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= Poesia
= Racconto
= Aforisma
= Scrittura Creativa


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UNA STORIA D'AMORE

Le istruzioni sono:

scrivi un racconto che sviluppi questa storia: “La protagonista di questa storia insegue un amore che varca la soglia dell’impossibile… riuscirà a raggiungerlo?”.


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Fin dove l\\\\\\\'amore arriva

“Babbo, babbo ma cos'è questo rumore? Viene di là dall'altra parte..”
Remino arriva col cuore in gola alle spalle di Mario, che in ginocchio sul campo scava con le mani per cercare le patate che forse son rimaste. “Tirati su babbo vieni, vieni a senti'.”
Mario si alza a fatica, si tira su i calzoni e stringe la corda che li tiene in vita , da tanto tempo non si mangia più per poter stare in piedi. “Non urla' Remino che la mamma s'impaurisce.”
Arrivano nell'aia davanti casa. Il barchino, loro ce l'hanno, così quando in Padule l'acqua si alza si possono spostare per andare a trovare le famiglie vicine, i parenti o per raccogliere la legna.
Prima c'erano anche le passerelle, quelle fatte dagli uomini per le donne, per i bambini che potevano passare sull'acqua alta senza inzuppare i piedi nella mota, che poi bisogna lavarsi con l'acqua ghiaccia.
“Lo senti?” Remino segue lo sguardo di lui, ha imparato a leggere il terrore sul viso del suo babbo, quando i tedeschi entrano in casa dando un calcio alla porta e lì nessuno sa che può succedere.
“Mi sembra la mitraglia...- e una smorfia gli serra la bocca - di là dal canale maestro, è la linea gotica da Fucecchio in qua. Chiama la mamma e le tu' sorelle Remino e andate in casa. Ora vengo anch'io”.
Impietrito, lo guarda. “T'ho detto vai” e con le mani lo spinge verso il pollaio.
Marina, la figlia più grande, è già in cucina. Lei la mitraglia l'ha sentita da tanto. Era di lato alla casa, per fare una cosa di nascosto. Ha i capelli neri e la peluria scura sulle gambe e quando in camera se le accarezza vuole sentire la pelle liscia e non quelle ragnatele che si arrotolano sotto le mani. Allora prende la carta di giornale, l'arrotola come un fuso e gli dà fuoco, e con un gesto svelto la passa sopra i peli... Ma quella mattina del 23 agosto 1944, Marina ha bruciato i peli di una sola gamba. La mitragliatrice risuona al di là del canale. Lei si è avvicinata al fosso che segna il confine del campo di casa sua, si è inginocchiata e con gli occhi e le orecchie è andata al di là...
Oltre gli alberi sparsi, oltre i pioppeti che piegano l'argento delle foglie alla graticola del sole, al di là dei campi di granturco. La vista scorre al di sopra, scavalcando l'ansimo dei nazisti e delle spie fasciste e gli stivali neri che perlustrano in cerca dei partigiani. Corre il cuore e va alla Sigaraia.
L'edificio dove si essicca il tabacco raccolto a Pratogrande, accoglie due famiglie di operai che lì lavorano, per lo più sfollati. Lì c'è Dino. Là c'è il suo amore.
Nella cucina c'è silenzio. Remino fa correre gli occhi da uno sguardo all'altro dei suoi familiari mentre le sorelle sedute ascoltano le grida di Marina e dei genitori nella camera accanto.
Marina esce come una furia. La mamma ha le spalle alla porta che va sull'aia e con le braccia aperte chiude lo spazio alla figlia “Non anda' Marina, di là c'è l'inferno. Te non sai che ti faranno se ti trovano. Quelle son bestie!”
“Fammi anda' mamma ti prego...” S'inginocchia Marina aggrappandosi al grembiule ingrigito della mamma “Devo anda' da lui, gli devo dire che c'è il coprifoco e che non deve uscì di casa. Mi son messa il vestito alla rovescia, prendo la falce e dirò che vado a fare l'erba ai conigli!”
“L'erba ai conigli?!” grida sua madre, mentre Mario si accascia sulla sedia e si tiene la mano sul cuore perché non gli scappi dal petto “Conigli! 'Un c'è più nulla, un coniglio, una gallina, una patata sottoterra 'un ci sa nulla! Ci siamo noi, Marina, noi e ci si deve arriva' vivi alla fine di questa maledetta guerra, vivi, hai capito?!” E la strattona per i capelli mentre Marina con forza apre la porta e il sole cocente solca la cucina come la luce di una spada e si ferma sui piedi di Remino, senza scarpe, con la pelle rotta.
Marina corre, verso il canale. È un agosto infuocato quello lì, acqua non ce n'è, ma in tanti punti c'è poltiglia paludosa e con le gambe forti lei salta. Avvicinandosi alla strada, cammina lungo il ciglio, lì potrà far credere di voler falciare l'erba. Ora che è sola ha paura, si guarda alle spalle e poi di lato verso i campi che si stendono tra le zolle aride e i ciuffi d'erba ancora verdi. Il suo passo si fa svelto verso la Sigaraia. Non deve guardare, non al di sotto del bordo della strada. Due corpi.
Li potrebbe riconoscere, ma prosegue e nei suoi occhi imprime il rosso che ha inzuppato la terra secca intorno a loro. Il campo di granturco è immobile, nemmeno un fremito di foglie mentre lei prosegue e sente piangere le bimbe della Lola, la casa al di là della strada. Un urlio sale, come una scala che s'inerpica al cielo e sulla soglia la mitraglia respinge il grido e nel silenzio rigetta a terra corpi, come sassi piovuti da una nuvola. Marina ha il passo pesante, la Sigaraia, con i suoi mattoni rossi, si vede bene, oltre la polvere della strada.
Li vede. Li tirano fuori dalle case. Sono quindici, forse venti persone, famiglie intere. Li mettono spalle al muro. L'ultimo è Dino. Si devono sposa'. Se lo son detto mentre si sono baciati nel giorno di S. Maria. Nascosti nel granturco, quello di fronte alla casa della Lola. Marina si vergognava dei peli scuri sulle gambe, li appiccicava con le dita leccate, di nascosto. Dino aveva fermato quel gesto. Le aveva scostato i capelli per guardare gli occhi, incavati su un viso smagrito.
Con i pollici aveva seguito il disegno delle sopracciglia e scendendo lungo le linee laterali del naso si era fermato agli angoli della bocca. Nessuno l'aveva mai baciata. Quel bacio, non lo avrebbe raccontato.
La felicità è qualcosa che vola, la devi tenere stretta e Marina ce l'ha ancora in tasca e la tiene forte come un uccellino che vuole scappare. Dino ha la testa bassa, aspetta di capire se sarà il primo o l'ultimo o se colpiranno a caso, con disprezzo anche di quell'ultima paura.
Marina si accoscia mentre gira dietro l'edificio che conosce bene. Entra nella zona dell'essiccatoio e da lì svelta accede alla cucina. Dino è all'esterno, pochi passi da lei.
I soldati continuano a strattonare i bambini che si nascondono dietro le mamme, inginocchiate a chiedere pietà almeno per i loro figli. Marina esce dalla porta, con le spalle striscia contro il muro avvicinandosi a Dino, che la vede. Un soldato grida verso di lei, qualcuno in tedesco ordina la morte. Marina fa due passi verso Dino, le mancano le forze e cade. Lui la tiene tra le braccia, si volta verso il muro, curva la schiena e le fa scudo. Lei crolla ai suoi piedi. La mitraglia rimbomba nel calore del tramonto, mentre i colpi bucano la schiena di Dino. Cade su di lei, un peso leggero, senza un tonfo.
Marina è immobile, non respira perché il corpo di Dino non si muova. Accanto a lei vede una bambina rimasta schiacciata dal corpo della madre, che ancora sussulta negli ultimi respiri, poco prima di sgonfiarsi. Silenzio. I soldati camminano lungo i corpi distesi, in posizioni innaturali, per la vita. Dove ne trovano traccia, sparano. Marina si libera un braccio dalla spalla di Dino, allunga la mano verso la piccina e la tiene a terra, le intima il silenzio arricciando le labbra.
Una poiana volteggia in alto al di sopra del fumo che si confonde con l'afa e una nebbia che sa di bruciato va, dove i canneti lasciano lo spazio alle acque aperte e gli aironi timidi piegano il capo sulle lunghe zampe. Marina non può piangere, non può gridare. Si libera del corpo amato e ne bacia silenziosa il volto, le mani, passando le carezze sugli sfregi. Si toglie il vestito, indossato alla rovescia e copre il suo amore, perché la felicità non possa volare via come dalla sua tasca.
Fa scivolare la bambina dal corpo della mamma, le sfiora le gote, se l'accosta al seno, la stringe come la vita rientrando alla Sigaraia.
Chiude la porta, le foglie di tabacco essiccate diffondono l'odore. Marina e la bambina si abbracciano in un tremito che le scuote, si afflosciano in un angolo, aspettando la notte, che la follia finisca, perché prima o poi quella guerra finirà.
Al contrario l'amore continuerà il suo cammino, finché ci sarà fiato.
********************************************************************************
Liberamente ispirato all'eccidio del Padule di Fucecchio
Centosettantaquattro persone uccise, indistintamente bambini, donne, uomini.
Uccisi a caso sul bordo della strada, nei campi, nelle loro case. Per ventiquattro ore i familiari non poterono raccogliere i corpi dei loro cari, pena la morte. Faceva molto caldo.
È uno di quei massacri la cui documentazione è stata tenuta nascosta nel cosiddetto Armadio della Vergogna a Roma, l'armadio con l'apertura rivolta verso il muro.
Portati alla luce tali documenti, sono iniziati i processi e la strage del Padule, come altri, è stata giudicata un atto terroristico di guerra perpetrato dai soldati tedeschi che si ritiravano dall'Appennino Tosco- Emiliano lungo la linea gotica, seminando morte e distruzione.
Da alcuni anni conosco due coniugi, che vivono ancora in una delle case protagoniste di tale eccidio. Una volta al mese vado a trovarli, brava gente, mi fermo con loro a chiacchierare di molte cose, ma solo poche settimane fa mi hanno parlato di questo eccidio, che conoscevo certo, ma non sapevo che loro lo avessero vissuto in prima persona. Erano bambini, ricordano tutto, soprattutto la paura. Alla fine dei loro racconti lui mi ha detto “Sai, che noi qui, una vita normale non l'abbiamo più avuta...”
Torno da loro, anche più spesso di prima, ma dell'eccidio so che non ne parleremo più.



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Scrittura creativa scritta il 07/10/2019 - 12:14
Da Grazia Giuliani
Letta n.940 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Ciao, racconto molto bello, letto con piacere, scritto benissimo. Complimenti.

Marirosa Tomaselli 29/10/2019 - 09:26

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GRAZIE a tutti, a Mirella, Paola, Mirko, Margherita, Laisa, Anna Maria, Alpan, Antonio e Gianni

Grazia Giuliani 10/10/2019 - 20:01

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Emozionante, meraviglioso, realistico e di grande intensità. Complimenti Grazia. Buona serata

Gianny Mirra 10/10/2019 - 16:23

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...prendendoci per mano...

Antonio Girardi 08/10/2019 - 12:53

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Solo ora ho avuto il tempo di leggere il tuo racconto perché mi ero promesso di leggerlo con calma essendo l'argomento di mio interesse per una morbosa passione che ho per la storia soprattutto per le guerre mondiali.Posso solo dire che il racconto mi ha preso per quel modo che hai di scrivere cosi reale cosi colmo di immagini che trasportano il lettore in prima persona a vivere gli eventi rendendolo protagonista per quella capacità che hai di esporli insita nella tua sensibilità di scrittrice che ormai più non sorprende perché cosi ci hai abituati prendendo i per mano.

Antonio Girardi 08/10/2019 - 12:52

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Struggente e intensa storia d'amore che commuove.

Alpan Alpan 08/10/2019 - 00:40

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Concordo con i giudizi precedenti sulla qualità eccellente della tua scrittura!
La vicenda romanzata dell’eccidio è resa nella sua grande drammaticita’!

Anna Maria Foglia 07/10/2019 - 21:32

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Non è solo un testo eccellente, un testo storico con una storia verosimile, ma c'è anche l'arte del "saper scrivere" creando suspense... quel tanto da desiderare un "rapido epilogo"
che nn finisca mai
Bello, Grazia, molto bello

laisa azzurra 07/10/2019 - 21:23

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Il rispetto è nel silenzio che urla dolore e sgomento... dietro questa storia da te magistralmente raccontata, con emozione e tanta commozione ho letto.
Sei bravissima Grazia ogni volta mi sorprendi sempre di più!

Margherita Pisano 07/10/2019 - 20:24

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Non commenterò questa storia, perché non posso dire niente... non so forse dire niente. La chiamo solo storia... non scrittura, non racconto. Ti posso dire invece, ma già lo sai da precedenti commenti, che ammiro il tuo scrivere. Leggerti non è diverso dal leggere scrittrici affermate.

Mirko (MastroPoeta) 07/10/2019 - 17:03

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Non ho molte parole per commentare questo bellissimo racconto...
La tua scrittura, piena di descrizioni particolareggiate di luoghi e persone, intrisa di quel lirismo accattivante che ti contraddistingue, e la storia, che commuove perché ispirata a fatti purtroppo reali, parlano da sé.
Mi è piaciuta molto, davvero brava, cara Grazia

PAOLA SALZANO 07/10/2019 - 13:54

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GRAZIA...Una struggente storia d'amore. La guerra per chi l'ha vissuta ha lasciato cicatrici che non spariscono più. Che sia da monito per le generazioni future. Un bel racconto. Ciao buona giornata.

mirella narducci 07/10/2019 - 13:26

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