tutta rannicchiata su te stessa.
La tua testa era minuta e sporca.
Ti ho portato con me.
Non so perché eri conciata così,
forse ti proteggevi dalle belve.
Ma qualcuno aveva fatto scempio di te.
E non è ancora ora, non è ancora ora.
Abbiamo giaciuto insieme quella sera,
il tuo corpo rispondeva al mio richiamo,
e intorno a noi si spandevano gli ululati
e i latrati dei cani.
A livello zero corrisponde una tacca dello strumento,
imbottito di cellophane,
al sicuro dalle radiazioni,
pronto per una nuova misurazione.
L’ho testato su di te, ma non ha funzionato.
Allora sono uscito fuori nell’aria pomeridiana,
e lì ho trovato quello che cercavo.
C’era un brandello del tuo vestito.
Sono tornato dentro e ti ho abbracciato,
con quanta forza avevo in corpo.
E non è ancora ora,
e non è ancora ora.
Ora il sole scende come una falce affilata,
e ottenebra tutto quel che c’è di vivo.
Copre le tue miserie e le mie manchevolezze.
E non è ancora ora.
Poesia scritta il 11/10/2017 - 12:32Voto: | su 6 votanti |
Francesco Curro
11/10/2017 - 22:17 un abbraccio come desiderio di conforto.

Grazia Giuliani
11/10/2017 - 21:05 ma Giulio, il tuo abbraccio consola
non è ancora ora, ma lo sarà

laisa azzurra
11/10/2017 - 20:24 Fa pensare e riflettere.

Teresa Peluso
11/10/2017 - 20:04 Immagini avvincenti e coinvolgenti...

Alessia Torres
11/10/2017 - 20:02

mirella narducci
11/10/2017 - 19:22

margherita pisano
11/10/2017 - 15:53

Francesco Scolaro
11/10/2017 - 14:25



