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Da questo incipit scrivi un racconto breve:
"La vidi correre verso di me. Protetta dall'ombra del palazzo accanto. L'avevo immaginata sotto la pioggia, per tutto il giorno. E sorrisi a quel pensiero, come fosse un'idea indecente che non potevo permettermi."


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Sotto la pioggia

"La vidi correre verso di me. Protetta dall'ombra del palazzo accanto. L'avevo immaginata sotto la pioggia, per tutto il giorno. E sorrisi a quel pensiero, come fosse un'idea indecente che non potevo permettermi. Indossava un paio di jeans e una cerata e l’acqua le scorreva addosso come una muta, febbrile nel suo stillicidio continuo.
La mia immaginazione me la faceva vedere nuda, spogliata da tutti gli orpelli che aveva indossato, nuda ed estatica in un momento di libertà. Avrei voluto possederla lì, in mezzo alla pioggia, in un vicolo cieco, tra bancali di legno marcio e scatoloni fradici. L’idea mi parve per un attimo indecorosa, come se le avessi mancato di rispetto, ma poi mi persuase che poteva essere un coito improvviso, desiderato anche da lei.
Intanto la sua figura si distoglieva dalla mia vista, sembrava correre e nascondersi, dietro una macchina ora, dietro una pila di cartoni. La pioggia le scioglieva il trucco sul viso, quasi a farla sembrare una bambola scarmigliata e perversa, con il mascara disciolto in un lampo di tenebra e il rossetto sbavato ora dallo scroscio d’acqua.
La seguii nei suoi movimenti, ora lenti ora frenetici. Cercava riparo ma, come ebbi a capirlo, non solo quello. Stava cercando qualcuno. Forse un uomo che l’avrebbe protetta da quel fortunale, un uomo che le avrebbe fatto sentir e la sua presenza e la sua protezione. Per un attimo pensai che quell’uomo avrei potuto essere io. Ma non avevo abbastanza charme per avvicinare una donna come quella, avrei fatto la figura di un povero derelitto anche lui fradicio di pioggia che tenta un approccio a una donna che non conosce e approfitta della sua debolezza per aprirsi una pista, per farsi strada.
No, quello che lei stava cercando era un uomo deciso, senza debolezze, un uomo che la riparasse dalla pioggia come da tutte le insidie della vita, un uomo scevro da tutti quei condizionamenti che solo l’insicurezza può dare. E quest’uomo non ero io.
La seguii con lo sguardo accelerare il passo, coprirsi alla meno peggio con un cartone sulla testa, e poi attraversare la strada di corsa, trafelata, mentre la pioggia le scorreva addosso.
Per un attimo pensai che avrei potuto accompagnarla in quella corsa, starle accanto anche solo per un attimo, indugiare con lei nei suoi spostamenti, ignara delle mie intenzioni, sorriderle e porgerle la mano per attraversare una buca nel terreno. Invece mi sono limitato a scorgerla da lontano, vederla entrare nel primo caffè e vederla sedersi a un tavolo, in una sala spoglia e con pochi avventori.
Mi sono piazzato davanti al locale, come uno spaventapasseri bagnato, a osservarla. Lei era agitata, lo intuivo dal continuo mettersi le mani nei capelli umidi; si era sbottonata la cerata e se l’era tolta, rimanendo con un maglione a collo alto troppo largo per la sua figura. Poi aveva intercettato un cameriere e gli aveva chiesto di essere servita.
Non riuscivo a muovermi, ero come paralizzato dalla sensazione di impotenza; d’altronde cosa avrei potuto fare? Entrare nel locale e piazzarmi in un posto vicino a lei, magari proprio quello accanto al suo, e sarei rimasto ad ammirarla mentre si ricomponeva i capelli bagnati, mentre si aggiustava il trucco guardandosi in un piccolo specchietto portatile.
Rimasi lì a guardarla, mentre le gocce di pioggia mi penetravano nei vestiti, mi bagnavano il volto.
Aspettai fino a che lei non uscì dal caffè e ripresi a seguirla, a debita distanza, vedendola zigzagare tra le macchine in sosta e correre più forte ora che la pioggia si era fatta più decisa. La vidi entrare nel Giardino Municipale, e cercare un attimo riparo sotto un frondoso albero. Forse avrei potuto avvicinarla ora, non più di soppiatto o furtivamente, ma come un uomo che sa il fatto suo, e non ha timore ad avvicinare una donna sola, indifesa.
Corsi attraverso il viale ed entrai nel Giardino, ma prima che potessi avvicinarmi all’albero sotto cui si era riparata, lei si liberò dalla protezione delle fronde e andò via.



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Scrittura creativa scritta il 29/10/2016 - 11:08
Da Giulio Soro
Letta n.1315 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Sei bravissimo anche nei racconti! Un bel testo, scorrevole e ricco di particolari...5*,

Chiara B. 19/12/2016 - 18:25

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Be'a volte aspettare troppo di agire ha i suoi inconvenienti..
Bravo hai lasciato fino all'ultimo il sapere se sarebbe avvenuto o no l'incontro...Molto carino...bye

M.Adelaide Ruggeri 29/10/2016 - 13:57

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