeso. Iniziai a farmi sentire, improvvisamente l'avvocato calcò la voce: «O la galera! Dimmi se conosci qualche comunità».
Mi riservai un po' di tempo per sondare le opportunità. L'avvocato mi concesse mezza giornata, e mi assicurò che ero solo io con l’acqua alla gola. «Devi sbrigarti», ammonì,« i tuoi termini sono lì lì per scadere».
«Ah, i miei?», mi venne d'urlare riguardo i tempi delle procedure.
«Sì, i tuoi!», rispose l'avvocato, e con un saluto spiccio fece cadere la cornetta.
Riflettei sulla possibilità se, davvero, l'avvocato il mio fascicolo non lo studiasse per ultimo. A pensare il prestigio di cotale studio, il celebre professionista subissato di faccende ragguardevoli che incrementavano il fatturato milionario, i facoltosi clienti che avevano la precedenza, i processi davvero entusiasmanti rispetto alla mia quisquilia. E le mie scadenze, tutte perentorie, venivano gestite sulla punta della lama, ed ero io in essa sospeso, io dinanzi l’ ultimo minuto utile. Trasalii davvero per il gran terrore, quasi collassai riflettendo sulla possibilità della galera. ricontattai l’avvocato per avere conferma se fossero davvero perentori quei termini. Quello mi rispose scocciato e dalla cornetta del telefono non arrivarono incoraggiamenti. «Chiederò a mio padre», così conclusi le poche parole con animo dimesso. Quindi telefonai subito a mio padre, e la tortura a dovere spiegare la situazione. Senza indugio mio padre telefonò al reverendo Salvatore, il direttore della comunità giovanile sant'Anna di Graniti. Il reverendo, con spirito amabile, s' impegnò di contattare subito l'avvocato e pure di comparire personalmente dinanzi al giudice. Mi risollevai.
Ripresi in mano la cornetta e digitai un numero verde: «Pronto, Birra Moretti, potreste cortesemente dirmi chi ha vinto il trofeo birra Moretti? Non quello degli anni passati, quello di ieri sera! Si giocava d'estate e non si gioca più... Basta, do un calcio alla birra, meglio il chinotto».
Scaraventai per terra telefono e cornetta, mi gettai, sfiancato, nel letto. Dalla prime ore mattutine fino alla tarda sera avevo fatto solo telefonate, solo un paio di queste per cose serie, le altre adesso conoscete per cosa: così ho passato una giornata! E piansi, ma senza accorgermene, mi sono addormentato.
Mi risveglio ed è un altro giorno.
Franco




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Opera scritta il 15/12/2020 - 19:18
Da Franco Tommaso
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