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Acqua alla gola

Affogato in una pletora di sorrisi,
varcai il confine che delimita il ponderabile dall’imponderabile,
agitando sciarpe e aggrappandomi all’ultimo
lembo di terra rimasto.


Gli alberi, alti calici fluorescenti, brillavano nella notte,
e il mio io sconquassato tintinnava come bicchiere contro bicchiere.
Era la notte e poi fu di nuovo il giorno
mentre l’acqua mi saliva alla gola.


I pochi proseliti rimasti intonavano canti pastorali,
le loro ugole stridevano e i loro passi rimbalzavano sul cemento.
Ascoltai il loro canto come se fossero le ultime note che avrei sentito.
Le campane scivolavano nell’aria come zoccoli di legno.


Vittima di un raggiro o più semplicemente di uno sbaglio
provai a cambiare la testa con la croce,
ma ottenni solo un picchetto di protesta sotto casa,
tutto questo mentre l’acqua mi saliva alla gola.


Ancora euforico e sbadato piansi come un neonato
mi accinsi a dare gli ultimi saluti ai miei compagni
indossando una maschera di pudore e mestizia,
rallegrandomi di aver perduto.


Stanco e spossato dipinsi qualcosa sul selciato,
prodromo di quello che m’aspettavo accadesse,
e zufolai un lieve motivetto che ammorbò l’aria,
mentre l’acqua mi saliva alla gola.




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Poesia scritta il 08/04/2017 - 20:31
Da Giulio Soro
Letta n.991 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


un sogno?
o piuttosto un incubo?
l'ultimo giorno di vita?
o piuttosto di una vita che ti accingi a cambiare?
che tu abbia perso e ne sia felice
è comunque, il risultato di un cambiamento.
complessa, articolata, diversa, intelligente...come tt le tue

laisa azzurra 09/04/2017 - 13:25

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Belle quartine, complimenti

Sildom Minunni 08/04/2017 - 21:41

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