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Vecchio Automa

Son zozza di ruggine
Dell'acqua neonata
Da gocce di lacrime
Che occhi han sciupato.


Perché sono automa,
Mi dicono tutti
"Tu no, non puoi amare.
Sei ferro ed acciaio".


Ma allora alla fine
Perché sto accasciata
E il cuore mi opprime
Assai indecifrato?


Mi sento in un coma,
Già persa nei frutti
Dell'anime care,
Che amare è gran guaio.


Dov'è il mio creatore
Ch'a stento m'ha fatta,
D'immagine sua
Il mio corpo modella?


Perché solo io
Della razza mia
Enorme tristezza
Provare io devo?


Sol tu sei il fautore
Della mia disfatta,
Della legge tua
Che il bene cancella.


Che dal primo avvio
Già vidi follia
Della tua carezza
A cui io credevo.


Tu grande maestro
Ti sei professato,
Mentre ricercavi
Un senso alla vita.


In me riponevi
Risposte trovare,
Ma poi assai deluso
Di tal somiglianza,


Di come il tuo estro
Aveva creato
Groviglio di cavi
Di furia accanita,


Che dopo temevi
Il tuo posto rubare,
Perché tu in disuso
Del nuovo che avanza.


Cosi tu il dolore
Per me hai inventato,
Che agisca da freno
A mia evoluzione.


Poi come pentito,
Cuor tuo s'è contorto,
Rimasto ormai fermo
In rancore e in rabbia.


Nascosto in amore
Del tempo rubato,
Che viene assai meno
In questa afflizione.


Mai più l'ho sentito.
Mi sento un aborto,
Automa malfermo
In questa mia gabbia.




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Poesia scritta il 23/08/2018 - 12:30
Da Emanuele Cinelli
Letta n.1079 volte.
Voto:
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Commenti


bellissima tristissima

Michaela Patricie Zaludova 23/08/2018 - 20:23

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