Era un venerdì,
era un venerdì santo,
era l’ora della morte di Gesù
era un 17 aprile
di tanti anni fa
Quando tu te ne andasti
Ero in ginocchio vicino a te,
mano nella mano,
vicinissimi,
mi sussurrasti:
“non ti lascerò mai”.
Poi un ultimo respiro
e la tua anima
se ne andò
Lacrime silenziose
scendevano copiose
lungo le mie guance,
mentre dalla mia bocca
uscivano sussurrate
le mie preghiere,
come compagne
in quel tuo lungo viaggio
Eravamo tutti lì
intorno a te,
ognuno di noi
con il proprio dolore,
in silenzio,
nel timore
di disturbare gli altri
e di essere disturbati.
Poi, ad uno ad uno,
con passi felpati,
uscirono tutti dalla camera.
Io rimasi lì, in preghiera,
non so per quanto
il tempo in certi momenti
si dilata
perde la sua scansione,
si annulla
diventa eterno,
momenti eterni
incisi nella mia mente.
Un tocco sulla spalla
mi richiamò alla realtà,
come un automa
mi alzai da terra,
con fatica uscii dalla stanza
non volevo lasciarti solo.
Di là tutti piangevano
Ognuno con il proprio dolore
Unico per ciascuno di loro,
il dolore della mamma,
il dolore delle figlie,
il dolore della suocera,
il dolore delle cognate.
il mio dolore
che voleva urlare
la mia disperazione.
Poi come attori di una tragedia,
su un copione già scritto,
con una maschera in volto,
si ritorna a continuare a vivere,
si corre,
ci si affanna,
per le mille cose da fare,
ma il pensiero è sempre là,
mano nella mano,
con in testa
a caratteri cubitali
una sola frase:
“non ti lascerò mai”.
era un venerdì santo,
era l’ora della morte di Gesù
era un 17 aprile
di tanti anni fa
Quando tu te ne andasti
Ero in ginocchio vicino a te,
mano nella mano,
vicinissimi,
mi sussurrasti:
“non ti lascerò mai”.
Poi un ultimo respiro
e la tua anima
se ne andò
Lacrime silenziose
scendevano copiose
lungo le mie guance,
mentre dalla mia bocca
uscivano sussurrate
le mie preghiere,
come compagne
in quel tuo lungo viaggio
Eravamo tutti lì
intorno a te,
ognuno di noi
con il proprio dolore,
in silenzio,
nel timore
di disturbare gli altri
e di essere disturbati.
Poi, ad uno ad uno,
con passi felpati,
uscirono tutti dalla camera.
Io rimasi lì, in preghiera,
non so per quanto
il tempo in certi momenti
si dilata
perde la sua scansione,
si annulla
diventa eterno,
momenti eterni
incisi nella mia mente.
Un tocco sulla spalla
mi richiamò alla realtà,
come un automa
mi alzai da terra,
con fatica uscii dalla stanza
non volevo lasciarti solo.
Di là tutti piangevano
Ognuno con il proprio dolore
Unico per ciascuno di loro,
il dolore della mamma,
il dolore delle figlie,
il dolore della suocera,
il dolore delle cognate.
il mio dolore
che voleva urlare
la mia disperazione.
Poi come attori di una tragedia,
su un copione già scritto,
con una maschera in volto,
si ritorna a continuare a vivere,
si corre,
ci si affanna,
per le mille cose da fare,
ma il pensiero è sempre là,
mano nella mano,
con in testa
a caratteri cubitali
una sola frase:
“non ti lascerò mai”.

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Commenti
Il dolore del distacco da chi si ama è straziante,ma la vita imperterrita continua il suo percorso e si indossano maschere per nascondere il dolore che diviene tutto nostro da custodire gelosamente,solo chi ha provato sa cosa sia,un abbraccio,










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Quanti ne ho vissuti di questi momenti, cara Roberta! Vicina-vicina mi sono sentita a tutte le tue parole. Ma vicinissime io mi sento sempre anche tutte le persone care che mi hanno lasciata materialmente: credo profondamente in una continuazione tutta nuova delle nostre VITE!
Un abbraccio Vera
Un abbraccio Vera


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Molto triste, come è triste la vita quando perdi per sempre chi ami! Brava. Ciao 



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