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IL SANTUARIO.

Ricordo come fosse ora, con l'esatta impressione di uno specchio, che nella mia eterna fanciullezza ho viaggiato.
Rammento, di quei mattini di ghiaccio, dove le piccole ore testimoniavano l'assoluto silenzio, di quelle eterne attese di un popolo, che senza macchia e senza paura, accorreva temerario, al melodioso suono delle fredde campane ; dando inizio cosi, come ogni anno per magia, al martoriato viaggio per la santa sede.
I bagagli, carichi di fede e di passione, si mescolavano volentieri, e in tutta armonia, a delle borse rigonfie di leccornie di ogni sorte; mentre la gente, con gli occhi dalla palpebre pungenti, s'appisolava ammaliata dal sonno, adagiandosi ai vetri appannati, dell'ostentato mezzo; consumando cosi, gli interminabili momenti, che inesorabili accompagnavano tutti i loro pensieri.
Incamminandoci poi per le sinuose vie, tergiversando con il tempo e la ragione, in quei rari momenti di tormentato gioire; tra religiosi canti e salmi popolari, finalmente impetuoso si scorgeva, il sacro luogo eretto a santuario.
La fame, la sete, stanchezza e stomaci in panne, furono comparati da tale meraviglia; splendido e surreale valeva tutti i mali di questo mondo, era il sinonimo di millenarie culture; esponeva in tutta sincerità le sue idilliache forme di levigato marmo antico, create apposta da abili sapienti dalle mani di velluto, affinché mostrassero a noi tutti e all'universo intero, l'eterna esistenza di Dio.



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Racconto scritto il 15/12/2020 - 11:00
Da CIRILLO CARMINE
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